venerdì 20 Settembre 2024
Google search engine
Home Blog Page 11

Sergio Strizzi: The perfect moment è alla Estorick Collection of Italian Modern Art

Ha preso il via ieri 15 maggio alla Estorick Collection of Italian Modern Art di Londra “Sergio Strizzi: The Perfect Moment”, una mostra di 80 scatti che testimoniano il lavoro del grande fotografo nel cinema italiano.

Sergio Strizzi, The perfect moment è alla Estorick Collection of Italian Modern Art

Ha preso il via il 15 maggio e prosegue fino all’8 settembre “Sergio Strizzi: The perfect moment”, la mostra fotografica ospitata dalla Estorick Collection of Italian Modern Art di Islington a Londra che presenta 80 scatti realizzati dal grande fotografo e dedicati al mondo del cinema italiano.

La mostra presenta per la prima volta nel Regno Unito una panoramica pressoché completa del lavoro di Sergio Strizzi (1931-2004) che ha lavorato come fotografo di scena su alcuni dei più importanti set cinematografici sia in Italia che all’estero dagli anni ’50 ai primi anni 2000. Il suo lavoro include fotografie iconiche di Monica Vitti, Marcello Mastroianni e Sophia Loren.

L’esposizione che ha preso il via mercoledì scorso è il risultato di un progetto ambizioso nato circa un anno fa, frutto della collaborazione tra la Fondazione Sergio Strizzi e la Direttrice della Estorick Collection of Modern Italian Art, Roberta Cremoncini.

Pensato per il pubblico inglese, il progetto ha avuto una prima fase di selezione di 120 foto, fino alla scelta delle 80 in mostra, principalmente in bianco e nero, che raccontano la carriera del famoso fotografo cinematografico.

Melissa e Vanessa Strizzi, curatrici di "Sergio Strizzi: The perfect moment", la mostra fotografica della Estorick Collection of Italian Modern Art di Islington a Londra il 15 maggio 2024 (ph. credit R. Leotti / In24).
Melissa e Vanessa Strizzi, curatrici di “Sergio Strizzi: The perfect moment”, la mostra fotografica della Estorick Collection of Italian Modern Art di Islington a Londra il 15 maggio 2024 (ph. credit R. Leotti / In24).

Come ci confermano Vanessa e Melissa Strizzi, le figlie del grande fotografo che abbiamo incontrato alla serata per la stampa, la scelta delle foto dei set cinematografici e dei ritratti non è stata così “indolore”:

“Avrei voluto anche la barriera…”, confida Melissa.

Ci spiegano che la foto in questione fa parte del set del film Fuga per la vittoria (Escape to Victory), presente in mostra in diversi scatti, ma senza la foto dei giocatori allineati sul campo, quella che loro chiamano affettuosamente “la barriera”.

Risulta altrettanto difficile trovare la loro foto preferita tra quelle in mostra: tra le più amate da Melissa, quella con Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau, presente nel set “La Notte” e nella stessa locandina della mostra, perchè in questo scatto il padre è riuscito a cogliere qualcosa di  iverso: “Nella foto l’attrice sorride, mentre nel ruolo che interpreta nel film di Michelangelo Antonioni è sempre triste”.

Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau nella foto realizzata da Strizzi sul set del film La Notte di Michelangelo Antonioni e presente alla mostra "Sergio Strizzi: The perfect moment", aperta presso la Estorick Collection of Italian Modern Art dal 15 maggio all'8 settembre 2024 (ph. credit S. Strizzi).
Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau nella foto realizzata da Strizzi sul set del film La Notte di Michelangelo Antonioni e presente alla mostra “Sergio Strizzi: The perfect moment”, aperta presso la Estorick Collection of Italian Modern Art dal 15 maggio all’8 settembre 2024 (ph. credit S. Strizzi).

Per Vanessa la preferenza cade sul set del “Giudizio Universale” (The Last Judgement), con due foto in bianco e nero: un ritratto di Silvana Mangano che sembra avvolta dalla luce e quella corale del ballo di sala.

Silvana Mangano nella foto realizzata da Strizzi sul set del film Il Giudizio Universale e presente alla mostra "Sergio Strizzi: The perfect moment", aperta presso la Estorick Collection of Italian Modern Art dal 15 maggio all'8 settembre 2024 (ph. credit S. Strizzi).
Silvana Mangano nella foto realizzata da Strizzi sul set del film Il Giudizio Universale e presente alla mostra “Sergio Strizzi: The perfect moment”, aperta presso la Estorick Collection of Italian Modern Art dal 15 maggio all’8 settembre 2024 (ph. credit S. Strizzi).

Per la direttrice della Estorick Roberta Comencini sono i ritratti del servizio fotografico realizzato alla Torre Galfa di Milano che hanno come protagonista un’altra icona del cinema italiano: Monica Vitti.

Monica Vitti nel servizio fotografico realizzato da Strizzi alla Torre Galda di Milano e presente alla mostra "Sergio Strizzi: The perfect moment", aperta presso la Estorick Collection of Italian Modern Art dal 15 maggio all'8 settembre 2024 (ph. credit S. Strizzi).
Monica Vitti nel servizio fotografico realizzato da Strizzi alla Torre Galda di Milano e presente alla mostra “Sergio Strizzi: The perfect moment”, aperta presso la Estorick Collection of Italian Modern Art dal 15 maggio all’8 settembre 2024 (ph. credit S. Strizzi).

Ma è lo stesso Strizzi che l’occhio attento riesce a scorgere nello sfondo di una foto di scena con l’attrice de “La Ragazza con la Pistola” (cercate in galleria 1) e così pure negli scatti di altri attori di cui divenne amico e che ci vengono indicati dalle sorelle Strizzi.

“Ce ne sono diversi, sicuramente Stanley Baker…quando morì fu una delle poche volte che vedemmo papà piangere”.

L’amicizia con il leggendario attore non è l’unico legame che il fotografo strinse fuori dal set con attori inglesi e non.

Oltre a Baker, prematuramente scomparso a 48 anni, ci raccontano dell’amicizia con Sir Michael Cane (in esposizione nelle foto di Escape to Victory) e con l’attore americano Ben Gazzara, immortalato da Strizzi con Audrey Hepburn sul set del film Bloodline.

Sir Michael Caine nello scatto realizzato da Strizzi sul set del film Fuga per la vittoria e presente alla mostra "Sergio Strizzi: The perfect moment", aperta presso la Estorick Collection of Italian Modern Art dal 15 maggio all'8 settembre 2024 (ph. credit S. Strizzi).
Sir Michael Caine nello scatto realizzato da Strizzi sul set del film Fuga per la vittoria e presente alla mostra “Sergio Strizzi: The perfect moment”, aperta presso la Estorick Collection of Italian Modern Art dal 15 maggio all’8 settembre 2024 (ph. credit S. Strizzi).

Tra gli italiani, il regista Francesco Rosi e Marcello Mastroianni, che erano di casa quando Vanessa e Melissa erano piccole.

Nella bella video intervista di Luigi Abramo che vi suggeriamo di vedere all’entrata in galleria, Sergio Strizzi dice di Mastroianni:

“Non amava farsi fotografare e non riusciva a distinguere tra una buona ed una cattiva foto, ma sempre disponibile sul set.. sempre collaborativo”.

Quello che per il visitatore è un viaggio nel mondo fantastico del cinema dei tempi d’oro, per Vanessa e Melissa bambine era la normalità.

Entrambi i genitori lavoravano in quel settore, quindi giocare con i props del film Lo Squalo o vestirsi con costumi di scena delle Avventure del Barone Munchausen (in esposizione ci sono foto del set con Robin Williams) era il nostro equivalente di giocare con le bambole.

Un po’ meno facile spiegare il lavoro del padre agli amichetti e compagni di scuola, ci spiegano, perchè a quei tempi il fotografo cinematografico era una professione praticamente nuova.

Niente a che vedere con la figura del paparazzo, sebbene alcune testate giornalistiche l’abbiano erroneamente associata al fotografo romano.

A testimonianza, ci raccontano di un episodio in cui una famosa attrice italiana chiese di non rendere pubbliche alcune foto in cui compariva il figlio malato:

“Nostro padre, senza batter ciglio tolse la pellicola dalla macchina fotografica e consegnò il rullino”.

Nel ricordo affettuoso del padre scomparso nel 2004, Melissa si batte leggermente l’indice sulle labbra come faceva lui quando spiegava alle figlie il proprio talento:

“Ci diceva che aveva il dito magico”…

A noi che possiamo ammirare ancora oggi gli scatti di Strizzi non possiamo che riconoscerne la bravura, fatta di paziente attese per poter cogliere il gesto o un segno nel set che cominciava il dialogo con la macchina fotografica.

Chi desidera portarsi a casa un po’ della magia di questi scatti può prendere nello shop della Estorick il catalogo della mostra, a cui presto si aggiungerà “Una giornata con Monica Vitti” di Postcart Edizioni.

Alla Estorick Collection è inoltre in programma una serie di eventi collegati alla mostra, dalle Late Opening Nights del giovedì, ai talks o ancora alle interessanti attività per famiglie. Per orari e prezzi potete consultare la sezione dedicata del sito (Events – Estorick Collection).

Noi, invece, ringraziamo la direttrice Comencini e tutto lo staff della Estorick per l’opportunità, e Melissa e Vanessa Strizzi per la generosità.

 

European Writers’ Festival, il 18 e 19 maggio alla British Library

Si tiene il 18 e 19 maggio 2024 alla British Library di Londra l’evento European Writers’ Festival intitolato Transformation. L’italia è presente Igiaba Scego.

Women of Worth, sabato 8 giugno il workshop Unravelling Strings – Flow with your magic

0

Sabato 8 giugno a Londra WOW Women of Worth propone Unravelling Strings – Flow with your magic, Workshop dinamico con astrologia e scrittura consapevole per un viaggio trasformativo alla scoperta di sé e dei propri obiettivi. E fino al 19 Maggio un early birds discount del 5%

Centenario di Matteotti: memoria, impegno ed eventi a Londra

0

Il 10 giugno 1924, Giacomo Matteotti, giovane parlamentare socialista, fu crudelmente assassinato dai squadristi fascisti. Ricordato come uno dei più audaci detrattori del regime, Giacomo Matteotti ebbe il coraggio di denunciare le frodi elettorali e la corruzione nel governo di Benito Mussolini.

In occasione del centenario della sua scomparsa, il Comitato Matteotti Londra 2024, composto dall’ANPI London, INCA Regno Unito, PD Londra e Manifesto di Londra, ha organizzato degli eventi volti a commemorare la memoria di Matteotti, il suo impegno nella battaglia per la democrazia e il suo lascito politico e etico.

Enduring Tempest - Giacomo Matteotti - Londra, 2024
Enduring Tempest – Giacomo Matteotti – Londra, 2024

La mostra Enduring Tempest si focalizza sull’itinerario segreto di Matteotti a Londra dal 22 al 26 Aprile 1924

La mostra Enduring Tempest, inaugurata lo scorso 15 aprile ed ospitata presso la Charing Cross Library, e aperta al pubblico fino al 13 giugno, è un’imperdibile occasione per scoprire le tracce di Matteotti nel Regno Unito.

La mostra infatti, curata da Alfio Bernabei, si focalizza sull’itinerario segreto di Matteotti a Londra dal 22 al 26 Aprile 1924 e sul suo sforzo nel creare una rete antifascista all’estero con il sostegno dei laburisti e dei sindacati britannici.

Enduring Tempest trae ispirazione dalle indagini condotte da Bernabei per il documentario Dangerous Characters di Channel 4 e per il suo romanzo L’estate prima di domani, integrando episodi praticamente inediti – come il tentativo orchestrato da donne britanniche sotto la guida di Sylvia Pankhurst per liberare Velia Titta, moglie di Giacomo Matteotti.

Il delitto Matteotti, di Florestano Vancini
Il delitto Matteotti, di Florestano Vancini (copyright casadelcinema.it)

Il 7 giugno si terrà la proiezione del film Il delitto Matteotti  presso l’University College London (UCL)

Inoltre, il 7 giugno si terrà la proiezione del film Il delitto Matteotti di Florestano Vancini presso l’University College London (UCL). L’evento coinciderà con la data del centenario in cui presumibilmente arrivò a Londra l’ultimo scritto in vita di Matteotti, pubblicato postumo dalla rivista English Life. Subito dopo la proiezione, è prevista una sessione di domande e risposte con un panel di esperti, dedicata ad approfondire il film e gli aspetti meno noti legati al delitto Matteotti.

 

 

 

 

 

 

 

 

Musica sacra: la messa del Maestro Scarlato nella Cattedrale di Orvieto

Domenica 19 Maggio per la Chiesa Cattolica sarà una domenica importante, perché si festeggia la Pentecoste. E sarà una giornata destinata a collegare l’Italia con Londra, ancora una volta, attraverso la musica sacra.

Come avevamo già scritto a inizio anno, il Maestro, Compositore, Direttore d’Orchestra Dimitri Scarlato, londinese d’adozione, responsabile del Masters in Composition for Screen al Royal College of Music, già noto per le sue collaborazioni importanti, la sua musica e le colonne sonore di spessore, proprio in occasione della domenica di Pentecoste ha composto una Messa che verrà eseguita nella Cattedrale di Orvieto. Si tratta di una Messa composta da parti musicali originali e scritti per l’occasione, impostata come una classica Messa parrocchiale, in modo da poter essere eseguita regolarmente e cantata anche da coristi non professionisti.

Dimitri Scarlato, musica Sacra nella Cattedrale di Orvieto
Dimitri Scarlato (copyright Dimitri Sacrlato)

Il Maestro Dimitri Scarlato ha composto una Messa che verrà eseguita nella Cattedrale di Orvieto

Come peraltro era stato lo stesso Dimitri a raccontarci lo scorso Gennaio: “Poco prima di Natale ho ricevuto l’incarico di scrivere questa Messa, una Messa parrocchiale, non un concerto, ma una Messa che sia accessibile anche a un coro amatoriale come quello che canta nella Cattedrale e che possa poi essere messa in programma e celebrata regolarmente… Ho sempre avuto una grande passione per la musica sacra”.

Questa Messa, la cui preparazione ha richiesto circa un anno, è stata commissionata al Maestro Scarlato da un altro Maestro, l’organista titolare della Cattedrale di Orvieto Riccardo Bonci. Studi musicali londinesi, Bonci ha vissuto e lavorato nel settore musicale britannico per ben diciassette anni, dal 2003 (anno in cui ha iniziato i suoi studi a Londra) al 2020, quando gli è stato proposto l’incarico prestigioso presso la Cattedrale di Orvieto.

La messa è stata commissionata dal Maestro Riccardo Bonci, organista titolare della Cattedrale di Orvieto

A Londra, come lo stesso Bonci ci ha raccontato “ho imparato una marea di cose sul lavoro di organista liturgico. Poi mi è arrivata questa proposta in un momento in cui stavo pensando di lasciare la chiesa in cui lavoravo per fare un upgrade e diventare quindi maestro di cappella in un’altra. In quel momento, ho pensato che avrei potuto mettere a frutto in Italia tutto ciò che avevo imparato in Inghilterra”.

Dimitri Scarlato

E aggiunge: “Al Duomo di Orvieto ci sono due cori, il coro della Cattedrale e il coro della Parrocchia della Cattedrale, che è più di carattere volontario. Per quel che riguarda la Messa parrocchiale, quella che veniva cantata, è stata scritta da un altro compositore ma la sua qualità non mi soddisfaceva assolutamente. Ho pensato quindi di fare un regalo alla Parrocchia e alla Cattedrale commissionando una Messa scritta bene”.

Questa Messa nasce quindi da due desideri profondi: quello del Maestro Scarlato di cimentarsi per la prima volta nella composizione di musica sacra e quello del Maestro Bonci di fare un regalo di qualità assoluta alla sua Cattedrale.

Conoscendo Dimitri e sapendo che lui aveva questo desiderio, di scrivere musica sacra, ma non gli era ancora capitato, ho pensato di fare questa cosa. Ovviamente non potevo farla partire da solo, quindi ne ho parlato prima con il direttore del coro della Cattedrale, poi con il Priore del Capitolo e insieme abbiamo trovato un accordo per realizzare questa Messa in modo da poterla eseguire spesso come Messa parrocchiale. A Dimitri ho dato delle tempistiche particolari, delle limitazioni precise per ogni singola voce, così da poter essere cantata anche da coristi non professionisti”.

Riccardo Bonci
Riccardo Bonci (copyright Riccardo Bonci)

Le parti cantate della Messa sono state adattate nella durata per rendersi adattabili a una classica celebrazione nella Cattedrale

Le parti cantate della Messa sono essenzialmente quattro e sono state adattate nella durata proprio per rendersi fruibili e adattabili a una classica celebrazione nella Cattedrale che li ospiterà per la prima volta proprio domenica 19 Maggio. Come spiega lo stesso Bonci “il Kyrie Eleison dura un minuto, il Gloria tre minuti, il Santo un minuto e mezzo/due, l’Agnus Dei un minuto e mezzo”.

A Orvieto la Pentecoste è particolarmente sentita, perché rappresenta la ‘giornata della palombella’. E nella stessa domenica ci saranno anche le Cresime.

A Orvieto la Pentecoste è particolarmente sentita, perché rappresenta la ‘giornata della palombella

La tradizione della palombella parte dal Medioevo, come spiega Bonci: dalla chiesa di San Francesco viene teso un lungo cavo metallico che arriva fino al Duomo e in questo cavo viene fatto scorrere un contenitore in cui c’è appunto una palombella. Un rito che si svolgerà alla fine della Messa.

Dimitri Scarlato
Dimitri Scarlato (copyright Dimitri Scarlato)

 

Appuntamento quindi domenica 19 Maggio alle 10.00 presso la Cattedrale di Orvieto per appassionati, curiosi, amanti della musica sacra di qualità e, perché no, anche delle antiche tradizioni.

Musica e impegno sociale: ISQ e Irene Serra al Pizza Express Jazz Club

Nell’anima fracassata e scintillante di Soho batte un cuore jazz, precisamente dal 1976. È il Pizza Express Jazz Club di Dean Street, considerato uno dei migliori jazz club d’Europa, dove, tra gli altri mostri sacri, si sono esibiti Amy Winehouse, Sam Smith, Van Morrison, Sting, Jamie Cullum, Charlie Watts, Jacob Collier e Nigel Kennedy.

Partendo dai canali verde brillante della Lea Valley fino al plumbeo cielo di Tottenham Court Road, ho attraversato la città con l’autobus numero 55 fino alla rinomata venue. Ad attendermi c’era un’artista a me (noi) assai cara: Irene Serra. Cantante e cantautrice di origini siciliane, Irene Serra vanta moltissimi progetti e collaborazioni. Tra questi, il quartetto Pop-Jazz ISQ. E proprio loro si sono esibiti sotto le luci morbide e sensuali del Pizza Express, lo scorso mercoledì 8 maggio.

Il mondo con e senza musica, illustrazione di Simona De Leo
Il mondo con e senza musica, illustrazione di Simona De Leo

Sedute al bar, abbiamo ordinato una pizza e un drink, mentre in sala i presenti fremevano, e noi con loro. Ma prima di raccontarvi la performance, scopriamo chi sono gli ISQ.

Il quartetto Pop-Jazz ISQ, che va oltre la formazione jazz convenzionale, ha già lanciato sul mercato ben quattro album

Come accennato, alla voce abbiamo Irene Serra, a seguire Richard Sadler al contrabbasso, Chris Nickolls alla batteria e Luca Boscagin alla chitarra. Il quartetto, che va oltre la formazione jazz convenzionale, ha già lanciato sul mercato ben quattro album, di cui il secondo, dal titolo “Too”, è stato scelto dalla critica di Time Out London nel 2015. Attualmente stanno lavorando al loro quinto album, il cui lancio è previsto proprio entro quest’anno.

Irene Serra e gli ISQ al Pizza Express Jazz Club
Irene Serra e gli ISQ al Pizza Express Jazz Club

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Irene Serra non molto tempo fa, quando si è esibita con l’eccezionale chitarrista Luca Boscagin al Green Note di Camden Town. Da lì abbiamo esplorato il suo universo, dai canali social a Spotify, e poi di nuovo sul palco. Irene ha una voce camaleontica. Si può dire? Forse no, ma chissene frega, rende l’idea. I movimenti del suo corpo l’accompagnano e l‘avvolgono come un drappo scarlatto, sia che stia cantando una personalissima versione di “Roma non fa la stupida stasera”, o una canzone originale, come è stato per esempio il caso di ”Faded” durante la performance al Pizza Express Jazz Club.

”La violenza domestica è una piaga sociale che purtroppo affligge molti paesi nel mondo. In Italia leggiamo troppo spesso fatti di cronaca nera relativi al tema, si pensi al caso di Giulia Cecchettin, morta ammazzata dall’ex fidanzato a soli 22 anni. Durante il Covid poi abbiamo visto questi casi triplicare. Bisogna continuare a parlarne, a far sentire la nostra voce. La canzone Faded l’ho scritta proprio per questo’’. Irene Serra

Una performance toccante, di quelle che ti attraversano il corpo fino alle ossa, facendole tremare come quando leggi per la prima volta una poesia di Sylvia Plath

Una performance toccante, di quelle che ti attraversano il corpo fino alle ossa, facendole tremare come quando leggi per la prima volta una poesia di Sylvia Plath. Il rapporto con sua madre, il cambiamento climatico, le ferite che l’esistenza a volte ci infligge si allungano e raggomitolano nell’estione vocale di Irene Serra, che canta e fa politica, prosa e poesia allo stesso tempo.

Irene Serra e gli ISQ al Pizza Express Jazz Club
Irene Serra e gli ISQ al Pizza Express Jazz Club

Chi ci segue da un po’ lo sa quanto a tutta la nostra redazione stia a cuore sostenere, far conoscere e divulgare l’operato di artiste e artisti italiani nel Regno Unito

Chi ci segue da un po’ lo sa quanto a tutta la nostra redazione stia a cuore sostenere, far conoscere e divulgare l’operato di artiste e artisti italiani nel Regno Unito, specialmente dopo Brexit, che tra gli altri danni, ne ha ostacolato il transito, sia dal nostro paese d’origine che dal resto d’Europa. Ecco, Irene Serra, e tutti i musicisti con i quali collabora meritano la nostra e la vostra attenzione perché un mondo senza musica, e dunque senza arte in generale, sarebbe un luogo privo di libertà espressiva, e incapace di stimolare la riflessione critica e diversità culturale.

Il momento perfetto: la fotografia di Sergio Strizzi all’Estorick Collection of Modern Italian Art

Il momento perfetto di Sergio Strizzi è la nuova mostra fotografica alla Estorick Collection of Modern Italian Art, aperta dal 15 maggio all’8 settembre.

Il momento perfetto di Sergio Strizzi
Il momento perfetto di Sergio Strizzi (Foto di Sergio Strizzi (photo courtesy of Archivio Sergio Strizzi)

Dopo il successo di Lisetta Carmi dello scorso anno, la Estorick Collection affida al medium della fotografia la mostra che comincerà la prossima settimana: The Perfect Moment, dedicata al fotografo del cinema Sergio Strizzi.

Realizzata in collaborazione con l’Archivio Sergio Strizzi di Roma, la selezione di foto e’ un omaggio alla lunga carriera di Strizzi, e rappresenta allo stesso tempo un excursus sulla storia del cinema italiano ed internazionale dagli anni ’50 ai primi del 2000.

Come il titolo della mostra, le 80 fotografie in esposizione catturano l’attimo emozionale che esula quasi l’attore dalla scena del film, creando una sorta di dialogo emotivo con l’obiettivo.

Nel suo portfolio i ritratti spaziano da Toto’ a quello di Audrey Hepburn, ma oltre ad attori di fama mondiale, il fotografo romano ha lavorato con i grandi registi del cinema italiano come Michelangelo Antonioni, il neorealista Alberto Lattuada fino ai piu’ recenti Giuseppe Tornatore e Liliana Cavani.

Da citare anche i set internazionali: Terence Young lo volle sul set del blockbuster James Bond, quando lo 007 era interpretato da Sean Connery e poi Roger Moore, e ancora John Huston che ha firmato Fuga per la Vittoria.

La lista delle personalità e’ davvero lunga, e lasciamo a voi il piacere di scoprirne di più’ durante la vostra visita alla mostra.

Per prenotazioni e maggiori informazioni vi invitiamo a consultare il sito della Estorick Collection of Modern Italian Art.

Ricucire le ferite dell’anima attraverso l’arte: l’artista Roberta De Caro si racconta

”La verità è che ho capito di essere un mezzo attraverso il quale il dolore dell’altro da me si trasforma in arte. Non importa quante volte io mi possa rompere e “riparare”, guarire e ricadere. C’è qualcosa di più grande che regola queste sincronicità tra il mio e l’altro esistere, e voglio continuare ad assecondarlo.” Roberta De Caro

"From the Fragment to the Whole", Roberta De Caro
“From the Fragment to the Whole”, Roberta De Caro (copyright by Gary Manhine)

È vero, il mestiere che faccio mi rende fortunata abbastanza da conoscere continuamente persone interessanti. Nessuna però è riuscita a guardarmi dentro e a lasciarsi guardare come l’artista Roberta De Caro. In Roberta l’arte scorreva senza che lei lo sapesse, nel tempo in cui ancora non riusciva a pensarsi un’artista. Il flusso era talmente potente che non poteva far altro che far esplodere la diga emozionale e incanalarla verso un nuovo inizio. Vi invito a scoprire i suoi progetti perché appartengono al benessere della comunità.

Ciao Roberta, grazie per essere intervenuta. Puoi raccontarci della tua esperienza come studentessa post-laurea presso la City & Guilds of London Art School e in che modo il percorso accademico sta influenzando il tuo approccio artistico?

Le mie esperienze accademiche hanno avuto un impatto significativo sulla mia pratica artistica. Presso la City & Guilds of London Art School ho imparato a trovare la mia voce come artista e sviluppare una metodologia che trasforma le idee in un processo creativo sviluppato in molteplici fasi, materiali e tecniche. Il mio approccio enfatizza la ricerca e l’interazione con i materiali, consentendomi di creare opere ”multistrato’”che abbracciano temi personali, socio-politici e universali.

Il laboratorio di Roberta De Caro
Il laboratorio di Roberta De Caro

Qual è stata la ragione del tuo trasferimento a Londra e come questo nuovo contesto ha influenzato il tuo lavoro artistico?

Mi sono trasferita a Londra nel 1997 con l’obiettivo di approfondire la mia conoscenza della lingua inglese e di sviluppare la mia carriera artistica. Questa città dinamica e multiculturale ha arricchito il mio lavoro, offrendomi numerosi stimoli culturali e artistici.

Come hai scoperto la tua passione per il vetro e quali sono le sue qualità che ti affascinano di più nella tua arte?

Il vetro mi ha sempre affascinato per la sua capacità di suscitare emozioni profonde. Da bambina amavo ammirare i colori delle vetrate delle chiese italiane che portavano un senso di magia nell’austero ambiente ecclesiastico. Nel 2010, sono stata introdotta alla lavorazione del vetro da una cara amica, e da allora è diventata una parte essenziale della mia pratica artistica.

Il laboratorio di Roberta De Caro
Il laboratorio di Roberta De Caro

Ho approfondito tematiche socio-politiche e femministe, trasformando la mia arte in uno strumento di espressione e di riflessione critica

Dopo aver fondato ‘Peace of Glass’ nel 2011, come si è evoluta la tua arte da mestiere a arte contemporanea?

Negli anni ho trasformato la mia pratica artistica, spostandomi da opere puramente decorative a opere concettuali e basate sul processo. Attraverso la mia formazione accademica, ho approfondito tematiche socio-politiche e femministe, trasformando la mia arte in uno strumento di espressione e di riflessione critica.

“From the Fragment to the Whole” è nato dalla mia esperienza personale di sopravvivenza alla violenza domestica e riflette il processo di guarigione attraverso la creazione artistica

Puoi raccontarci di più sul tuo progetto attuale “From the Fragment to the Whole” e su come l’arte del vetro si lega all’esperienza di chi ha subito abusi domestici?

“From the Fragment to the Whole” è nato dalla mia esperienza personale di sopravvivenza alla violenza domestica e riflette il processo di guarigione attraverso la creazione artistica. Il vetro, con le sue qualità di fragilità e resilienza, offre una potente metafora per l’esperienza di chi ha subito abusi domestici.

"From the Fragment to the Whole" , Roberta De Caro
“From the Fragment to the Whole” , Roberta De Caro (copyright by Gary Manhine)

In che modo il vetro, un materiale così versatile, ti permette di esplorare concetti e temi profondi come la psicologia e le esperienze personali nei tuoi lavori?

Il vetro è un materiale straordinariamente versatile che mi permette di esplorare una vasta gamma di concetti e temi. Attraverso il processo di lavorazione del vetro, posso esplorare le profondità della psiche umana e trasformare le mie esperienze personali in opere d’arte significative.

Chi sono le artiste e gli artisti che ti hanno influenzata maggiormente e come si riflettono le loro influenze nel tuo lavoro, soprattutto riguardo ai temi socio-politici e all’interconnessione?

Sono stata influenzata da una varietà di artisti contemporanei, tra cui Mona Hatoum, Rachel Whiteread e Louise Bourgeois, i cui lavori affrontano temi socio-politici e femministi. Attraverso il mio lavoro, cerco di promuovere la riflessione critica su questioni sociali importanti e di influenzare la percezione della realtà.

La tua ricerca si concentra sull’intersezione tra materialità e significato da una prospettiva femminista. Come ti approcci a questa connessione e come spera che il tuo lavoro influenzi la percezione della realtà?

Il mio lavoro si concentra sull’esplorazione delle connessioni culturali dei materiali e sul loro impatto sulla nostra comprensione del mondo. Attraverso la mia arte, cerco di stimolare una riflessione critica sulle questioni sociali, evidenziando le ideologie culturali sedimentate nel tessuto della nostra storia.

"From the Fragment to the Whole" , Roberta De Caro

Attualmente sto lavorando su una nuova serie di sculture in vetro basata sull’idea del lacrimarium, inteso come contenitore di lacrime e simbolo di lutto e guarigione emotiva

Quali sono i tuoi prossimi progetti o ambizioni per il futuro, sia a livello artistico che accademico?

Attualmente sto lavorando su una nuova serie di sculture in vetro basata sull’idea del lacrimarium, inteso come contenitore di lacrime e simbolo di lutto e guarigione emotiva. Spero di continuare a esplorare tematiche profonde attraverso il mio lavoro artistico e di approfondire la mia ricerca accademica, con l’obiettivo di avviare eventualmente un dottorato di ricerca sull’arte come forma di riparazione e trasformazione.

 

 

 

 

 

SicilyFEST 2024: un’esperienza di ”saudade” e celebrazione italiana

Expats italiani da nord a sud e viceversa, sappiamo dove avete passato il weekend di bank holiday dal 2 al 5 maggio: all’edizione 2024 dell’attesissimo SicilyFEST!

C’eravamo tutt* nell’isola che non c’è creata dall’imprenditrice catanese Sarah Spampinato nel 2019 (costola del Pop Up Market Sicily), alla quale diciamo un grande e accorato GRAZIE.

Se in italiano la parola ”saudade” è intraducibile, il SicilyFEST rappresenta il (non)luogo in grado di accogliere questo sentimento

Se in italiano la parola ”saudade” è intraducibile, il SicilyFEST rappresenta il (non)luogo in grado di accogliere questo sentimento, questo intenso desiderio di qualcosa di assente (la nostra terra), e di soddisfarlo attraverso la celebrazione.

SicilyFEST 2024
SicilyFEST 2024

Perché parlo di saudade? Perché amplificando la voce di chi al SicilyFEST c’era e ancora ci sarà il minimo comun denominatore emozionale dichiarato è stato proprio quel desiderio.

Serena, tarantina, da 9 anni a Londra: me ne sono andata dal mio paese perché, come molti, ero stanca di navigare in un mercato del lavoro stagnante, con proposte lavorative non dignitose, eccetera, eccetera. Però che ti devo dire? Per quanto sia pervasa da un sentimento di rabbia mista a rassegnazione, io appena vedo il mare, appena il sole torna a farsi sentire, il sud Italia mi richiama, e un evento come il SicilyFEST mi fa sentire di nuovo a casa.

Michele, milanese, da 14 anni a Londra: sono nato a cresciuto a Milano però tutta la mia famiglia è di Palermo. Ho seguito l’esempio dei miei genitori e sono emigrato anche io, ma l’attaccamento che proviamo tutti per la Sicilia non si può spiegare.

E ancora Sara da Roma, a Londra da 6 anni: io sono divisa a metà, da una parte mi manca l’Italia e Roma, la mia città, che quando posso visito da turista; dall’altra in Italia non riesco a rimanere per più di un mese perché’ mi manca Londra, che è l’altra parte di me. La Sicilia invece ha un posto tutto suo nella mia memoria e nel mio cuore. Tanti italiani, anche amici e parenti, pensano che sia tutto rose e fiori qui. Che se davvero volevo cambiare le cose sarei dovuta restare. Mi viene un travaso di bile quando sento queste cose perché è davvero un atteggiamento ipocrita da parte di chi è rimasto lamentandosi sempre e quando gli vengono offerti nuovi punti di vista, non solo non li accetta per miopia culturale, ma si arroga il diritto di dirti che non puoi mettere bocca perché te ne sei andata.

SicilyFEST 2024
SicilyFEST 2024

Sarebbero troppe da trascrivere tutte le testimonianze, gli aneddoti, e i pensieri che le tante persone che ho avuto il piacere di conoscere hanno condiviso con me, ma quelle appena citate sono forse sufficienti per mostrare sul piatto della bilancia le conquiste e le rinunce del migrante.

Nel 2023 il SicilyFEST ha ospitato più di 30.000 partecipanti

E allora sì, il SicilyFEST è denso di ricchezze enogastronomiche e prodotti siciliani (e italiani), spettacoli, showcooking, masterclass interattive e degustazioni ma soprattutto è fatto della gente che più o meno adattata e felice di vivere nel loro paese d’adozione, entra in una sorta di estasi italiana, fatta di balli, zompi, trenini, abbracci, panelle, e vino che ci fa sentire tutti più vicini.

SicilyFEST 2024
SicilyFEST 2024

Non si tratta di campanilismo. Come dicevo all’inizio, è un sentimento ricco di sfumature, più complesso e meno gretto. In occasioni come il SicilyFEST si amplifica e trasforma in una gioia corale, dove abbracci la tua italianità e questa diventa contagiosa. Al punto che nello stesso tavolo siciliani, romani, pugliesi, e milanesi si sono trovati a raccontare l’Italia a cui sono attaccati e l’Italia come la vorrebbero ad un ragazzo di Manchester e uno di Vienna. E per non risultare troppo ”cheesy” lascio alla razionalità dei numeri il compito di mostrare il risultato del successo: nel 2023 il SicilyFEST ha ospitato più di 30.000 partecipanti e anche quest’anno sono certa che l’ammontare non sia da meno.

SicilyFEST 2024
SicilyFEST 2024

Aspettando dunque l’edizione 2025, salutiamo tutte e tutti: a partire dai business italiani presenti, agli artisti come l’Orchestra Popolare de ”La Notte della Taranta’’ e Shakalab che hanno incendiato il palco e fatto ballare la folla del Business Design Centre di Angel, trasformato in una ”piazza” per quattro briosissimi giorni.

 

 

Tra due mondi: la giornalista Sabrina Provenzani racconta la genitorialità, l’educazione e la cultura italiana a Londra

Per la serie ”Donne brillanti e dove trovarle”  ho avuto il piacere d’intervistare Sabrina Provenzani, giornalista professionista dal 2004. Oltre ad aver lavorato Per Sky Italia (Controcorrente), RaiDue (Radio-Caterpillar e AnnoZero), La7 (Gli Intoccabili), e attualmente con il Fatto Quotidiano come inviata da Londra, è anche Vicepresidentessa Stampa Estera, cofondatrice AMINa, e collabora con il media civico britannico The Citizens.

Ma non finisce qui.

Sabrina è anche mamma della criatura, termine che arriva dal suo ”lessico famigliare” e utilizzato nei racconti flash che posta sulle sue pagine social

Sabrina è anche mamma della criatura, termine che arriva dal suo ”lessico famigliare” e
utilizzato nei racconti flash che posta sulle sue pagine social (di cui sono una grandissima
fan) condividendo gioie e dolori di una mamma (expat). La criatura in questione si chiama
Anita, una brillante dodicenne born and bred in London da genitori italiani.

Condividendo con noi il suo punto di vista da madre, expat, intellettuale e scrittrice, Sabrina ci racconta l’esperienza genitoriale in UK, a partire dal parto fino alla scuola.

Sabrina Provenzani, giornalista, scrittrice, mamma di Anita
Sabrina Provenzani, giornalista, scrittrice, mamma di Anita

Ciao Sabrina, grazie davvero per la tua presenza, anche sui social. Sappi che i tuoi scritti controbilanciano gli interventi delle mamme ”pancine”. Partiamo dunque da principio. Hai partorito a Londra?

Sì, sono arrivata in Inghilterra alla ventisettesima settimana di gravidanza. Mio marito era
arrivato un anno prima per lavoro. All’epoca io mi occupavo di un programma investigativo
su La7, ma entrambi eravamo impantanati in dinamiche lavorative italiane non più tollerabili. Tornando alla gravidanza, l’ho gestita praticamente tutta da sola e dovevo decidere se partorire a Londra o in Italia. I medici italiani mi sconsigliavano di partorire a Londra, ma non volevo rischiare che mio marito non riuscisse ad esserci.

Il parto in Inghilterra è meno medicalizzato rispetto all’Italia

E com’è stata l’esperienza del parto qui a Londra?

Prima di arrivare al parto, ho un piccolo aneddoto relativo al viaggio verso Londra. Come dicevo, ero alla ventisettesima settimana e al momento dell’imbarco mi hanno chiesto un certificato medico, che assolutamente non sapevo di dover presentare al gate. Sono stata fortunata perché last minute ho chiamato il mio ginecologo che ha inviato il certificato, e mi hanno permesso di volare. In quel periodo c’era stata La Festa del Cinema di Roma, e solo dopo ho scoperto che sul mio stesso aereo c’era Sharon Stone. Recentemente ho raccontato ad Anita che quando ancora non era nata, fece aspettare una star di Hollywood in fila all’aeroporto!

Tornando al parto, in Inghilterra è meno medicalizzato rispetto all’Italia. Ero considerata gravidanza a rischio per l’età e per alcune caratteristiche fisiche, ma ho anche avuto la fortuna di avere una specialista accanto e monitoraggio costante dei miei livelli. È stata una bella esperienza.

Sono la cofondatrice di un’organizzazione di volontariato, AMINa, focalizzata sul parto consapevole e sulla salute riproduttiva

Che mi dici dell’accompagnamento al parto invece? Hai ricevuto costante
informazione?

Dipendeva dalle ”fasi”. Durante il corso preparto per esempio mi era stata sconsigliata l’epidurale. Io ho insistito, mentre due giovani neo mamme che hanno seguito le indicazioni non hanno avuto una esperienza felice. Nonostante io apprezzi molto il servizio offerto da NHS, credo che, qui come in Italia e anche altrove, l’informazione non sia completa e molte donne non vengano consigliate o rese consapevoli di cosa possa essere giusto per loro. La violenza ostetrica* è una terribile realtà che attraversa tutti i confini, dall’Etiopia all’Inghilterra, ed è una questione assolutamente urgente da affrontare. Proprio per questo motivo sono la cofondatrice di un’organizzazione di volontariato, AMINa, focalizzata sul parto consapevole e sulla salute riproduttiva.

È un’iniziativa davvero lodevole se non imprescindibile, grazie per averla condivisa. Ti va ora di raccontarci l’approccio al sistema scolastico, partendo dal nido?

All’inizio l’ho mandata da una childminder per poche ore alla settimana. Dopo è andata a un piccolo nido molto hippie. Successivamente abbiamo scelto una scuola materna privata vicina a casa, in cui avevano un approccio molto accademico e competitivo. Approccio questo che è risultato quasi traumatico, tanto per me quanto per Anita. E’ un sistema che per alcuni bambini si rivela controproducente perché genera una pressione psicologica eccessiva a quell’età.

Mi pare di capire poi che Anita sia sempre stata una bambina estremamente creativa e anche molto indipendente.

Si, esattamente, è più creativa, meno ”accademica’’ e non era adatta a quel tipo di approccio. Ho notato questa dicotomia anche nella classe elementare. Abbiamo, poi affrontato l’11+, un esame propedeutico per accedere alle superiori, che è molto selettivo. Si tratta infatti di un esame accademico usato principalmente per l’ammissione alle scuole private e alle grammar school in Inghilterra e Irlanda del Nord.

Ma è un esame obbligatorio per accedere a qualsiasi tipo di scuola superiore?

No, se si decide d’iscriversi ad una scuola statale vicino casa per esempio, si ha l’accesso senza particolari esami, se non quelli di fine percorso. Al contrario, per le scuole private c’è un esame, che è terribilmente complesso, e a meno che non si tratti di bambini unicorno, dei geni, si ha necessariamente bisogno di ripetizioni. Il che ovviamente comporta una spesa non indifferente.

Ci sono intere fasce della popolazione che non hanno le possibilità economiche per affrontare certe spese e, se non hanno la fortuna di trovare gli insegnanti giusti, vengono completamente abbandonate

Che non tutti possono permettersi…

Esatto. Per non parlare delle grandi scuole d’élite dell’aristocrazia britannica. Quelle si tramandano di genitore in figlio. Aggiungo a questo che ci sono intere fasce della popolazione (che spesso coincidono con determinati gruppi etnici) che non hanno le possibilità economiche per affrontare certe spese e, se non hanno la fortuna di trovare gli insegnanti giusti, vengono completamente abbandonate.

Quindi si tratta di un sistema estremamente classista, e non meritocratico.

Una parte di meritocrazia esiste, perché ci sono alcune scuole superiori pubbliche per esempio, che fanno un eccellente lavoro di formazione, selezione, incoraggiamento degli studenti che magari non hanno le possibilità economiche. Inoltre, alcune scuole private hanno borse di studio significative che consentono di accedere per merito.

L’istruzione è ancora uno strumento importante per la mobilità sociale, ma il sistema resta anche estremamente classista

E per quanto riguarda i ragazzi con bisogni speciali?

Non sono un’esperta in materia: quello di cui mi sono resa conto è che la maggior parte delle scuole private ti convincono di avere una particolare attenzione e una cura, quasi ad personam, dei ragazzi con special needs ma questo non è sempre vero. Da questo punto di vista è meglio andare alle scuole pubbliche che hanno l’obbligo di sviluppare programmi ad hoc per ragazzi con bisogni speciali.

Il sistema educativo nel Regno Unito è un po’ il riflesso di un paese che ha subito l’influenza dei Tories per 13 anni. La scuola è al centro dell’attenzione politica, e il dibattito e’ continuo, perché l’istruzione è ancora uno strumento importante per la mobilità sociale, ma il sistema resta anche estremamente classista.

E come cambia l’esperienza alle superiori?

Alle superiori c’è un grande cambiamento nel curriculum che se da una parte incoraggia l’autonomia degli studenti, all’inizio può essere un po’ frustrante.

Per quanto riguarda l’insegnamento vero e proprio, disapprovo la mancanza di rigore nello studio della grammatica e soprattutto della storia. Ma ci sono anche molte opportunità extracurriculari interessanti, sia nelle scuole private che in quelle pubbliche. I cosiddetti club che possono andare dalle lezioni di teatro a quelle della lingua cinese, da coro a meditazione.

No pinapple on pizza, illustrazione di Simona De Leo

A Londra vedo un’apertura mentale diversa, non c’è una gerarchia degli interessi, e questo si riflette in una società dotata di un’industria culturale più dinamica

E il bilanciamento tra materie umanistiche e scientifiche in generale come ti sembra?

Secondo me l’Italia ha ancora un problema di nozionismo e di prevalenza delle materie umanistiche rispetto alle altre, per cui si ha l’impressione (sbagliata) che l’unica via per imparare a pensare sia frequentare il liceo classico. A Londra invece, vedo un’apertura mentale diversa, non c’è una gerarchia degli interessi, e questo si riflette in una società dotata di un’industria culturale più dinamica. Sin dalla scuola vieni incoraggiato a esplorare con lo stesso livello di rispetto tanto il greco antico quanto la danza. Sarebbe bello importare questo approccio anche in Italia.

L’educazione sessuale qui è obbligatoria se non sbaglio. Cosa ne pensi del
programma?

Anita ha cominciato a 9 anni e continua anche alle superiori. Oltre a quella che chiamiamo educazione affettiva, in classe si parla di riproduzione, di organi sessuali maschili e femminili, ecc. Naturalmente alle elementari viene accolta con le risatine, però molto fa anche il sistema educativo della famiglia. Anita per esempio, avendo ricevuto un’educazione sessuale in primis da noi genitori, si è sentita estremamente orgogliosa di sapere già molto rispetto ai suoi compagni.

A meno che non ci sia un’emergenza, non si hanno contatti diretti con i docenti

E per quanto riguarda il rapporto genitori-insegnanti?

Primo aspetto da non sottovalutare è l’isteria da chat su WhatsApp. A meno che non ci sia un’emergenza, non si hanno contatti diretti con i docenti. I colloqui poi non durano mezz’ora come in Italia, ma 5-10 minuti. La mia impressione è che qui sia un po’ più formalizzato, il che può essere un bene.

Se dovessi dare un consiglio ai genitori che non sanno come trasmettere la cultura italiana ai figli piccoli nati qui, direi di associare l’Italia a quello che amano, dalla pizza al gelato alle vacanze

Ti faccio l’ultima domanda. Da madre italiana hai tentato di trasmettere la cultura del nostro paese di provenienza ad Anita?

Certamente. Per quanto riguarda le tradizioni, in casa abbiamo quelle di Natale, di Pasqua, e naturalmente torniamo spesso in Italia. Anita da piccolina si definiva un’italiana di Londra e adesso ha molto chiare queste due identità.

Se dovessi dare un consiglio ai genitori che non sanno come trasmettere la cultura italiana ai figli piccoli nati qui, direi di associare l’Italia a quello che amano, dalla pizza al gelato alle vacanze. Poi certo ci sono dei gap culturali che rimangono. Tipo quella volta in cui Anita mi fece seguire un bambino e la sua mamma all’uscita di scuola. Lui sicuramente le piaceva ma Anita non l’ha mai ammesso, e quando la madre di questo bambino lo esortò a tornare a casa per mangiare la pizza con l’ananas, io non ho potuto fare a meno di dire ad Anitache la cosa non si poteva proprio fare, e lei era d’accordo! Ricordo anche che tempo dopo ad Anita assegnarono degli esercizi di grammatica, spelling, costruzioni di frasi, ecc. E uno dei verbi da utilizzare era ”legalise’’. Anita ha scritto: ”After many years of debate, Italy has finally legalised pineapple on pizza!”

 

* Definita nel quadro normativo della Convenzione di Istanbul, stipulata nel 2011, come una forma di violenza rimasta nascosta per molto tempo, tutt’ora spesso ignorata. (…) Le donne sono vittime di pratiche violente o che possono essere percepite come tali – inclusi atti inappropriati e non acconsentiti, come episiotomie o esplorazioni vaginali realizzate senza consenso, manovre di Kristeller o interventi dolorosi eseguiti senza anestesia. Fonte Nurse24.it