Karin, svedese paralizzata a Londra, non può tornare a casa a causa della burocrazia

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Karin è svedese, ha 52 anni, ed è paralizzata in ospedale a Londra da più di un anno. Vuole essere rimpatriata ma non risulta residente in Svezia: il marito ha anche provato a scrivere ai parlamentari del Riksdag – ma non ha ancora ricevuto risposta.

Karin è paralizzata a Londra e non può tornare a casa a causa della burocrazia

Karin è svedese, ha 52 anni, ed è paralizzata in ospedale a Londra da più di un anno. Vuole essere rimpatriata ma non risulta residente in Svezia: il marito ha anche provato a scrivere ai parlamentari del Riksdag (il parlamento nazionale del Regno di Svezia) – ma non ha ancora ricevuto risposta.

Karin è rimasta paralizzata dopo un incidente in bicicletta, ed è bloccata in un ospedale di Londra da più di un anno dopo che gli sforzi per rimpatriarla nel suo paese d’origine sono falliti – sopratutto a causa della burocrazia di Stoccolma.

Le sue ferite sono così gravi che ha trascorso l’ultimo anno spostandosi da un’unità di terapia intensiva all’altra, richiedendo una serie di interventi chirurgici e procedure salvavita. Al momento si trova in un ospedale di Londra, ma suo marito Tom vorrebbe portarla a casa in Svezia, dove lui, Karin e il loro unico figlio di dodici anni potrebbero essere vicini alla madre e ai tre fratelli di lei.

Ma poiché ha vissuto fuori dalla Svezia per così tanto tempo (più di venticinque anni: si era trasferita a Londra a 27 anni), è fuori dal registro ufficiale della popolazione svedese e non può essere considerata idonea per le cure nel suo servizio sanitario nazionale.

A Tom è stato comunicato che può presentare documenti per farla reinserire come residente in Svezia per suo conto, ma solo quando sua moglie, che non può camminare o parlare, sarà fisicamente nel paese.

La parlamentare laburista Helen Hayes, che li sostiene da gennaio, ha descritto il caso come scioccante.

«L’incidente di Karin è stata una terribile tragedia per lei e la sua famiglia. Quest’impasse sta aggravando ulteriormente la loro sofferenza», ha dichiarato Hayes, aggiungendo che il caso richiederebbe «compassione da entrambe le parti» per trovare una rapida, quanto mai necessaria, soluzione.

Tom ha anche provato a rivolgersi ai parlamentari del Riksdag in Svezia, ma non ha ricevuto risposta. Ha quindi scritto alla Commissione europea e all’ufficio delle Nazioni Unite dell’Alto commissariato per i diritti umani (guidato da Volker Türk) sostenendo che sua moglie è stata discriminata in quanto persona disabile.

Ma purtroppo, anche loro non sono stati in grado di uscire dall’impasse.

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