”Tornando a casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa” una frase questa passata alla storia, e pronunciata durante il «discorso della Luna» da Papa Giovanni XXIII° in occasione per l’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, l’11 ottobre del 1962.
Che la Missa Papae Ioannis, scritta per soprano, pianoforte, quattro violoncelli e voce recitante, organizzata dal MIE (Movimento Italiano in Europa), e concepita per celebrare il decennale della canonizzazione di Papa Giovanni XXIII arrivi al pubblico come una sua carezza, lo scopriremo presto. La prima mondiale si terrà infatti a Londra il 28 settembre 2024, annunciandosi come un evento celebrativo di grande rilevanza, dove musica e spiritualità si incontrano in un omaggio al “Papa buono”.
E proprio in occasione della prima della Missa Papae Ioannis (che si terra’ alla St. Peter’s Italian Catholic Church), abbiamo avuto l’onore di intercettare il Maestro Massimiliano Pace per un’intervista esclusiva, dove ci ha raccontato il suo percorso artistico, la sua collaborazione con il soprano Luciana Di Bella, e le sue visioni per il futuro della musica.
Ciao Massimiliano, grazie per il tuo intervento. In molti eventi di networking cinematografico ho incontrato compositori musicali che si lamentavano della mancanza di lavoro. Secondo te, è davvero possibile vivere esclusivamente di musica oggi? Quali sono le strategie che hai adottato per distinguerti e trovare opportunità in un settore così competitivo e saturo?
Sinceramente non credo ci sia una mancanza di lavoro, anzi rispetto al passato la richiesta, soprattutto nel campo dell’audio visuale è aumentata di molto se solo pensiamo alla quantità enorme di produzioni di serie tv.
È vero invece che grazie alle facilitazioni tecnologiche il numero di compositori è aumentato a dismisura creando una inflazione di offerta nel mercato e una caduta a picco dei guadagni. Credo comunque che sia assolutamente possibile vivere esclusivamente di musica. Personalmente vivo di questo e non ho mai adottato strategie per farlo.
Provenendo da una famiglia di artisti, hai mai sentito la pressione o ansia da prestazione? Quali insegnamenti hai ricevuto dalla sua famiglia che hanno contribuito alla tua crescita come artista e come persona?
Non ho mai sofferto di ansia da prestazione in relazione al peso della famiglia. Essendo l’unico della famiglia ad agire nel campo musicale non ho avuto paragoni con cui confrontarmi.
L’unica ansia da prestazione è verso il pubblico il quale merita sempre il massimo della perfezione e dell’emozione. La mia famiglia, nonostante sia legata a filo doppio con il mondo dello spettacolo, non ha mai contribuito in maniera costruttiva alla mia crescita professionale. Ho potuto contare esclusivamente sulle mie capacità e sulla qualità del mio lavoro
Guardando indietro alla tua carriera, c’è stato un momento specifico in cui hai capito che la musica sarebbe stata la tua vita? Qual è stato il momento di svolta?
Ho avuto la certezza che la musica sarebbe stata la mia vita molto presto, direi ad undici anni, quando sono salito sul palco del sala concerti del Conservatorio di Santa Cecilia per eseguire l’opera 49 n°2 di Beethoven davanti ad una sala gremita. All’esplodere dell’applauso dopo l’ultima nota ho avuto la rivelazione. Il momento della svolta come compositore è stato il primo spettacolo fatto con Turi Ferro e con la regia di suo figlio Guglielmo. Si trattava di “Servo di scena” di Harwood. Fu un successo strepitoso con due anni di fortunatissima tournée.
Come è nata la collaborazione con la soprano Luciana Di Bella?
Con Luciana ci conosciamo da oltre dieci anni e per tutti questi anni ci siamo sempre ripromessi di collaborare. Poi esattamente due anni fa l’ho invitata a registrare i brani del mio disco “21 DAYS” (disco ancora in lavorazione), ovviamente conoscevo bene le qualità della sua voce, visto che negli anni precedenti ci siamo sempre, reciprocamente, tenuti a conoscenza dei nostri lavori, ma quando siamo andati a fondo nel lavoro la capacità emozionale e dell’espressività (oltre ovviamente alla grande tecnica) di Luciana mi hanno travolto. Da li hanno preso il via tutta una serie di progetti che ci hanno portato fino qui.
Puoi dirci di più sulla concezione e sviluppo del progetto ”Lullaby” Quali sono le sfide che avete affrontato nella creazione di un lavoro così innovativo?
“Lullaby” nasce da una geniale intuizione di Luciana Di Bella, quella di fare un album che trattasse il concetto di “ninna nanna” ma non come una ricerca folcloristica e neppure come prodotto destinato ai bambini, ma bensì un lavoro rivolto ad un pubblico adulto, ad un momento di tenerezza verso se stessi e al bambino interiore di ognuno di noi. Lo sviluppo è stato sorprendente, giorno dopo giorno sembrava che il progetto in modo autonomo proponesse idee nuove. L’album contiene rielaborazioni di brani provenienti da stili diversi e a volte opposti. Brani che appartengono alla musica classica, altri al pop, al rock, affiancati a brani originali composti da noi.
È un album assolutamente crossover dove la voce di Luciana spazia dall’impostazione lirica alle timbriche proprie del pop, mantenendo integra la sua personalità prorompente.
Parlando della Missa Papae Ioannis, quali sono stati i principali obiettivi artistici e tematici che avete voluto raggiungere con questa composizione?
La Missa è innanzitutto una grande sfida artistica e compositiva. Un andare in controtendenza affrontando oggi una forma che ha dominato secoli della storia della musica colta occidentale e caduta in una sorta di limbo per molto tempo. L’intento, da subito, è stato quello di comporre qualcosa che pur mantenendo caratteristiche in qualche modo assimilabili a tutto ciò che fa parte dell’inconscio collettivo dell’ascoltatore, esprimesse un linguaggio contemporaneo e al tempo stesso fruibile. Una composizione che vuole esprimere l’aspetto più intimo del sacro e della spiritualità ricercando attraverso una respiro emozionale. In qualche modo una Missa Mater, non una messa che pretende di esaltare la potenza divina esterna e sovrastante l’essere umano, ma un’opera che metta in contatto l’uomo con la propria anima, con il divino che vive in lui.
Per questo motivo ho scelto di affidare la parte solistica ad un soprano e nella fattispecie a Luciana Di Bella, una artista in grado di comprendere appieno non solo la parte artistica e musicale della composizione ma, in primis, la sua componente profonda e spirituale.
Come vedi l’evoluzione della musica contemporanea?
Credo che parlare oggi di musica contemporanea secondo l’accezione che aveva fino a qualche decennio fa non abbia più senso. Si rischia di dare ancora un valore assoluto, un primato, ad un linguaggio musicale che da più di cinquanta anni si ritorce su se stesso senza essere mai stato metabolizzato dal pubblico. Di certo in questo momento storico siamo spettatori di un caos generale nel mondo dell’arte dove lo spazio maggiore è occupato dall’assenza di qualità e contenuti. È un momento in cui bisognerebbe avere il coraggio di recuperare la purezza del linguaggio artistico in grado di portare concetti e pensieri importanti attraverso un linguaggio che possa essere compreso ed accettato. Al tempo stesso sarebbe necessario cominciare a buttare i mercanti fuori dal tempio.
Progetti per il futuro?
Alcuni progetti sono strettamente legati a quanto già trattato, la pubblicazione di “Lullaby” e la relativa tournée, la registrazione e la pubblicazione della Missa Papae Ioannis e poi un Moby Dick con Moni Ovadia per la regia di Guglielmo Ferro e la circuitazione di un’altro progetto, a cui stiamo lavorando con Luciana, dal titolo “Duende” sulla poetica di Federico Garcia Lorca.