sabato 21 Settembre 2024
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Note ribelli: L’incontro con Andrea Di Biase nel cuore del jazz londinese

In occasione dell’uscita del disco di Clara Green Quartet presentato al 606 Jazz Club di Chelsea il 21 Febbraio, ho incontrato il jazzista Andrea Di Biase, milanese di origine e londinese d’adozione.

Come il jazz stesso, Andrea Di Biase ha intessuto la sua storia musicale con note di innovazione e tradizione. Dal Conservatorio di Milano alla Guildhall School of Music and Drama di Londra, ha seguito un percorso eclettico, arricchendosi dell’insegnamento di maestri straordinari. Insieme al pianista Bruno Heinen, Di Biase continua a sfidare i confini del genere, creando opere che incantano e ispirano.

Poco dopo la mia nascita i miei genitori hanno scritto delle piccole canzoni per me, cosa che io ho cercato di replicare a mio modo per i miei due figli durante la pandemia

Mi potresti raccontare il tuo primo ricordo legato alla musica?

Mio padre Franco è un mandolinista e chitarrista che ha suonato con tanti gruppi storici milanesi dagli anni 70 in poi: gli Yu Kung, il Paese delle Mille Danze e altri. C’era sempre musica in casa e mia madre spesso lo accompagnava alla chitarra. Poco dopo la mia nascita hanno addirittura scritto delle piccole canzoni per me, cosa che io ho cercato di replicare a mio modo per i miei due figli durante la pandemia, scrivendo una suite di 5 brani per piano solo sul tema delle primissime manifestazioni emotive di un neonato, dal titolo Newborn Emotions

Andrea Di Biase
Andrea Di Biase (copyright Carlotta Cardana)

Percorso formativo ed esordi in Italia?

Avevamo a casa tanti strumenti e, arrivato a 6 anni di età il momento di scegliere quale studiare, io testardo fin da piccolo ovviamente scelsi l’unico che non avevamo: il pianoforte. Dopo anni di studio alla Civica di Sesto San Giovanni, cominciai a suonare anche il basso elettrico per partecipare alle rock bands delle scuole superiori. Ma molto velocemente mi appassionai al Jazz, ascoltando Bill Evans e Miles Davis. Il salto al contrabbasso fu logico, ma ben presto mi resi conto che era uno strumento molto tecnico e che dovevo prenderlo sul serio. Quindi a 18 anni cominciai gli studi classici al Conservatorio di Milano. Nel frattempo cominciò anche la mia carriera nella scena Jazz milanese, con musicisti e mentori musicali quali Antonio Zambrini, Daniele Cavallanti, Filippo Monico e Tino Tracanna

La scena Jazz di Londra era, ed è, molto più grande rispetto a quella italiana, cosa che dava spazio anche ai generi sperimentali più disparati

Come mai ti sei trasferito a Londra? Com’era la scena musicale all’epoca?

In quel periodo, a metà degli anni 2000, i giovani musicisti interessati ad un Jazz contemporaneo e sperimentale non erano tanti a Milano e molti si erano trasferiti chi a New York e chi a Parigi. Io a quel punto scelsi di provare a fare un’audizione alla Guildhall School of Music di Londra e fui preso. La scena Jazz di Londra era, ed è, molto più grande, cosa che dava spazio anche ai generi sperimentali più disparati. C’era, per così dire, una massa critica di giovani musicisti tale da dare vita ai progetti più particolari. E soprattutto c’erano molti più spazi per suonare quella musica: locali come il Vortex a Dalston per il Jazz Contemporaneo, il Café Oto per l’improvvisazione libera e le varie vene del Free Jazz, le serate più autogestite nei pub da noi giovani come il The Con a Camden e il The Oxford a Kentish town e tante altre. 

Andrea Di Biase in concerto (copyright Honolulu Records)
Andrea Di Biase in concerto (copyright Honolulu Records)

Il risultato è che non vedo più giovani musicisti italiani a Londra e questo è un vero peccato: una perdita pesante per la scena artistica britannica

Hai notato differenze tra pre e post Brexit nel mercato della musica in UK?

La pandemia ha mascherato gli effetti della Brexit ma negli ultimi due anni si iniziano a percepire delle differenze significative. Sicuramente non c’è più un influsso di giovani musicisti europei, inclusi quelli italiani, che vengono a studiare o semplicemente a fare un esperienza per capire dove stabilirsi. Le stringenti regole sui visti dovute alla Brexit hanno determinato che un musicista deve essere più che convinto di stabilirsi in UK prima di intraprendere l’ardua application presso l’Home Office. Per esperienza personale credo che pochissimi giovani agli inizi della propria carriera abbiano quella sicurezza e quella disponibilità economica necessarie per fare una scelta del genere. Il risultato è che non vedo più giovani musicisti italiani a Londra e questo è un vero peccato: una perdita pesante per la scena artistica britannica. 

L’anno scorso ho pubblicato il terzo disco di uno dei miei progetti più longevi: i Dugong, dal titolo Let the Good be Good

Raccontami dei tuoi recenti progetti.

L’anno scorso ho pubblicato il terzo disco di uno dei miei progetti più longevi: i Dugong. Ci siamo conosciuti a Milano ormai 15 anni fa, quando eravamo tutti agli esordi e siamo cresciuti insieme anche se ora il sassofonista Nicolò Ricci vive ad Amsterdam ed io e il batterista Riccardo Chiaberta viviamo a Londra. Quest’ultimo disco è nato durante la pandemia e si chiama “Let the Good be Good” ed è forse un incoraggiamento, anche a noi stessi, a tirarci fuori tutti da quel periodo buio e provare a fare una cosa bella. L’Art Council England ha finanziato il disco, che è stato poi presentato al London Jazz Festival 2023. 

Un altro progetto a cui tengo molto è il disco del quartetto della cantante svedese Clara Green, uscito proprio settimana scorsa e presentato al 606 Jazz Club di Chelsea il 21 Febbraio. Il disco annovera il pianista Bruno Heinen e il chitarrista Harry Christelis, altri due miei sodali con cui suono da anni nei rispettivi progetti. In ultimo, sto lavorando al nuovo disco del pianista Azerbaijano Elchin Shirinov, talento di caratura mondiale, con cui suoneremo il 22 Aprile al Pizza Express Jazz Club di Dean Street a Soho, per presentare il nostro nuovo materiale. 

Andrea Di Biase in concerto
Andrea Di Biase in concerto (copyright Honolulu Records)

Abbiamo deciso di fondare Honolulu Records con lo scopo primario di favorire la pubblicazione di lavori di giovani musicisti che faticavano a trovare spazio nelle case discografiche

Come ti senti nelle duplice vesti di musicista e produttore? Quali sono gli orientamenti, sia a livello artistico, musicale, e tecnico, che la sua etichetta attualmente segue e seguirà in futuro?

Entrambi i dischi di Dugong e Clara Green Quartet sono stati pubblicati dall’etichetta Honolulu Records, di cui io sono co-direttore artistico. Circa 10 anni fa, con altri musicisti milanesi, abbiamo deciso di fondare Honolulu Records con lo scopo primario di favorire la pubblicazione di lavori di giovani musicisti che faticavano a trovare spazio nell’opaco e difficile mondo delle case discografiche.

A dimostrazione della necessità di un’etichetta che offrisse un contratto trasparente e economicamente vantaggioso per i musicisti, abbiamo subito riscontrato grande interesse a pubblicare con noi, tanto da arrivare quest’anno al trentesimo disco. E’ stata un’esperienza molto formativa per tutti noi, non solo perché ci ha fatto conoscere da dentro l’industria della pubblicazione e distribuzione musicale, ma anche per averci dato modo di conoscere tanti giovani musicisti italiani e non; diventando a nostro modo un punto di snodo della scena improvvisativa e del Jazz contemporaneo delle ultime generazioni. L’etichetta ad Aprile di quest’anno si sposterà ufficialmente in UK per riflettere la dimensione ormai europea delle nostre produzioni ma, per non abbandonare le nostre radici, continueremo a prestare particolare attenzione ai giovani artisti italiani.

 

 

La dura vita della trincea: in un libro le storie quotidiane della Prima Guerra Mondiale

Di prossima pubblicazione “La dura vita della trincea”, ultimo libro di Luigi, Elisa ed Eleonora Damiano che racconta le storie di chi ha vissuto la Prima Guerra Mondiale.

La dura vita della trincea: in un libro le storie quotidiane della Prima Guerra Mondiale

Sarà dato alle stampe la prossima primavera ma sta già facendo parlare di sé. Si tratta di “La dura vita in trincea. Silenzi e grida nella Grande Guerra”, libro scritto a sei mani da Luigi Damiano, Elisa Damiano ed Eleonora Damiano.

Una storia che parte dalla Prima Guerra Mondiale ma che non parla strettamente di guerra. Una storia in cui non si racconta di tattiche, Armate, Divisioni, Brigate o Reggimenti, Battaglioni o Compagnie, ma in cui si narra di vita quotidiana al fronte ponendo in evidenza le fatiche a cui soldati di tutte le età venivano sottoposti.

Una storia che mette in risalto il coraggio misto alla paura di quegli uomini, evidenziando quindi l’aspetto umano ed esistenziale di coloro che dovettero subire il dramma della guerra.

Il libro racconta del ruolo avuto sia dal personale in uniforme che dalla popolazione civile, evidenziando anche l’apporto dato dalle donne rimaste a casa mentre gli uomini combattevano al fronte, dall’aiuto nei campi all’industria bellica, agli ospedali civili e da campo.

“Con l’entrata in guerra l’Italia mobilitò milioni di uomini che dovettero fare i conti con una diversa idea di Patria, separandosi dai propri affetti e luoghi, alterandone lo stile di vita quotidiano e di conseguenza la salute mentale; essi andavano a combattere un nemico per la maggior parte di loro sconosciuto sottostando ad ordini assurdi e confidando in una veloce risoluzione del conflitto – spiegano gli autori – Il campo di battaglia divenne luogo di condivisione di dialetti, lingue ed usi e costumi diversi. Nonostante l’orrore della guerra, la nostra fortuna è stata quella di poter accedere a fonti orali e scritte come racconti dei sopravvissuti o diari ed epistole, sebbene filtrati dalla censura”.

E questa storia spiega anche la nascita del concetto di ‘milite ignoto’: i campi di battaglia erano popolati da un’infinità di corpi di soldati uccisi ai quali non veniva data immediata sepoltura e spesso succedeva di non poter neppure riconoscere il caduto e quindi di dargli un nome.

“Il libro – proseguono gli autori – racconta fatti e vissuti riguardanti paesi e popoli diversi, tra cui quello britannico, come ad esempio i bombardamenti degli Zeppelin sui cieli di Londra e Edimburgo e di alcune V.A.D. come Vera Brittain, Agatha Christie, Agnes Warner ed altre crocerossine, come pure di scrittori e poeti britannici come Alan Seeger, Isac Rosemberg, Joe McCrae, solo per citarne alcuni, per terminare con i Monumenti e i Sacrari, anche questi non solo quelli dedicati agli italiani. Al termine di tutti i capitoli sono inserite le trascrizioni di lettere o racconti di soldati o di civili”.

Insomma, un vademecum che ha il sapore di testimonianza, per non dimenticare ciò che è stato e che ha cambiato per sempre i destini delle generazioni successive.

Venti capitoli di storia del primo conflitto bellico di portata mondiale: dalla Bella Epoque a Caporetto, al ruolo delle donne, all’influenza spagnola, ai canti dei soldati, al trattato di pace, ai mutilati, i reduci e i sacrari (solo per citarne alcuni).

E, vista la narrazione che coinvolge anche gli eventi bellici avvenuti in territorio britannico, l’obiettivo degli autori, all’indomani della pubblicazione, è quello di riuscire ad organizzare una presentazione del volume proprio a Londra, entro il 2024, possibilmente nel mese di Novembre, perchè cadrebbe nella ricorrenza dei 110 anni dall’ingresso in guerra del Regno Unito.

Gli Autori di La dura vita della trincea

Luigi Damiano, Comandante di Stazione dell’Arma dei Carabinieri (già autore in precedenza dei volumi “1915-1918. Aneddoti, scritti ed immagini dal fronte” e “1914-1918. Un mondo in subbuglio. Curiosità, Orrori e Idiozie nella Grande Guerra”). Pilota civile e paracadutista civile con licenza di paracadutismo con tecnica di caduta libera (e partecipazione a manifestazioni di specialità quali l’apertura per la pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolore).

Elisa Damiano, psicologa clinica e consulente educativa e scolastica, abilitata al servizio di psicologia in farmacia. Specialista in psicoterapia psicoanalitica dell’infanzia e dell’adolescenza, pratica sia in Italia che all’estero (a livello internazionale e intercontinentale).

Eleonora Damiano, insegnante di canto e musicoterapeuta, vocal coach, cantante di formazione classica appassionata di rock e metal. Presta la propria voce a diversi progetti power e symphonic metal.

La metro Overground di Londra cambia look: nuovi nomi e colori per le linee

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La metro Overground di Londra cambia look: nuovi nomi e colori per le linee. L’obiettivo è di apportare le modifiche entro la fine del 2024.

London Overground: nuovi nomi e colori per le linee della metro di superficie londinese

Mentre la questione scioperi pare non essersi risolta del tutto nonostante i segnali di distensione nelle ultime settimane, TfL annuncia di rifare il trucco al proprio servizio ferroviario di superficie. Infatti l’Overground di Londra cambia look: sono attesi nuovi nomi e colori per le linee della metro. L’obiettivo è quello di apportare le modifiche entro la fine del 2024.

Entrato in servizio l’11 novembre 2007, il servizio di trasporti londinese vedrà ciascuna delle 6 linee che compongono la London Overground rinnovarsi nella nomenclatura e nell’estetica. Il servizio manterrà però l’iconico marchio arancione, in linea con la Tube sotterranea. Nel dettaglio, i cambiamenti previsti sono:

  • Linea da Euston a Watford Junction: si chiamerà Lioness line e sarà di colore giallo.
  • Linea da Stratford a Richmond/Clapham Junction: si chiamerà Mildmay line e sarà di colore blu.
  • Linea da Highbury & Islington a New Cross/Crystal Palace/West Croydon/Clapham Junction: si chiamerà Windrush line e sarà rossa.
  • Linea da Liverpool Street a Cheshunt/Enfield Town/Chingford: si chiamerà Weaver line e sarà di colore marrone.
  • Linea da Gospel Oak a Barking Riverside: si chiamerà Suffragette line e sarà di colore verde.
  • Linea da Romford a Upminster: si chiamerà Liberty line e sarà grigia.

Questi cambiamenti non dovrebbero influenzare i servizi della London Overground. TfL annuncia inoltre altri miglioramenti specifici che comprenderanno una maggiore chiarezza nell’orientamento all’interno delle stazioni e informazioni più precise sulle interruzioni del servizio.

 

 

Un gruppo di attivisti migranti in UK fonda Il Manifesto di Londra: ”per immaginare l’Italia che vorremmo”

Ho avuto il piacere di intervistare Andrea Pisauro, Chiara Mariotti, Mirco Brondolin e Carmen Silvestri, gruppo di coordinamento de Il Manifesto di Londra. Si tratta di un gruppo di cittadini residenti nel Regno Unito accomunati dal desiderio di costruire un progetto politico di sinistra in grado di rispondere agli ultimi anni di cattiva politica. Animati dallo slogan di Jo Cox “è più quello che ci unisce che quello che ci divide”, hanno dato vita al Manifesto di Londra, scritto in modo collettivo, inclusivo, partecipativo ed unitario.

Il Manifesto di Londra – per immaginare l’Italia che vorremmo

”Il Manifesto di Londra – per immaginare l’Italia che vorremmo – è nato nel Giugno 2017 da un gruppo di cittadini italiani in Gran Bretagna e Irlanda per contribuire a trasformare la politica italiana, per ridare speranza a milioni di cittadini e offrire una chance di riscatto economico, civile e culturale a un Paese sempre più incattivito e rinchiuso in se stesso’’

Il Manifesto di Londra, assemblea annuale
Il Manifesto di Londra, assemblea annuale. (Copyright Il Manifesto di Londra)

Questo il primo paragrafo introduttivo presente nella home del vostro sito web. Ho una richiesta e una domanda a tal proposito.

Potreste fare un salto indietro con la memoria e raccontarmi tutto il processo, dalle radici fino alla nascita de Il manifesto di Londra.

Il Manifesto di Londra nasce dall’idea di un gruppo di cittadini progressisti sparsi per le isole britanniche (Gran Bretagna e Irlanda) che all’avvicinarsi delle elezioni politiche del 2018 sentivano un senso di smarrimento rispetto alla situazione politica italiana e non vedevano rappresentata la propria speranza di un’Italia più giusta, più libera e più ospitale. L’idea era quella di scrivere un testo in modo partecipativo, cercando di esprimere le priorità che ci sembrava la politica non riuscisse a rappresentare. Scritto da oltre venti persone, il Manifesto è stato presentato nel novembre 2017, con Elly Schlein tra i primi firmatari. Chiamato così per simboleggiare l’importanza di Londra come destinazione per i migranti italiani dopo la Grande recessione, il Manifesto riflette le sfide politiche europee.

Le priorità de Il Manifesto di Londra sono un’Italia aperta, solidale, giusta ed europea

Come spieghereste in poche parole , anche a chi in politica non e’ ferrato, quali sono le vostre priorità’ necessarie per gettare le basi dell’Italia ”che vorreste?’’

Le priorità de Il Manifesto di Londra sono un’Italia aperta, solidale, giusta ed europea. Questo significa un paese che garantisce lavoro dignitoso, pieni diritti civili e sociali per tutti i cittadini, accoglie la diversità e promuove la partecipazione democratica attraverso strumenti di democrazia partecipativa. Vogliamo un’Italia in cui il lavoro sia rispettato e sicuro, che attragga cittadini da tutto il mondo anziché costringerli a emigrare. Un’Italia in cui non vi sia discriminazione per orientamento sessuale, genere, religione o colore della pelle, con piena parità di genere e la sconfitta definitiva della violenza sulle donne. Infine, un’Italia che sia orgogliosa di essere parte dell’Europa e che sia rispettata e ammirata dagli altri paesi.

Come si puo’ superare l’impasse della reticenza verso le opinioni e le visioni provenienti da chi vive all’estero e applicarle in Italia per un confronto più efficace e costruttivo?

Seguire Sanremo! Scherzi a parte, per essere ascoltati bisogna anche ascoltare e seguire quello di cui parlano gli italiani in Italia e noi ci impegniamo a farlo. Il dibattito pubblico italiano spesso non è ricettivo verso gli outsider, inclusi gli italiani all’estero, e molti cittadini comuni trovano poco ascolto nei media e nella discussione pubblica. Tuttavia, negli ultimi 10-15 anni c’è stata una maggiore attenzione alla voce delle comunità emigrate, grazie al lavoro della Fondazione Migrantes e all’attenzione dei media come Domani, il Post e Radio3. C’è una maggiore consapevolezza della complessità del fenomeno migratorio. È necessario però affrontare l’emigrazione come una questione nazionale e discuterne le cause socio-economiche per arginare l’esodo, specialmente dei giovani. Anche se il dimezzamento della rappresentanza parlamentare degli italiani in Europa è un ostacolo, confidiamo che (almeno?) Elly Schlein, nata e cresciuta all’estero, mantenga nel proprio radar diritti e prospettive delle comunità italiane in Europa e all’estero.

Il Manifesto di Londra con Elly Schlein
Il Manifesto di Londra con Elly Schlein (Copyright Alessandro Mariscalco)

Abbiamo organizzato eventi, sostenuto iniziative politiche e sociali, e contribuito a promuovere la partecipazione civica

Tracciando un bilancio di questi sette anni di attività de Il manifesto di Londra, quali sono stati i traguardi più importanti che avete ottenuto?

Nel corso di sette anni di attività, Il Manifesto di Londra ha fornito una piattaforma per informare e coinvolgere gli italiani nel Regno Unito e oltre su questioni politiche e sociali legate alla migrazione. Abbiamo organizzato eventi, sostenuto iniziative politiche e sociali, e contribuito a promuovere la partecipazione civica. Tra i traguardi principali ci sono la nostra partecipazione attiva alla campagna elettorale del 2018, il rafforzamento dei legami tra progressisti italiani e britannici e il sostegno a iniziative come Mediterranea Saving Humans. Inoltre, in sinergia col Comites di Londra, abbiamo prodotto studi sull’impatto della pandemia e della Brexit sulla comunità italiana a Londra, contribuendo così al dibattito pubblico.

Quali saranno i temi su cui si baserà l’azione politica dei prossimi mesi, e quali le iniziative in cantiere per il prossimo futuro?

Quest’anno continueremo a organizzare gli aperitivi progressisti londinesi con il circolo del PD Londra, per discutere di temi di interesse generale. Abbiamo già organizzato diversi eventi, tra cui uno molto partecipato con Chiara Messineo, produttrice della serie Netflix “Vatican Girl“, e il prossimo sarà il 29 Febbraio al pub Bread and Roses, per presentare il libro “30+1 cifre che raccontano l’Italia – l’economia nazionale alla prova dei numeri” di Guendalina Anzolin e Simone Gasperin, con prefazione di Fabrizio Barca. Inoltre, stiamo promuovendo iniziative tra Aprile e Giugno con il neonato Comitato Matteotti di Londra, per onorare la memoria del martire socialista ucciso da Mussolini 100 anni fa. Collaboriamo con l’ANPI e altre organizzazioni per organizzare eventi come la Festa della Liberazione, dedicata a Matteotti, per riflettere sull’antifascismo e sulla lotta per la democrazia.

Riteniamo che il mercato del lavoro italiano sia rimasto indietro rispetto a tanti altri Paesi europei: servono stabilità dei contratti, certezza dei diritti, salari competitivi

Cosa ne pensate della nuova normativa sul rientro degli expats?
Il nostro giudizio non può essere positivo, per quella modifica delle norme che riduce sia la platea dei possibili beneficiari (per esempio, si privilegiano le qualifiche più elevate, si eleva la durata minima di permanenza all’estero prima del rientro a tre anni) che i benefici stessi (diminuzione del tetto massimo del reddito qualificabile, della misura dello sconto e della durata dell’agevolazione). Inoltre, chi prima, nel dubbio, tentava di rientrare in Italia senza grossi patemi, ora si trova di fronte all’ulteriore ostacolo di vedersi chiedere indietro le agevolazioni godute, qualora entro cinque anni dal rientro decidesse di ritornare all’estero.
Quindi al posto di andare nella direzione di ampliare i beneficiari, di rendere più appetibili le misure e di far sì che raggiungessero l’obiettivo, ovvero quello di incentivare il rientro degli expats, la nuova normativa e’ andata in direzione totalmente opposta, restringendo il campo.
C’e’ poi una riflessione da aggiungere: le agevolazioni del reddito per chi rientra sono solo la tessera di un mosaico, che da sola può fare ben poco per rendere competitiva l’Italia. Riteniamo che il mercato del lavoro italiano sia rimasto indietro rispetto a tanti altri Paesi europei: servono stabilità dei contratti, certezza dei diritti, salari competitivi. Riteniamo che il sostegno alle imprese, e soprattutto alle start-up, sia ancora poco incisivo. Riteniamo che le politiche sociali a favore dei giovani siano troppo spesso trascurate. Dunque le agevolazioni per il rientro degli expats devono essere ripensate e potenziate all’interno di un programma di interventi più articolato e coerente, con l’obiettivo non solo di far “rientrare cervelli”, ma di innescare quella “migrazione circolare” di cui parliamo spesso nei nostri dibattiti e di cui ne siamo noi stessi parte.

Il Manifesto di Londra con Elly Schlein

Pensate ci sia coesione e apertura all’interno della comunita’ italiana in UK in termini di istituzioni, associazioni culturali, iniziative culturali…?
Ci sono sicuramente rapporti consolidati tra molte delle associazioni, movimenti e partiti ma c’è senz’altro spazio per migliorare il lavoro di coordinamento e la coesione necessaria a rendere la comunità più connessa e solidale al suo interno. Per quanto riguarda le istituzioni pensiamo possano fare di più per coinvolgere cittadini e associazioni.

Siamo sempre alla ricerca di nuove persone che vogliano impegnarsi in modo attivo, proponendo attività e iniziative in linea con i nostri valori

Quale contributo possono dare i migranti italiani a Il Manifesto di Londra?
Tutti possono partecipare – seguendo MDL sui social media, siamo su Facebook, Instagram e Twitter, iscrivendosi alla nostra newsletter, partecipando agli eventi di persona e online.
Siamo sempre alla ricerca di nuove persone che vogliano impegnarsi in modo attivo, proponendo attività e iniziative in linea con i nostri valori. Il Manifesto di Londra ambisce ad essere una piattaforma partecipativa che favorisce l’attivismo e che è aperta a nuove idee. Quindi vi aspettiamo alla nostra assemblea di Sabato 17 Febbraio per conoscerci come a tutte le nostre iniziative successive.

Il Manifesto di Londra - La Migrazione Italiana tra Brexit e Pandemia
Il Manifesto di Londra – La Migrazione Italiana tra Brexit e Pandemia (Copyright Il Manifesto di Londra)

La Geografia Temporale di Sophie Ko è il doppio appuntamento con l’arte contemporanea italiana a Londra

La Geografia Temporale di Sophie Ko è il doppio appuntamento con l’arte contemporanea italiana a Londra: all’Istituto Italiano di Cultura di Londra fino al 19 febbraio, e alla Estorick Collection of Modern Italian Art fino al 25 febbraio.

Non capita spesso che un artista straniero riesca ad esporre a Londra, ancora più raro se la prima volta è un’opportunità doppia.

Geografia temporale, Sophia Ko
Geografia temporale, Sophia Ko (copyright Roberta Leotti)

E’ questo il caso della Geografia Temporale dell’artista italo-georgiana di Sophie Ko che da questa settimana espone all’Istituto Italiano di Cultura di Londra ed è presente alla Estorick Collection all’interno del progetto Intervention. Entrambe le mostre sono a cura di Elena Re, in collaborazione con Elena Ribuffo della Galleria d’Arte de’ Foscherari di Bologna.

La prima mostra, cominciata martedì, e’ organizzata dal Consolato Generale d’Italia  a Londra e ospitata nelle sale dell’Istituto italiano di Cultura. Grazie alla cooperazione tra le due istituzioni infatti e’ stato possibile realizzarla, oltretutto, come ha ricordato il Direttore dell’IIC Francesco Bongarra’durante la Preview di lunedì, in soli due mesi.

Sophie Ko e Roberta Cremoncini
Sophie Ko e Roberta Cremoncini (copyright Roberta Leotti)

Dice Domenico Bellantone: Sophie Ko è un esempio di come le Istituzioni possono creare opportunità e l’arte diventare veicolo di fratellanza tra paesi

Nell’intervento del Console Generale d’Italia a Londra, Domenico Bellantone, Sophie Ko è un esempio di come le Istituzioni possono creare opportunità e l’arte diventare veicolo di fratellanza tra paesi.

Grazie ad una borsa di studio del governo Italiano infatti, da Tbilisi la Ko si è trasferita in Italia e ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera. Esperienza che ha avuto un grande ruolo nella sua formazione. Milano è poi diventata la sua città d’adozione, in cui attualmente vive e lavora.

Nelle sue opere Sophie Ko cerca di mostrare il rapporto del tempo con le forme, un lento ma continuo cambiamento che le distrugge e ne crea di nuove.

Come una clessidra, il tempo si manifesta nel movimento delle polveri quasi impalpabili, ceneri di immagini bruciate che la Ko utilizza nel processo creativo.

Geografia temporale, Sophia Ko
Geografia temporale, Sophia Ko

La luce che si riflette enfatizza l’effetto di movimento alla Geografia Temporale

Le polveri infatti sono uno degli elementi portanti delle sue creazioni artistiche, come la polvere d’oro che si distingue nelle opere in esposizione al piano superiore dell’IIC. La luce che si riflette enfatizza l’effetto di movimento alla Geografia Temporale.

I colori dei quadri, spesso un rimando alla sua cultura e passione per il Rinascimento italiano, sono pigmenti puri che conferiscono profondità e spessore alle forme come fossero bassorilievi, ma quello che agli occhi del visitatore può sembrare il risultato creativo e’ in realtà la base: ”Il mio lavoro comincia dalla cornice”.

L’opera viene così completata a testa in giù; una tecnica che sembra quasi ”liberare” l’opera dalla maternità dell’artista.

I cinque quadri esposti alla Estorick rientrano nelle installazioni del progetto Intervention

I cinque quadri esposti alla Estorick rientrano nelle installazioni del progetto Intervention nel quale artisti italiani contemporanei sono chiamati ad a confrontarsi con un’opera della collezione permanente.

Una vera e propria sfida che ha visto Sophie Ko mettersi alla prova con il dipinto Natura Morta di Giorgio Morandi.

Anche in questo progetto artistico i quadri sono appesi tra altre opere della collezione della galleria 4, dove tutto può sembrare apparentemente statico, ma in realta’ il tutto scorre. L’opera d’arte veicola il movimento nel cambiamento, il tempo che scandisce la vita e la nostra fine diventa di fatto “l’ultima mano” d’artista che la (in)completa.

Davvero imperdibile!

Qui potete trovare maggiori informazioni sugli orari di apertura delle mostre:

Istituto Italiano di Cultura

Estorick Collection

Per maggiori informazioni sulle opere di Sophie Ko potete consultare il sito della Galleria de Foscherari 

Prossima tappa? Napoli. Da metà marzo Sophie Ko sarà tra gli artisti ad esporre alla Fondazione Made in Cloister, nella rassegna interACTION2024.

Arriva la terza edizione di ”From Venice To London” con 7 anteprime in UK

La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il festival cinematografico più antico del mondo, torna a trovarci a Londra grazie alla collaborazione tra La Biennale di Venezia, l’Istituto Italiano di Cultura di Londra e Curzon Cinema.

Dall’8 al 12 Febbraio il Curzon Mayfair e il Curzon Soho ICI London ospiteranno infatti una nuova, pregevole stagione di film selezionati direttamente dall’ottantesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con la terza edizione di From Venice To London 2024.

From Venice to London 2024
From Venice to London 2024 (copyright Istituto Italiano di Cultura di Londra)

Sono ben sette le anteprime presentate nel Regno Unito

Sette anteprime nel Regno Unito, di cui molte includeranno Q&A sessions con registe/i e autrici/autori.

Tra i titoli proposti ci sono Enea, scritto, diretto e interpretato dal figlio d’arte Pietro Castellitto. Un film che ha nettamente spaccato in due critica e pubblico; il dramma familiare Felicità debutto alla regia di Micaela Ramazzotti e anche l’unico film italiano in concorso per Orizzonti Extra. Nonché’ il vincitore del Leone D’Oro alla regia Io capitano, di Matteo Garrone.

Il regista ha dichiarato “Il mio film mette in luce delle ingiustizie. Io purtroppo di mestiere faccio il regista, posso parlare delle storie che ho vissuto attraverso i ragazzi che hanno lavorato con me. Non ho approfondito il discorso dell’Unione Europea. Quello che racconto è un viaggio, che parte da un archetipo. Da italiani siamo un popolo di migranti; penso che sia un film che si muove su un piano più universale. Affronta un problema estremamente complesso che non credo si risolverà facilmente nei prossimi anni…”.

From Venice to London 2024 - terza edizione
From Venice to London 2024 – terza edizione (copyright Istituto Italiano di Cultura di Londra)

Un appuntamento imperdibile specie per gli appassionati di cinema

Un appuntamento imperdibile specie per gli appassionati di cinema che, seppur lontani a dall’affascinate atmosfera del Lido di Venezia, potranno godere degli ultimi titoli del grande cinema italiano direttamente da Londra.

Il programma:

FEB 08, 6 PM | Curzon Mayfair, IO CAPITANO, di Matteo Garrone.

FEB 09, 6.20 PM | Curzon Soho, FELICITÀ, di Micaela Ramazzotti

FEB 10, 2 PM | Curzon Soho, LUBO, di Giorgio Diritti.

FEB 11, 3 PM | Curzon Soho, THE LION’S SHARE, di Baptiste Etchegaray, Giuseppe Bucchi e THE MEATSELLER, di Margherita Giusti

FEB 11, 5.30 PM | Curzon Soho, AN ENDLESS SUNDAY, di Alain Parroni.

FEB 12, 6 PM | Curzon Soho, ENEA, di Pietro Castellitto.

Qui per maggiori informazioni sugli spettacoli e per acquistare il biglietto From Venice To London 2024.

 

Alla Cheltenham Italian Society Emma Sabatelli parla di Evoluzione della famiglia in Italia

E’ dedicata al tema Evoluzione della famiglia italiana la prossima conferenza della Cheltenham Italian Society. Ospite, l’avvocatessa e docente universitaria Emma Sabatelli.

Alla Cheltenham Italian Society Emma Sabatelli parla di Evoluzione della famiglia in Italia

L’evoluzione della famiglia italiana e, di riflesso, della condizione femminile in Italia è al centro della conferenza promossa per il prossimo lunedì 12 febbraio dalla Cheltenham Italian Society, nell’ambito del programma di iniziative che la storica associazione fondata nel 1959 tiene ogni mese. Alle 7 di sera, in diretta Zoom da Bari, l’Avvocatessa Emma Sabatelli, per oltre vent’anni Professore associato di Diritto commerciale e Diritto della Crisi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, conferirà sul tema della serata.

Più che mai attuale, purtroppo (perchè si ha l’impressione che nonostante le battaglie combattute finora, molti stereotipi siano ancora più vivi che mai) e per fortuna, visto che proprio per questo motivo se ne continua a parlare, non solo come fosse un obbligo morale.

“L’evoluzione della famiglia in Italia va di pari passo con l’evoluzione femminile, le due cose non sono scindibili – spiega la professoressa SabatelliI ‘pilastri’ delle famiglie tradizionali per molti anni hanno visto l’uomo lavorare fuori casa, con l’organizzazione e la gestione della casa stessa e l’educazione dei figli lasciata prevalentemente alle donne, che pagavano questo ruolo – non un potere ma un asservimento – in maniera molto cara… noi abbiamo dovuto fare lotte infinite per il riconoscimento dei diritti civili, per l’autonomia finanziaria, per fare cose che le giovani generazioni danno per scontate”.

E sono proprio le giovani generazioni a rappresentare, secondo Sabatelli, lo scoglio più ostico.

“Purtroppo – aggiunge – c’è una sorta di regressione perchè le giovani donne attraverso un uso sbagliato dei social tendono a mettersi sul mercato come se fossero degli oggetti. Questo va contro tutto quello che abbiamo desiderato, tutto quello per cui abbiamo combattuto”.

Una lotta sociale che per Emma Sabatelli è nata già nella sua famiglia d’origine.

“Mio nonno era un tipografo – racconta – e aveva sei figli, di cui quattro donne, mia madre era la più grande. Le ha fatte laureare a Napoli all’Orientale, durante la Guerra. Ma mio padre era contrario al fatto che mia madre insegnasse (quindi, lavorasse n.d.r.) perchè non esisteva una concreta necessità economica”.

E l’insegnamento, negli anni ‘60/’70, rappresentava l’unica possibilità effettiva per una donna di accedere al mondo del lavoro, altre professioni quali il medico, l’ingegnere o qualunque altra (che oggi si svolga normalmente) non erano contemplate per l’universo femminile, ritenendo che il senso di accudimento, naturale per una donna (almeno da un punto di vista oggettivo) potesse essere espresso o in famiglia allevando i propri figli oppure a scuola formando gli studenti.

L’incontro in streaming col pubblico di Cheltenham in programma lunedì 12 febbraio abbraccerà quindi molte sfaccettature dello stesso tema. Partendo dalla condizione femminile nell’Italia post-unitaria e durante il periodo fascista, si parlerà, tra l’altro, di diritti politici (elettorato), civili e patrimoniali, della situazione lavorativa femminile, della posizione della Chiesa Cattolica, dei mutamenti legati alla prima Guerra Mondiale e all’avvento del Fascismo, del delitto d’onore (e poi sua abrogazione), delle lente conquiste del Dopoguerra, della parità dei diritti, del divieto del licenzamento a inizio gestazione, e così via fino alle conclusioni sulle nuove tipologie di famiglia e del passaggio dalla famiglia patriarcale a quella attuale, che la professoressa Sabatelli definisce un’evoluzione incompiuta.

Tanta carne al fuoco, di sicuro, con ampi riferimenti alla più difficile attualità dei giorni nostri. Con l’obiettivo di ‘sbarcare’ personalmente a Londra entro quest’anno, “Magari in primavera”.

Emma Sabatelli è una grande viaggiatrice, prima del Covid si è spinta fino in Cambogia. E adesso, che anche la vita dei viaggiatori oramai si è ripresa alla grande, nonostante l’aiuto prezioso della tecnologia, che ci permette in un battito di ciglia di essere dall’altra parte del mondo anche solo stando semplicemente seduti di fronte a un monitor, sarebbe bello, perchè no, pensare di andare ad incontrare un pubblico in carne ed ossa, in una delle prossime occasioni di dialogo e confronto su tematiche importanti, come quelle scelte dalla Cheltenham Italian Society.

Retrospective Magazine: il giornale-oggetto che non vuole intrattenere

Si chiama Retrospective il nuovo magazine presentato a Londra e fondato da Glauco Della Sciucca, Lorenzo Tamburini e Mario Di Paolo, che promettono: Sarà un’antologia di idee.

Surface Design Show 2024, brillano marmi e pietre Made in Italy

Marmi e pietre da rivestimento Made in Italy saranno protagoniste del Surface Design Show, dal 6 all’8 febbraio prossimi al Business Design Centre di Londra. 

Surface Design Show 2024: Il Made in Italy Illumina la scena londinese con le Pietre Naturali italiane

Dal 6 al 8 febbraio 2024, il Business Design Centre nel cuore di Islington, Londra, si prepara ad aprire le sue porte per ospitare uno degli eventi più attesi nel mondo dell’architettura e dell’interior design: il Surface Design Show. Occasione per esplorare le ultime tendenze nel mercato lapideo e dei materiali in pietra naturale, questo evento annuale promette di essere una vetrina eccezionale per oltre 180 aziende espositrici provenienti da tutto il mondo.

L’edizione 2024 del Surface Design Show è pronta a stupire con una vasta selezione di materiali in pietra naturale, presentati da aziende leader nel settore. Architetti, designer e professionisti avranno l’opportunità di esplorare una gamma accuratamente selezionata di prodotti d’eccellenza, abbracciando l’estetica e la funzionalità che solo le pietre naturali possono offrire.

Un padiglione dedicato per le aziende italiane

L’evento prenderà il via il 6 febbraio con un sofisticato welcome event serale, seguito da due giornate intense ricche di incontri B2B, panel ed attività di networking.

Le 21 aziende italiane, presenti in un padiglione dedicato, avranno l’opportunità di presentare i loro prodotti distintivi a una vasta audience di professionisti, arricchendo al contempo la propria rete di contatti per lo sviluppo di nuove partnership.

Il 7 febbraio, a partire dalle ore 18:30, ICE-Agenzia organizzerà un “Aperitivo Italiano” presso lo stand istituzionale 470A. Questo momento di networking sarà un’opportunità imperdibile per consolidare relazioni esistenti e creare nuove opportunità di collaborazione. Gli espositori italiani avranno l’occasione di presentare i loro prodotti in un contesto più informale, promuovendo lo scambio di idee e la costruzione di connessioni durature.

Per garantire una visibilità ottimale delle aziende italiane partecipanti, è stata realizzata un’importante campagna di comunicazione attraverso i canali ufficiali della fiera e su rinomati magazine di settore come On Office e Tomorrow Tile and Stone. Le aziende del padiglione italiano saranno inoltre protagoniste di diverse attività di comunicazione sulle pagine ufficiali e nelle iniziative organizzate dalla fiera stessa.

Il Made in Italy risplende sul Mercato del Regno Unito

Marmi e delle pietre da rivestimento Made in Italy saranno protagoniste del Surface Design Show, dal 6 all'8 febbraio prossimi al Business Design Centre di Londra. 

L’edizione 2024 del Surface Design Show non è solo un evento, ma un’opportunità strategica per le aziende italiane di consolidare la loro presenza nel mercato britannico delle superfici e dei materiali lapidei, che tra dizionalmente attinge dalle importazioni dal 75 all’85 per cento del proprio fabbisogno.

I dati import-export indicano chiaramente che il Regno Unito rappresenta il sesto paese verso cui l’Italia esporta materiali lapidei lavorati e semilavorati, e l’Italia è il quinto Paese da cui il Regno importa dietro India Spagna, Cina e Norvegia. Nel periodo gennaio-novembre del 2023, le esportazioni italiane di marmi, travertini, graniti e pietre naturali hanno registrato un aumento del 4,97%, raggiungendo un valore di 58 milioni di euro.

I prezzi in qusti ultimi tempi sono aumentati un po’ per tutti i prodotti, e anche i prezzi dei materiali materiali lapidei sono saliti nel 2022, a causa di una inflazione a due cifre, tuttavia le quantita di maeriale importato in Regno Unito non ne hanno risentito. Inoltre, è propbabile che i ricavi dell’edilizia residenziale subiranno qualche legggera contrazione, ma il continuo sostegno governativo all’offerta di alloggi sosterrà la domanda e l’edilizia in genere.

L’Office for Budget Responsibility, inolrte, prevede per il prossimo anno che le performance economiche del Regno Unito miglioreranno progressivamente e il Pil avrà un picco di crescita del 2,5 per cento nel 2025.

In conclusione, il Surface Design Show 2024 si preannuncia come un’occasione straordinaria per il Made in Italy nel contesto internazionale. Un’opportunità di esplorare, connettersi e ispirarsi a nuovi orizzonti di design e innovazione, con il valore intrinseco delle pietre naturali italiane che illumineranno il palcoscenico di Londra.

Comuni-Co, la scuola di Peterborough insegna italiano e anche inglese

La scuola Comuni-Co di Peterborough è stata fondata da Concetta Laquintana e propone corsi di italiano, inglese e spagnolo. 

Comuni-Co, la scuola di Peterborough insegna italiano e anche inglese

C’è una città, nel Regno Unito, compresa nella contea del Cambridgeshire, a un’ora di distanza da Londra, un’ora da Cambridge, un’ora da Nottingham, a misura d’uomo e con un centro piccolo e caratteristico dove verrebbe facile pensare si vivano delle giornate estremamente tranquille e un pò tutte uguali. Ma invece no, non è così, e la storia che stiamo per raccontarvi ne è la dimostrazione.

A Peterborough, la città di cui parliamo, è nata Comuni-Co, scuola di inglese per italiani di ogni provenienza, fondata da un’insegnante italiana, Concetta Laquintana, che all’indomani di un’esperienza che ha segnato la sua vita anzitutto professionale, ha deciso di offrire un’opportunità didattica diversa dal solito a chi vuole imparare l’inglese sul campo.

E ha deciso di gettare le basi di questo progetto proprio a Peterborough, la città in cui vive da anni.

“Sono insegnante di professione, nel 2016 ho perso il lavoro, praticamente mi hanno liquidata perché hanno chiuso il dipartimento di italiano, di cui io ero a capo in una scuola media superiore rinomata. Una scuola privata. Hanno chiuso il dipartimento di lingua italiana perché era quello più piccolo (non hanno mai voluto ingrandirlo) e hanno aperto quello cinese. Avevo appena compiuto 50 anni, a me piace insegnare, ma poiché l’Inghilterra ti permette di fare anche altre cose nel frattempo ho iniziato a svolgere una diversa attività (che era il mio sogno da bambina): fare l’interior designer. Quindi ho frequentato un corso di un anno per diventare Declutterer and Organiser, specialista nell’organizzazione degli spazi interni. Ho anche fatto parte di un’organizzazione nazionale che regola questa professione, nata inizialmente in America, sviluppatasi successivamente in Inghilterra. Ma trattandosi di un lavoro che non tutti ancora conoscevano, io avevo pochissimi clienti”.

Quindi, tra le difficoltà incontrate in un settore sperimentale e l’amore profondo e naturale per l’insegnamento, facile intuire quale tra queste due scelte abbia poi portato Concetta a dare vita alla sua scuola. E, per partire, conoscenze e passaparola sono state l’arma vincente.

Grazie a un’attività di gemellaggio tra scuole (un e-twining tra scuole europee che si incontrano on-line e preparano progetti) portata avanti per un paio d’anni ai tempi in cui insegnava, Concetta si ritrova velocemente ad essere contattata da altre colleghe (specialmente italiane) che le chiedono di poter portare in Inghilterra gruppi di loro allievi desiderosi di imparare bene l’inglese.

Spinta da questo entusiasmo d’Oltremanica, Concetta si mette subito al lavoro per trovare anzitutto una location pronta ad ospitare questi gruppi di allievi.

Individua quindi una scuola d’inglese vicina a casa. E si presenta alla manager (anche lei vicina di casa) per proporle il progetto. Alla manager il progetto piace parecchio, quindi decide di collaborare con Concetta e il primo corso, sperimentale, per il primo gruppo di ragazzi (sei in tutto) finalmente parte, con successo.

Ad aiutare Concetta, allora come oggi, è suo marito James Fordham, linguista, poliglotta, qualificato per l’insegnamento.

In Italia nel frattempo si sparge la voce tra insegnanti, che decidono man mano di mandare gruppi di allievi in Inghilterra da Concetta, che si specializza sempre più in corsi estivi, e dopo il primo gruppo di sei allievi, l’anno successivo gli allievi diventano dieci, poi venti, e così via.
In conseguenza di ciò l’attività inizia a strutturarsi e nasce il primo sito web di Comuni-Co. Concetta e la sua amica manager diventano business partner. Il nome Comuni-Co nasce nel 2018, entrambe vogliono un nome che intenda ‘comunicare’; da ‘comunico’ vengono altre definizioni come ‘community’ e ‘consolidation’. Insomma, è una parola chiave.

Le due socie lavorano insieme, e bene. Poi arriva il Covid. E il momentaneo “congelamento” di ogni attività in presenza.

Ma perché parliamo di un’opportunità didattica, anzi di un’esperienza diversa dal solito? Continuate a leggere e lo scoprirete.

Naturalmente bisogna aspettare la fine del periodo di pandemia e il ritorno, lento e graduale, allo svolgimento delle attività in presenza.

“Siamo partiti da zero – ammette Concetta – non siamo una scuola grandissima” ed è anche questo il motivo per cui, insieme all’età relativamente giovane della scuola, almeno durante la pandemia i corsi on-line non avevano trovato terreno fertile.

 

Lezioni di inglese per gli italiani con formula study-trip o con pacchetto lavoro

E anche se adesso i corsi on line sono entrati regolarmente nell’offerta formativa di Comuni-Co, il punto di forza di questa scuola resta l’esperienza in presenza, il contatto diretto con gli insegnanti, l’accoglienza nelle host families altamente selezionate (e dopo su questo ci torniamo), le gite didattiche, la periodicità.

Comuni-Co viene infatti scelta sempre più spesso da gruppi selezionati di studenti di ogni fascia d’età (provenienti soprattutto dall’Italia) che vogliono trascorrere un periodo di tempo relativamente breve ma significativo mettendolo a frutto per imparare bene la lingua inglese.

“Facciamo mediamente venticinque allievi nei corsi estivi e anche a Pasqua, come per esempio – spiega Concetta – succederà quest’anno”.

L’unicità dell’esperienza con Comuni-Co è  caratterizzata da molti aspetti. Uno di questi riguarda il cosiddetto ‘pacchetto lavoro’.

“La cosa che ha funzionato meglio per noi, a parte lo study-trip (che dura due settimane, quattro ore di scuola al giorno) è stata l’esperienza lavorativa. In UK funziona molto bene il networking, nelle relazioni legate al business… ho capito che alcuni dei professionisti con cui mi relazionavo volevano degli aiuti, quindi ho pensato di coniugare l’esperienza formativa di questi ragazzi con quella lavorativa a livello di volontariato proprio tramite queste piccole imprese. Adesso poi che l’Inghilterra è uscita fuori dell’EU, non è più possibile proporsi spontaneamente per un’esperienza di lavoro, devi avere sempre qualche tramite, qualcuno di cui fidarsi, delle conoscenze. Questo funziona bene per i ragazzi dai 17 anni in su e che hanno un livello B1. Il ‘pacchetto lavoro’ va alla grande. Per gli allievi che vengono a fare il corso senza mai aver avuto neanche un’esperienza lavorativa questo rappresenta davvero un primo approccio al mondo del lavoro in generale, un vero e proprio ‘allenamento alla responsabilizzazione’ in un contesto lavorativo, con orari da rispettare, scadenze, un datore di lavoro a cui riferirsi”.

E questo, tutto in inglese.

E lezioni di italiano per i britannici: gruppi classe, one-to-one e online

Senza dimenticare poi le lezioni di italiano per i britannici, spinti da diverse motivazioni: c’è chi si prepara ad andare in vacanza, chi intende comunicare con parenti acquisiti di origine italiana, o anche studenti che devono sostenere esami di lingua italiana (questa scuola è anche centro di preparazione).

Sia i corsi di inglese, con insegnanti freelance, che i corsi di italiano, in cui ad insegnare è Concetta stessa, si svolgono in triplice modalità: gruppi classe, one-to-one, on line.

L’opzione in più è lo spagnolo, grazie alla collaboratrice Maribel Jimenez Juarez e alle sue conversazioni in spagnolo on-line. Maribel è anche il valore aggiunto della scuola, perché è la persona che ne cura i profili social.

I programmi didattici sono strutturati ad hoc, in base alle richieste dei gruppi che arrivano. In estate ci sono diversi gruppi di allievi, sia per età che per livello, quindi si cerca di formare dei corsi su misura.

Ogni classe dev’essere composta da un minimo di dieci allievi e un massimo di quindici. E il calendario annuale viene predisposto regolarmente entro il mese di aprile.

Diversa è l’esigenza di chi richiede espressamente un servizio one-to-one o al massimo una classe ristretta, magari un gruppo di amici o un gruppo familiare.

I costi in questo caso sono adattati all’esigenza espressa e si cerca comunque di ‘spalmarli’ il più possibile.

Comuni-co e la rete di host families

Ma, che siano ragazzi, gruppi classe, adulti o singoli allievi, la soluzione di ospitalità in loco, parallela all’attività didattica, è sempre la stessa: Comuni-Co si affida a un sistema di host families, come dicevamo prima, che rappresentano il frutto di conoscenze dirette e personali di Concetta stessa.

L’affidabilità è tutto e ciascuna di queste famiglie che si offrono di ospitare periodicamente gli allievi di Comuni-Co, sono altamente selezionate, quindi non ‘passano’ attraverso la cassa di risonanza dei social ma vengono individuate e coinvolte in questo servizio in maniera diretta.

Come Concetta stessa spiega, queste famiglie fanno parte di un network di conoscenze, tramite amici, la parrocchia oppure organizzazioni con cui si ha a che fare direttamente.

A partire da quest’anno poi si è deciso di applicare per queste famiglie il sistema GDPR (per la protezione dei dati personali dei soggetti coinvolti, che non possono essere trasmessi senza autorizzazione) nonché del sistema DBS Data Barrying System (come dire la fedina penale in Italia), soprattutto se si è a contatto con studenti minori o comunque molto giovani.

Un ultimo obiettivo di Comuni-Co, la creazione di pacchetti per adulti che lavorano, provenienti dall’Italia: “persone che l’inglese l’hanno studiato a scuola – spiega Concetta – e che vogliono andare in Inghilterra a vivere l’immersion, l’esperienza immersiva: stare in una famiglia, fare gite o magari una vacanza che si sono prefissi di fare con un gruppo di amici, avendo un insegnante che li affianca, che è sempre con loro, e che li fa conversare e confrontarsi, ma sempre e solo in inglese”.

E il reclutamento degli adulti offre più possibilità: non solo una serrata attività di passaparola, ma anche (e soprattutto) attraverso i profili social della scuola.

Perché Comunico-Co è un’esperienza didattica a tutto tondo. E magari, perché no, anche un’idea-regalo. Originale e diversa dalle altre.