sabato 21 Settembre 2024
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Omaggio a Federico Fellini, CinemaItaliaUk propone La Strada

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Un nuovo appuntamento per gli amanti del cinema italiano a Londra, organizzato da CinemaItaliaUk: la proiezione del film di Federico Fellini La strada, a trent’anni dalla morte del regista.

Omaggio a Federico Fellini, CinemaItaliaUk propone La Strada

Un nuovo appuntamento con il grande cinema italiano, nel mese di novembre, organizzato da CinemaItaliaUk in collaborazione con The Garden Cinema per omaggiare il regista Federico Fellini a trent’anni dalla morte. Sabato 4 novembre, infatti, alle 16:15, al Garden Cinema di Londra si terrà la proiezione del film La Strada, direto da Fellini nel 1954.

Il film, un rivoluzionario capolavoro carnevalesco di Fellini, vede la presenza di Giulietta Masina e Anthony Quinn. Il New York Times nel 1956 lo definì “un vero viaggio italiano… una moderna parabola picaresca”.

Per questo omaggio a Fellini, dunque, una proiezione speciale della tenera e toccante storia di Gelsomina, che diede una grande notorietà internazionale a Fellioni e gli permise di vincere nel 1957 l’Oscar al miglior film in lingua straniera alla 29ª edizione (anno in cui fu istituita tale categoria di premio).

Il film – la cui sceneggiatura all’epoca fu rifiutata da tutti i produttori interpellati fino a che non arrivò nelle mani di Dino De Laurentis che accettò di realizzarla – è stato poi selezionato tra i 100 film italiani da salvare.

Michael Volpe e la storia di un italiano di Londra in Do I Bark Like a Dog?

Dopo il successo di “Noisy at the Wrong Times” , la prossima primavera esce il nuovo libro di Michael Volpe.

Do I bark like a dog? … il 24 marzo potete scoprirlo anche voi

Copertina Libro Do I Bark Like a Dog?Nascere o vivere in un luogo non basta per sentire l’appartenenza ad un paese. Lo sa bene Michael Volpe che nel suo secondo memoir illustra il suo essere Italiano pur essendo nato e vissuto in Inghilterra.

I suoi genitori sono emigrati italiani, anche se il padre se ne va di casa quando aveva sei mesi, lasciando soli la madre e gli altri suoi tre fratelli.

Proprio dalla madre e dalla cerchia di familiari ed amici italiani che si forma e si radica il suo essere 100% Italiano.

L’autore, che ringraziamo per averci fatto leggere in esclusiva il libro, racconta il suo sentirsi diverso dai suoi coetanei inglesi, e allo stesso tempo quel sentirsi a casa ogni volta che veniva in Italia con la madre in estate.

Il libro riporta anche aneddoti divertenti di queste vacanze, come di un suo incidente con la zip, e come sia riuscito scatenare una discussione animata tra alcuni suoi familiari accorsi per aiutarlo.

Non c’e’ niente di più Italiano che parlare di cibo; anche leggendo Do I bark like a dog? ci si fa l’idea di queste grandi tavolate per pranzi di famiglia eterni o ancora le conversazioni chiassose, i temperamenti accesi dei commensali.

Il profumo dei ricchi piatti nostrani che nella sua infanzia erano perlopiù sconosciuti ai sudditi di Sua Maestà, ma che finivano per conquistare per esempio, i compagni di scuola non appena avevano la fortuna di rimanere a pranzo.

Una forma di condivisione e di accoglienza, quella del cibo, tutta italiana; una tradizione che Volpe ha portato con sé anche nella sua seconda casa, quella dell’Opera Holland Park (OHP).

Epiche le lasagne nights che Michael Volpe cucinava personalmente per la compagnia del teatro, da lui battezzate “Lidia’s Lasagne”. Pensate che Michael Volpe ha lasciato l’OHP nel 2020, ma a suo dire questa ricetta della madre pare sia ancora disponibile sul sito.

Un amore quello dell’opera nato nella scuola inglese, anche se forse gli albori sono da ricercare nelle canzoni napoletane che si ascoltavano a casa da piccolo e che cantava la madre.

Nelle sue riflessioni, l’autore sembra riconoscere nelle trame delle opere italiane che porta in scena molte similitudini con gli struggimenti e i dolori che lui stesso ha vissuto.

Perché aldilà dei successi nella sua lunga carriera nell’opera, il cui impegno ha trovato la sua consacrazione con l’investitura di OBE (Officer of the Most Excellent Order of the British Empire) conferita dalla Principessa Anna, Michael Volpe ha avuto una vita tutt’altro che facile.

Un’infanzia all’insegna della povertà, inasprita dall’assenza del padre anche sul piano del sostegno economico alla famiglia.

La madre Lidia da lui tanto amata, rispecchia uno degli stereotipi positivi  che si associano agli Italiani, quello della Mamma, tanto che il lettore non può fare a meno di amare e simpatizzare per Lidia come fosse una sorta di eroina per la stoica determinazione e l’orgoglio con cui ha affrontato le avversità.

Tratti del carattere che reputiamo abbia trasmesso al figlio. Li ritroviamo infatti nel memoir e conversando con lui, nella ostinazione di perseguire la sua missione di divulgare l’opera e l’adozione di politiche che ne tuteli i lavoratori, nonostante “nel Regno Unito ci sia un governo che non ama le arti e che il paese abbia perso con la Brexit quelle good things che lo contraddistinguevano”.

È possibile pre-ordinare Do I Bark Like a Dog? sul sito di Renard Press ( Do I Bark Like a Dog? (Signed Ltd Hardback Edition) – Renard Press)

Michael Volpe è attualmente Direttore Esecutivo della If Opera di Bradford on Avon  (If Opera).

Open day alla Sial, un successo: la scuola italiana piace a tutti

Un successo l’open day di ieri alla Sial.school, con decine di genitori interessati alla scuola bilingue di Londra per i loro figli.

Open day alla Sial, un successo: la scuola italiana piace a tutti

Un successo l' Open day alla Sial.school di Londra.
Un successo l’ Open day alla Sial.school di Londra.

È stato un successo l’Open day alla Sial.school, la Scuola Italiana a Londra che ieri primo novembre ha aperto i battenti della sua sede di Holland Park per accogliere diverse decine di visitatori, tutti genitori non solo italiani interessati a conoscere la  struttura per gli studi dei propri figli.

Per chi invece avesse perso l’occasione di ieri, ci saranno comunque altri appuntamenti ed eventi culturali per conoscere la scuola e il suo collaudato metodo didattico bilingue.

In effetti, nella vasta scelta offerta dalla capitale, la Sial.school, la scuola bilingue italiano/inglese con sede in West London, a pochi passi da Holland Park, è assolutamente interessante.

Si tratta di una scuola primaria fondata nel 2010 con l’obiettivo di portare il meglio della scuola italiana a Londra. Insonma, è un esempio unico nel suo genere nel Regno Unito, l’unica scuola sul territorio britannico in cui tutte le materie sono insegnate in italiano e inglese, combinando i programmi didattici e le culture italiana e anglosassone.

“Come ogni autunno, anche quest’anno abbiamo aperto le porte della nostra scuola a tutte le famiglie interessate alla nostra offerta didattica bilingue. – spiega Ines Saltalamacchia, Preside della SIAL.school – Nella giornata di ieri abbiamo accolto più di 40 genitori, italiani e non solo, che hanno voluto vedere da vicino la nostra realtà. Si tratta di famiglie molto diverse tra loro, accomunate dal riconoscere e apprezzare i vantaggi di un’educazione bilingue e dal desiderio di mantenere e consolidare il patrimonio linguistico e culturale italiano, pur inserendo i bambini in un contesto scolastico perfettamente calato nella realtà inglese in cui crescono e vivono”.

La giornata a porte aperte ha visto protagonisti i bambini, perfetti padroni di casa, che hanno accolto i genitori in visita e li hanno accompagnati nelle aule e nei locali della scuola, conversando in italiano e in inglese a seconda dell’interlocutore e raccontando con entusiasmo la propria esperienza.

“Desideriamo che i nostri alunni arrivino alla fine della scuola non solo con una forte preparazione accademica, ma con una buona dose di fiducia nelle proprie competenze e capacità emotive e sociali, pronti a continuare il loro percorso educativo nel Regno Unito, in Italia o in scuole internazionali con risultati eccellenti. Vederli così a proprio agio nel raccontare la loro scuola ci ha emozionato – conclude la Preside – e siamo sicuri che siano riusciti a trasmettere con grande efficacia l’atmosfera che si respira ogni giorno nella nostra scuola bilingue”.

Per chi non fosse riuscito a partecipare all’Open Day, le occasioni per visitare la scuola non mancano. SIAL.school ospita infatti una serie di eventi culturali (qui il sito con le novità) durante l’anno scolastico. Si tratta di iniziative pensate e create per la comunità italiana e bilingue a Londra, insieme a una selezione di partner che condividono con la scuola la missione di promuovere la lingua e la cultura italiana nel Regno Unito

 

E se tanti italiani a Londra hanno sentito parlare della scuola, non tutti sanno che i bambini possono iniziare a frequentare la SIAL.school a partire dai 3 anni di età, usufruendo delle 15 e 30 gratuite finanziate dal governo: è infatti attiva anche la scuola dell’infanzia (nursery), che seguendo l’approccio Reggio Emilia all’educazione, valorizza l’individualità di ogni bambino.

“Come avviene l’apprendimento nella nostra nursery? – spiega la Preside – Ogni insegnante madrelingua ha un’aula assegnata e i bambini si spostano da un ambiente all’altro, imparando a riconoscere che in una determinata aula si parla solo italiano e nell’altra solo inglese. La separazione fisica degli spazi assegnati a una specifica lingua aiuta e accelera lo sviluppo del vocabolario bilingue.”

I bambini che in qualsiasi momento del loro percorso accademico iniziano a frequentare la scuola conoscendo una sola delle lingue parlate a scuola ricevono un supporto dedicato, individuale o in piccoli gruppi, da parte degli assistenti agli insegnanti specializzati nell’insegnamento di inglese e italiano come seconda lingua.

Per chi non fosse riuscito a partecipare all’Open Day, le occasioni per visitare la scuola non mancano. SIAL.school ospita infatti una serie di eventi culturali (qui il sito con le novità) durante l’anno scolastico. Si tratta di iniziative pensate e create per la comunità italiana e bilingue a Londra, insieme a una selezione di partner che condividono con la scuola la missione di promuovere la lingua e la cultura italiana nel Regno Unito.

Futurism in progress, Estorick cerca esperti e studiosi

La Estorick Collection of Italian Modern Art cerca esperti per il simposio Futurism in Progress che si terrà martedì 20 febbraio 2024 a Londra.

Futurism in progress, la Estorick cerca esperti

Il Futurismo ha avuto un ruolo determinante per riuscire a portare l’arte italiana al centro delle avanguardie europee di inizio Novecento. Ciò anche perchè il movimento fondato da Filippo Tommaso Marinetti ha messo il progresso nelle sue forme più radicali al centro della sua agenda non soltanto artistica ma anche sociale e culturale.

Con il suo “estremismo” culturale, il Futurismo si  si è proposto come rivoluzionario contestatore e distruttore della tradizione culturale, fino a invocare la distruzione di musei e bibliotecheed a chiedere un generale ripensamento di tutte le convenzioni prevalenti, anche politiche e sociali.

La sua veemenza, i suopi ardori ideali hanno attirato migliaia di entusiasti sostenitori, che lo resero di fatto un movimento di vasta portata non solo in ambiti strettamente culturali, ma che investiva pressoché ogni aspetto della società, non soltanto italiana, tanto da venire rapidamente esportato all’estero.

Insomma, di motivi per interessarsi al Futurismo ce ne sono tanti, ed hanno spinto la Estorick Collection of Italian Modern Art di Londra ad accendere, o meglio a riaccendere i riflettori su questo importante movimento artistico, ed a cercare esperti e conoscitori della materia che contribuiscano con i loro interventi alla riuscita di un simposio di una intera giornata che si terrà a Londra il prossimo 20 febbraio 2024.

Tra l’altro, il simposio sarà ospitato in una sede naturalmente accogliente per un evento del genere, dal momento che la Estorick ospita una collezione di capolavori futuristi di fama mondiale che ne fa la cornice ideale per un evento organizzato per celebrare l’anniversario della fondazione del movimento iconoclasta di F. T. Marinetti.

Futurism in Progress è il primo di quella che potrebbe diventare una serie di simposi, che riuniranno studenti, accademici e artisti per esplorare ed espandere il campo degli studi futuristi.

Futurism in Progress inoltre, sostengono gli ideatori, mira a promuovere l’inclusione e la diversità. Siamo particolarmente preoccupati di incoraggiare e rafforzare la rappresentanza e la partecipazione dei gruppi sottorappresentati e di sviluppare un ambiente radicato nella convinzione di uguale rispetto per tutte le persone.

Focus del simposio il rapporto tra Futurismo e Progresso

La Estorick Collection of Italian Modern Art cerca esperti per il simposio Futurism in Progress che si terrà martedì 20 febbraio 2024 a Londra.
La Estorick Collection of Italian Modern Art cerca esperti per il simposio Futurism in Progress che si terrà martedì 20 febbraio 2024 a Londra.

Focus del simposio – che si intitola per questo Futurism in Progress – sarà il tema del progresso, così come visto, concepito, pensato ed affrontato idealmente dal Futurismo.

Si sa, ad esempio, che il Futgurismo aveva una certa predilezione per l’ambiente urbano, e la macchina era vista come elemento fondamentale della sua composizione estetica e ideologica.

Ma allo stesso tempo, Umberto Boccioni – tanto per citare quello che forse era l’artista più significativo del Movimento – era però scettico sul potenziale artistico della fotografia e preferiva dipingere cavalli e figure umane piuttosto che veicoli meccanici.

Ma anche il romanzo di Marinetti del 1909 Mafarka il Futurista era ambientato in una civiltà senza tempo piuttosto che in una metropoli moderna, così come gli aerodipinti di Gerardo Dottori degli anni ’30 celebravano il fascino bucolico della sua nativa Umbria piuttosto che lo “splendore geometrico e meccanico” del XX secolo.

Insomma, sono evidenti le apparenti contraddizioni dell’approccio del Futurismo e dei Futuristi al concetto di progresso.

Di qui l’idea dei responsabili del Simposio, Roberta Cremoncini e Christopher Adams, di ricercare relatori che sappiano rispodnere alle tante domande che suscita questa contraddizione.

Così, ci si chiede ad esempio, come potremmo caratterizzare il concetto futurista di “progresso” e fino a che punto siamo in grado di prendere alla lettera la tanto decantata ambizione del movimento di cancellare il passato?

E poiché ripensare oggi al Futurismo stimola facilmente riflessioni anche sull’attualità, ci si può chiedere anche quanto strettamente le idee futuriste sulla modernità si conciliano con le nostre.

In che misura potremmo dire che il mondo di oggi si avvicina a un’utopia futurista?

Quali aspetti delle teorie del movimento si sono rivelati più preveggenti e quali meno?

L’umanità viene ancora “moltiplicata” dalla macchina o sta iniziando a essere messa in ombra dalle sue stesse innovazioni tecnologiche?

Il futurismo potrebbe ancora servire da esempio per giovani artisti e pensatori oppure è anch’esso ormai fatalmente superato – e ideologicamente compromesso?

Insomma sono tante le suggestioni, tanti gli spunti, tante le domande a cui si può tentare di rispondere con le proposte di 250 parole per articoli interdisciplinari di 20 minuti che la Estorick vuole ricevere e che possono spaziare liberamente tra tutte le discipline, tra cui per esempio storia dell’arte, cultura visiva, letteratura, sociologia e cinema.

I temi su cui gli articoli possono vertere sono, ad esempio,

  • atteggiamenti futuristi verso il mondo naturale
  • elementi “progressisti” e “reazionari” della filosofia socio-politica del futurismo
  • futurismo e femminismo (nello specifico)
  • AI e NFT: il futuro del futurismo o vicoli ciechi creativi?

Tutte le proposte devono essere inviate a symposium@estorickcollection.com entro il 26 novembre 2023. Il bando è scaricabile a questo link.

Fabrizio Paterlini + StringsTrio in tour nel Regno Unito, concerti a Londra e Manchester

Da non perdere per gli amanti della musica classica italiana i due concerti di Fabrizio Paterlini Strings Trio: il 9 novembre alla Convay Hall di Londra e il 10 alla The Stoller Hall di Manchester.

Fabrizio Paterlini + Strings Trio in concerto a Londra e Manchester

La copertina di Riverscape, il nuovo album di Fabrizio Paterlini.
La copertina di RiverScape, il nuovo album di Fabrizio Paterlini.

Il pianista italiano Fabrizio Paterlini torna ad esibirsi in Regno Unito, questa volta accompagnato da un trio d’archi, questa volta con il tour europeo RiverScape.

Due i concerti previsti da Fabrizio Paterlini + Strings Trio, il 9 novembre alla Convay Hall di Londra e il 10 novembre alla The Stoller Hall di Manchester (qui tutte le date del tour di Paterlini) entrambi organizzati da ItaliaEs, l’agenzia che si occupa dell’artista.

Paterlini è diventato famoso a livello internazionale per il suo stile compositivo, che unisce il pianoforte alle sonorità elettroniche e ai suoni d’archi dalle sonorità ariose e cinematografiche, e che gli ha procurato solo su Spotify oltre 2,3 milioni di ascolti mensili.

RiverScape, che dà il titolo al tour europeo è anche il nuovo album che Paterlini ha pubblicato lo scorso 6 ottobre. RiverScape è un progetto ambizioso che, proseguendo il percorso ispirato agli elementi della natura intrapreso lo scorso anno con la pubblicazione di quattro EP – uno ogni tre mesi, legati al tema dell’Aria, Acqua, Terra e Fuoco – Paterlini conduce l’ascoltatore in un ipnotico e magico viaggio guidato dalla sperimentazione, sonora ed emotiva.

Il progetto nasce dall’incontro con la fotografa olandese Kristel Schneider, qualche anno fa. Dopo aver ricevuto il suo libro fotografico ‘Variation In Trees’, Paterlini viene immediatamente catturato dalle immagini straordinarie e dall’armonia degli scatti.

Durante la pandemia da Covid-19, il musicista è stato contattato da Kristel, che gli presenta la sua nuova idea di progetto, ‘Riverscape’, un viaggio audiovisivo di due artisti, un intimo ritratto visivo del fiume francese Allier, accompagnato da musica ispirata ed appositamente composta.

“Mi ha proposto di comporre una sorta di “colonna sonora” avente come fonte di
ispirazione il “tema del fiume” e il suo lavoro. Quello che Kristel allora non sapeva, è che attualmente abito vicino al fiume più lungo d’Italia, il PO, e mi ritrovo spesso, da solo o insieme alla mia famiglia, a camminare sulle sue sponde, contemplando il ritmo calmo dell’acqua passando o giocando in spiaggia con i miei figli durante l’estate. Il fiume poi è lungi dall’essere una fonte di ispirazione “sconosciuta” per me – al contrario è un luogo abbastanza familiare: ne conosco le lingue, ne riconosco l’odore, amo la calma che mi porta sempre mentre guardo l’acqua che scorre . E sono totalmente affascinato dalle storie che nascono intorno al fiume, storie di uomini, donne, paesi, paure e speranze che nei secoli questo luogo incredibile ha portato ai suoi abitanti” spiega Paterlini.

Dopo aver accettato con gioia la proposta, i due artisti iniziano a lavorare a questo progetto ‘congiunto’: Kristel per la parte visiva e Paterlini per la musica ‘sincronizzata’ alle immagini.

‘RiverScape’ è il frutto della collaborazione di due anni, una suite di tredici brani che introducono a ciò che il fiume ha ispirato Fabrizio: flussi, ritmi, note di pianoforte ed archi cinematografici.

“RiverScape rappresenta un’evoluzione ideale della mia musica, da ‘Secret Book’ del 2017, alla più recente “Fifth”, pianoforte, elettronica e archi sono i colori della mia tavolozza e in questo album sono presenti come non mai”Fabrizio Paterlini.

Il disco è stato anticipato da ‘Be In Moment’, il primo singolo pubblicato a fine giugno ed accompagnato dal video che, realizzato con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale, trasmette fluidità, trasformazione, movimento, evoluzione.

Altre info, bio e foto promozionali sono disponibili sui siti https://bit.ly/3pcWl7L e https://linktr.ee/fabriziopaterlini

Qui una composizione di Fabrizio Paterlini:

Match Point, Nero Pesto di FIlippo Rossi vince il concorso letterario

Ottanta i racconti presentati al concorso letterario Match Point, Filippo Rossi con Nero pesto vince il primo premio.  Il falò di Giovanni Biglino e L’ammutinamento di Simone Sturniolo sono secondo e terzo.

Nero pesto di Filippo Rossi vince l’edizione 2023 del concorso letterario Match Point

E’ Nero pesto di Filippo Rossi il racconto che ha vinto l’edizione 2023 di Match Point, il concorso letterario per racconti inediti scritti da italiani residenti in Regno Unito. Il falò di Giovanni Biglino e L’ammutinamento di Simone Sturniolo vincono invece il secondo e il terzo premio.

I tre racconti, che sono stati scelti tra gli ottanta presentati al concorso, sono stati premiati nel corso di una cerimonia che ha aperto la Settimana della cultura italiana dell’Istituto italiano di Cultura di Londra.

Ai tre vincitori sono andati i tre premi messi in palio dagli organizzatori, rispettivamente 1.000 sterline al primo e 500 agli altri due, insieme a un trofeo.

Altri tre racconti poi, scritti da Angela Catalano, Rosario Morabito e Claudia Di Marco, hanno ricevuto una menzione speciale della giuria.

I tre racconti premiati, inoltre, di cui l’attore Alex Marchi ha letto diversi brani durante la premiazione, avranno la possibilità di essere sottoposti a un processo di editing professionale e di essere poi pubblicati sulla rivista letteraria Cattedrale – Osservatorio sul racconto.

Il concorso Match Point, giunto alla seconda edizione, è la prima iniziativa del genere in Regno Unito, ed ha avuto il patrocinio del Consolato Generale d’Italia a Londra, che l’ha inserito nel programma “Vivere all’Italiana” del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale.

Match Point è stato organizzato dalla dinamica Italian Cultural Association Il Circolo, attiva ormai da venticinque anni a Londra, in collaborazione con Londra Scrive, il Laboratorio di scrittura creativa fondato da Marco Mencassola, e con We Restart, una charity culturale londinese che sostiene la comunità attraverso progetti culturali e artistici, tra cui il progetto “Di cosa hai paura?” dell’artista Alice Padovani.

E proprio dal progetto di Alice Padovani nasce il tema scelto per il concorso letterario di quest’anno, che ha chiamato i partecipanti a cimentarsi con il tema dei nostri timori, dei terrori piccoli e grandi, delle fobie più comiche e di quelle più drammatiche, quelle con un fondamento razionale e quelle più squisitamente folli.

Sono dunque incentrati sulla paura gli oltre ottanta racconti che sono stati presentati al concorso e valutati da una giuria composta da professionisti della cultura e dell’editoria: Olga Campofreda, Benedetta Cibrario, Isabewlla D’Amico, Daniele Derossi, Mrco Mancassola, Paolo Nelli, Caterina Soffici e Giovanna Salvia.

La giuria, che ha visionato i racconti contrassegnati da un solo numero progressivo e non dai dati dell’autore per garantire la massima imparzialità ed obbiettività di giudizio, ha scelto i dodici finalisti, le tre menzioni speciali, e i tre vincitori.

La cerimonia di premiazione è stata ospitata nel salone di rappresentanza dell’Istituto italiano di Cultura di Belgrave Square, ed ha visto la partecipazione di Maria Grazia Lambertini, concorte dell’Ambasciatore d’Italia in Regno Unito Inigo Lambertini e patron de Il CIrcolo, che ha consegnato anche i premi ai vincitori, del Console generale d’Italia a Londra Domenico Bellantone, di Katia Pizzi, direttrice dell’Istituto italiano di Cultura, e di Simona Spreafico, presidente de Il Circolo.

Il vincitore, Filippo Rossi, è originario di Bassano del Grappa, in Veneto, ed è ingegnere elettronico, e durante la carriera accademica è stato in Spagna e in Germania, mentre da oltre dieci anni vive a Londra. Di se stesso dice che gli piacciono “le invenzioni, i viaggi, succhiare i chiodi di garofano, le persone dalla risata rumorosa, nonché creare storie” che poi puntualmente dimentica. In ambito letterario, preferisce leggere i libri di autori sconosciuti, ma è anche innamorato dei romanzi di Andrea Camilleri, e usa ordinare i libri sugli scaffali in base al carattere dei personaggi, “in modo da incoraggiare nuove amicizioe e per evitare che baruffino”.

Il suo racconto è incentrato sulla atavica paura del buio e ha vinto il primo premio del concorso Match Point, come si legge nella motivazione, “Per l’originalità della storia narrata, lo sviluppo che avvince il lettore fino all’ultima riga, l’indagine negli archetipi delle paure infantili, l’interessante omaggio a un certo immaginario cinematografico, il tono infuso di ironia dolceamara”.

Un bambino di nome Porro, l’11 novembre presentazione a Londra

“Un bambino di nome (A boy called) Porro”, prima rappresentazione teatrale poi diventato un libro edito in due lingue, inglese e italiano, sarà  presentato sabato 11 Novembre alla Casa Italiana San Vincenzo Pallotti (club sociale della St Peters Italian Church) di Clerkenwell a Londra.

Un bambino di nome Porro, l’11 novembre presentazione a Londra

“Un bambino di nome (A boy called) Porro”, nella versione teatrale.
“Un bambino di nome (A boy called) Porro”, nella versione teatrale.

“Un bambino di nome (A boy called) Porro”, nato come rappresentazione teatrale e poi diventato libro edito in in due lingue, inglese e italiano (ne abbiamo parlato anche noi quest’estate), storia ricca di sfide e di sentimenti rivolta a un pubblico dagli 8 ai 12 anni, ha attraversato il difficile periodo della pandemia per arrivare finalmente al suo “battesimo” ufficiale: sabato 11 Novembre alla Casa Italiana San Vincenzo Pallotti (club sociale della St Peters Italian Church) di Clerkenwell sarà presentato al pubblico di Londra.

Opera di Penny Culliford, scrittrice e drammaturga originaria del Kent, è stata messa in scena in maniera brillante e appassionata dall’attrice Nadia Ostacchini e dalla sua compagnia teatrale Tricolore Theatre Company di Londra nel Dicembre 2019.

Poi è nato il libro, ma quasi subito la pandemia ha rallentato fino a congelare temporaneamente molti progetti in evoluzione, tra cui proprio la promozione di questo libro.

“Un bambino di nome (A boy called) Porro”, con la sua autrice Penny Culliford.

E oggi, a tre anni da quel periodo così incerto e complesso per tutti noi, ne abbiamo parlato proprio con loro, Penny Culliford e Nadia Ostacchini.

“La pandemia è stata un periodo molto duro per la mia famiglia, la situazione non è tornata ad essere normale per molto tempo – ci racconta Nadia – non sono potuta uscire e andare a cercare opportunità per avere degli sponsor e fare il mio solito networking. Sono sempre stata abituata ad avere degli sponsor per i miei show e ho visto un’occasione nella poca liberta’ che avevo a causa della pandemia di fare qualcosa di diverso (e pubblicare un libro era un ‘territorio nuovo’ per me). Quindi abbiamo prodotto un audiobook con Grimaldi, è stato un esperimento interessante grazie alla bravura di Penny, che sa scrivere sia commedie che libri. Penny ha scritto tante opere per noi, alcune rese bilingue, è la nostra ‘writer in residence’. Avevamo fatto alcuni show bilingue quindi abbiamo pensato di fare anche un libro in due lingue con illustrazioni, che non è una cosa che si vede così spesso. Ho pensato che fosse un’opportunità per raggiungere anche il mercato italiano, per invogliare i ragazzi italiani ad imparare l’inglese e i ragazzi britannici ad imparare l’italiano. Ci è voluto del tempo ed è stato molto difficile trovare un editore in Italia, abitando a Londra.”

Ricordiamo che questa storia, dolce e realistica al tempo stesso, nasce proprio dall’esperienza personale della Culliford, che era anche e anzitutto, un’insegnante.

“Il bullismo è orribile – dice Penny – ho insegnato a bambini molto piccoli e ho visto zero tolleranza e zero gentilezza, situazioni estremamente negative che prendevano il sopravvento in quell’ambiente. Ho cercato di spiegare la situazione ai bambini senza dire loro cosa fare ma permettendo loro di arrivare a prendere le proprie decisioni da soli. Sia nel libro che nella commedia Porro acquisisce sempre più sicurezza attraverso le cose che gli accadono”.

Nadia Ostacchini.

La vicenda accosta avventure magiche a perenni valori cristiani (sia Nadia che Penny sono impegnate con l’opera della CaAPA, Catholic Association of Performing Arts, Associazione Cattolica delle Arti dello Spettacolo) ed è stata anzitutto una rappresentazione teatrale, capace di racchiudere in sé una dualità anzitutto linguistica. Quindi ci siamo chiesti se sia mai stato pensato di portarla in teatro in Italia.

“Certamente – ci dice Nadia – con Penny avevamo ipotizzato una situazione alla portata, a costo minimo, con un set minimale. Portare in Italia lo show in uno spazio adatto. Il sogno sarebbe fare uno show in piazza. Probabilmente affitterei un teatro piccolo. Un’alternativa potrebbe essere quella di realizzare questo lavoro in una chiesa, una basilica, trovando alloggio in una parrocchia, il che ci permetterebbe di risparmiare, facendo poi lo show a favore della parrocchia stessa, o per una causa benefica a scelta della parrocchia stessa. Pensiamo sempre di portare lo show in Italia, potrebbe essere una buona idea per il futuro”.

La storia di Porro traccia una linea, difficile non restare coinvolti dall’insegnamento che trasmette leggendola. Ma non solo.

Penny Culliford.
Penny Culliford.

“Ho imparato a non essere troppo critica, a mettermi in discussione, a pormi delle domande su situazioni che sarebbero potute essere migliori usando un po’ di gentilezza in più, che è ancora decisamente la maniera migliore per gestire le cose della vita” – ci confida Penny, descrivendo cosa questa storia le ha insegnato proprio mentre la stava scrivendo.

Il connubio professionale tra Nadia Ostacchini e Penny Culliford, la caparbietà e l’iperattività artistica della prima e la fantasia e la percettibilità della seconda, si traducono in questa storia per bambini e non solo, partita dal palco di Tricolore Theatre Company in London e adesso in vendita on line sul sito di Tricolore in UK e sul sito della Casa Editrice Be Strong Edizioni (per l’Italia: https://bestrongedizioni.it/prodotto/un-bambino-di-nome-a-boy-called-porro/, dove è anche possibile lasciare recensioni al link https://bestrongedizioni.it/categoria-prodotto/libri/)

E prossimamente sarà pubblicato un audiobook sia in inglese che in italiano con le musiche dello show. Un progetto che merita di essere sostenuto fino in fondo.

“Siamo una compagnia teatrale britannica no-profit – precisa Nadia – tutti i soldi che guadagniamo vengono re-investiti per lo show successivo, per il progetto seguente. Poi cerchiamo di essere estremamente professionali, lavorando solo con professionisti, facendo cose di qualità, anche se il problema principale sono sempre i costi di gestione. Per noi le sponsorizzazioni sono molto importanti”.

La storia di Porro, un ponte tra Regno Unito e Italia

La storia del piccolo Porro costruisce quindi un ponte, non solo ideale, tra UK e Italia, tra Penny e Nadia, tra lingua inglese e lingua italiana.

Nadia, nata a Londra da genitori italiani, ci rivela “Sono al cento per cento italiana, nel sangue, anche se sono nata e cresciuta a Londra, da papà di Parma e mamma di Treviso. Mi considero britannica, se inavvertitamente schiaccio un piede a qualcuno mi scuso tantissimo, sono molto polite, ringrazio sempre tantissimo, che è una cosa più britannica che italiana. Sono very british in molti modi anche se il mio temperamento resta fondamentalmente italiano e quello viene fuori. In questo mia mamma ha sempre avuto una grande influenza, lei è molto italiana, moltissimo, ci ha sempre tenuto tantissimo a che io e mio fratello imparassimo l’italiano quando eravamo bambini”.

E Penny? Come si pone nei confronti dell’Italia e della sua cultura? “I love it – ammette – sono stata “adottata” dalla comunità london-italian che è molto generosa per cui amo l’Italia, amo gli italiani. Ci vado ogni volta che posso, amo Venezia, Firenze, la zona del Chianti. Amo girare l’Italia. Anche mia figlia ama l’Italia, ha insegnato inglese ai bambini italiani, è stata in luoghi come Firenze e San Marino”.

Insomma, il piccolo Porro è riuscito a farci sentire tutti dalla stessa parte. Quindi non resta che dargli il benvenuto pubblicamente la sera di sabato 11 Novembre a Clerkenwell, Londra, presso la Casa Italiana San Vincenzo Pallotti. Noi di Londra Notizie 24 ci saremo e vi racconteremo poi com’è andata. Sinceramente, non vediamo l’ora.

Militari italiani caduti nelle Guerre mondiali, domenica la commemorazione al Brookwood Cemetery

Anche quest’anno, domenica 5 novembre, si tiene la commemorazione dei militari italiani caduti nelle due guerre mondiali e sepolti nel Brookwood cemetery.

Militari italiani caduti nelle Guerre mondiali, la commemorazione al Brookwood Cemetery

Anche quest’anno si tiene la commemorazione dei militari italiani caduti nelle due guerre mondiali e sepolti in Gran Bretagna. La cerimonia è in programma domenica 5 novembre alle ore 11, nella sezione italiana del Brookwood cemetery, dove riposano le spoglie della maggior parte dei nostri militari italiani caduti, due soldati morti nel Primo conflitto e 327 nella Seconda guerra mondiale.

Alla commemorazione, organizzata dall’Ufficio dell’Addetto alla Difesa dell’Ambasciata d’Italia nel Regno Unito, saranno presenti tutti i rappresentanti delle Istituzioni italiane in Regno Unito, l’Ambasciatore d’Italia Inigo Lambertini, il Console Generale Domenico Bellantone, l’Addetto alla Difesa Contrammiraglio Angelo Virdis, i rappresentanti di Cgie e Comites, e i gruppi e le associazioni di ex combattenti e reduci.

Quello di Brookwood è un grande cimitero a circa 40 chilometri a sud ovest di Londra, ed ospita diverse sezioni civili, di varie religioni e comunità straniere, ebraico, egiziano, indiano, islamico e zoroastriano, nonché un grande cimitero militare con sezioni britanniche, americane, polacche, australiane, e neozelandesi. Ad occuparsi della manutenzione del cimitero e alla cura delle tombe – è la Commonwealth Wargraves Commission, che cura anche l’identificazione delle salme e l’archivio documentale di tutti i cimiteri di guerra del Regno Unito e del Commonwealth in ogni parte del mondo.

La cerimonia di commemorazione dei militari italiani caduti nelle due guerre che si tiene a Brookwood è molto sentita dalla comunità italiana di Londra, che infatti partecipa sempre numerosa ed assiste alla messa, alla deposizione di varie corone e alla benedizione delle tombe.

Tutti i cimiteri britannici in cui sono sepolti militari italiani

La cerimonia di Brookwood è praticamente l’unica forma di onoranza dei militari morti e sepolti nel Regno Unito nelle due guerre mondiali, e avviene nel cimitero che ospita il più snificativo numero di salme identificate.

Ci sono molti altri militari e civili italiani sepolti durante le due guerre mondiali nei Regno Unito, ed erano per lo più prigionieri di querra, oppure caduti nel corso di operazioni belliche accadute lungo le coste delle isole britanniche: la maggior parte sono nel Brookwood Military Cemetery, gli altri sono al Beachley Cemetery e all’Old Cemetery di Gloucester nel Gloucestershire.

Alcune tombe singole sono sparse in un gran numero di cimiteri in ogni regione del Regno: al Fulford Cemetery di York nello Yorkshire, al Chester Blacon Cemetery nel Cheshire, al Bristol Greenbank Cemetery nel Gloucestershire, al Nottingham Road Cemetery di Derby nel Derbyshire, al Catterick Garrison Cemetery nello Yorkshire, allo Haycombee Cemetery di Bath nel Somerset, al Tidworth Military Cemetery nello Wiltshire, al St. Augustin Churchyard di Heanton Punchardon nel Devon, al Leicester Road Cemetery di Loughborough (Leicestershire), al Kirk German New Cemetery e al Douglas Cemetery sull’Isola di Man, al Fakenham Cemetery di Norfolk, nella St. Thomas Church of Ireland Churchyard dell’isola nordirlandese di Rathlin nella Contea di Antrim, nell’Aberdare Cemetery (Glamorganshire, in Galles), al St. Kentigern’s Roman Catholic Cemetery di Glasgow, al General Cemetery di Shrewsbury (Shropshire), al St. Brendan’s Roman Catholic Burial Ground di Borgh e al St. Barr Old Churchyard di Eolaigearraidh, entrambi sull’Isola di Barra (Inverness-shire, Scozia), allo Hallan Cemetery di South Uist in Inverness-shire, nella New Parish Churchyard di Bowmore (isola di Islay, Argyllshire), al Kilchattan Old Churchyard sull’Isola di Colonsay (Argyllshire), al St. Patrick’s Roman Catholic Cemetery di Leytonstone (Essex), al Mount Vernon Roman Catholic Cemetery di Edinburgo, e altrove.

Ci sono anche due donne, una detenuta civile morta nel 1942 al Whittingham Hospital Cemetery nel Lancashire, e una donna soldato morta nel settembre 1945 e sepolta al Cardonald Cemetery di Glasgow in Scozia.

Con Manuela D’Amore scopriamo le Literary voices della diaspora italiana in Regno Unito

Parla Manuela D’Amore, l’autrice che ha dedicato il suo libro alle “Literary Voices of the Italian Diaspora in Britain”, un omaggio all’opera di l’opera di ventuno autori italiani attivi in Gran Bretagna dagli anni ’30 ad oggi.

Ecco la prima ricerca sulle Literary voices della diaspora italiana nella storia del Regno Unito dagli anni Trenta ad oggi

"Literary Voices of the Italian Diaspora in Britain - Time, Transnational Identities and Hybridity" è il nuovo libro di Manuela D’Amore.
“Literary Voices of the Italian Diaspora in Britain – Time, Transnational Identities and Hybridity” è il nuovo libro di Manuela D’Amore.

“Literary Voices of the Italian Diaspora in Britain – Time, Transnational Identities and Hybridity” è il nuovo libro di Manuela D’Amore, professoressa associata di Letteratura inglese presso l’Università degli Studi di Catania, che si interessa di scrittura di genere, viaggio e fenomeni culturali in prospettiva anglo-italiana.

Autrice di saggi, edizioni critiche e monografie, ha ottenuto il Premio ANDA 2018 per The Royal Society and the Discovery of the Two Sicilies: Southern Routes in the Grand Tour (Palgrave Macmillan 2017). Literary Voices of the Italian Diaspora in Britain: Time, Transnational Identities and Hybridity è stato pubblicato da Palgrave Macmillan a settembre 2023.

Il volume studia l’opera di ventuno autori italiani attivi in Gran Bretagna dagli anni ’30 ad oggi, mostrando come la comunità italiana è stata rappresentata nelle opere letterarie italo-britanniche. Ne abbiamo parlato con l’autrice.

Considerando l’obiettivo del suo libro, conferire il giusto riconoscimento a diverse generazioni di scrittori italo-britannici, a che tipo di pubblico si rivolge in particolare?

“Come studiosa che per la prima volta ha scelto di occuparsi di un fenomeno contemporaneo tanto attuale, ho subito provato a immaginare chi avrebbe potuto interessarsi a questa prima ricostruzione storico-letteraria. Subito, non lo nego, ho pensato alla mia comunità scientifica di riferimento: a quella degli anglisti, ma anche a chi lavora nel campo della comparatistica e dell’italianistica. Sono convinta che il lavoro di ricerca che verrà portato avanti in futuro sarà indispensabile per approfondire la conoscenza su questi primi 21 autori e autrici. Ma non è tutto. Essendo il mio obiettivo quello di fare conoscere anche la loro produzione letteraria, ho scelto di rivolgermi anche a membri della comunità italiana – uomini e donne le cui famiglie si sono stabilite in Inghilterra, Scozia e Galles sin dal periodo post-unitario – così come a tutte le associazioni culturali italo-britanniche perché si creasse una fitta rete di scambi su questi temi. Per questo, sebbene Literary Voices of the Italian Diaspora in Britain sia frutto di un lungo e complesso progetto di ricerca, ho scelto un tono quasi narrativo che dia modo anche al lettore non specialista di seguire facilmente i complessi intrecci tra la grande Storia e le straordinarie vicende individuali dei diversi protagonisti. Ultimi ma non ultimi, poi, nel mio disegno iniziale, gli autori e le autrici. Ho provato a contattare tutti coloro che sono ancora attivi sulla scena letteraria britannica, e al di là della loro scelta di collaborare, mi sono impegnata a comunicare al meglio l’essenza dei loro lavori. Posso dire, avendo sentito alcuni di loro dopo l’uscita del volume, di essere riuscita nel mio intento. Credo anche di avere dato loro modo di avere un quadro complessivo di quel filone di scrittura che hanno contribuito a creare”.

Otto anni di lavoro per il Magnus Opus sugli scrittori italo-britannici

Manuela D'Amore, docente universitaria e autrice del volume Literary voices of the Italian Diaspora.
Manuela D’Amore, docente universitaria e autrice del volume Literary Voices of the Italian Diaspora in Britain.

C’è chi definisce questo volume la sua “magnum opus”. È d’accordo con questa definizione?

“Lei sta citando la storica Terri Colpi, una vera autorità negli Studi della migrazione nel Regno Unito, che ha molto apprezzato Literary Voices. Sono ovviamente felice e onorata, ma credo che lei volesse più dare risalto all’alto numero di autori, autrici e opere che sono riuscita a trattare. Direi che, nell’assenza di studi sistematici, il mio sforzo di dare un quadro il più possibile esaustivo di questo filone letterario è stato già sicuramente premiato. Mi aspetto adesso, anche rispetto alla mia ultima fortunata monografia, The Royal Society and the Discovery of the Two Sicilies: Southern Routes in the Grand Tour (Palgrave Macmillan 2017 – Premio ANDA 2018), che l’impatto socio-culturale di Literary Voices sia forte”.

In quanto tempo è nato questo libro, tra ricerche, stesura e pubblicazione?

“Come ho scritto nella sezione “Ringraziamenti”, questo progetto di ricerca nasce inaspettatamente dalla mia attività didattica. Mi sono imbattuta nelle prime narrazioni letterarie della migrazione italo-britannica – Isle of the Displaced. An Italian Scot’s Memoirs of Internment in World War Two di Joe Pieri (1997), Dear Olivia. An Italian Journey of Love and Courage di Mary Contini (2006) e Hokey Pokey Man di Anita Arcari (2010) – nel 2016, quando ho avuto la necessità di disegnare il primo corso di Comparative English Literature del Corso di Laurea Magistrale in Lingue e Letterature Comparate dell’Università di Catania. Vista la risposta entusiastica dei miei studenti e delle mie studentesse, ho deciso di diversificare e ampliare il più possibile il syllabus, impegnandomi a scoprire nuovi autori e opere, ma soprattutto dando inizio a una lunga e complessa attività di ricerca. Da allora – fino ad arrivare alla pubblicazione del volume – sono trascorsi complessivamente 8 anni, di cui 5 di ricerca e 3 di stesura e pubblicazione. In questo senso, ritornando al pubblico di lettori di Literary Voices, appare chiaro come io abbia sempre pensato anche al mio gruppo di studenti e studentesse”.

Il libro parla, tra le molteplici tematiche, anche delle tradizioni degli italiani andati a vivere in UK: ha qualche curiosità legata, ad esempio, ai cibi italiani protagonisti della fase di transizione?

“Certamente. Queste narrazioni si legano principalmente a tre realtà regionali del nostro Paese: la Val di Comino nel basso Lazio, la Garfagnana nel nord della Toscana e la Val di Ceno in Emilia. Ci sono anche voci dell’area del Lago Maggiore e della Liguria, ma è un fatto che, dal punto di vista delle tradizioni culinarie, predomina la Ciociaria con i suoi straordinari odori e sapori. Potrei fare menzione, ad esempio, dei “pastoni” dei piccoli centri rurali della Val Comino, del più conosciuto abbacchio laziale, così come della polenta di castagne e del “biroldo” tipici della zona di Barga in provincia di Lucca. In qualche caso, poi, penso, ad esempio, alla scrittrice italo-scozzese Mary Contini, si fa riferimento anche ai piatti napoletani, dagli “spaghetti sciuè, sciuè” alla più nobile pastiera napoletana. Il libro, comunque, parla soprattutto di processi di transizione e ibridazione anche nella preparazione dei cibi. Non dimentichiamo, ad esempio, il caso del fish and chips: basti pensare che in Scozia fino al secondo periodo bellico l’80% delle friggitorie era gestito da italiani. Come dire che dal “pesce e patate” toscano i nostri connazionali sono riusciti a farsi spazio anche nella più tradizionale cucina britannica”.

Scrittori italiani in Regno Unito, è mancato un progetto unitario

Secondo lei che cosa è mancato finora affinché gli scrittori italo-britannici ricevessero per tempo il giusto riconoscimento del proprio lavoro, alla pari degli autori italo-americani o italo-australiani?

“Questa è una domanda che mi sono subito posta anche io e a cui ho provato a dare una risposta anche nell’appendice del mio libro, in cui non solo presento le 21 literary voices che rientrano nel volume, ma in cui traccio un breve profilo di questo filone letterario su base regionale. Credo che la mancanza di riconoscimento della comunità scientifica sia dovuto a due principali fattori: il primo è che gran parte di questi autori e di queste autrici ha scelto di dedicarsi solo sporadicamente alla scrittura e in una stagione molto avanzata della propria vita. Il secondo è che, sebbene ognuno di loro fosse perfettamente integrato nella comunità italiana, raramente – e per lo più in Scozia – si è assistito alla formazione di un progetto culturale unitario. Soprattutto quest’ultimo fattore ha diminuito il loro impatto sul mercato editoriale e, quindi, la loro rilevanza agli occhi degli studiosi italiani e britannici. A giudicare dall’interesse anche solo degli anglisti italiani nei confronti di questo volume, posso prevedere che nel prossimo futuro si registrerà un deciso incremento di studi su queste voci. La sfida, poi, sarà quella che si giocherà oltreoceano, nel momento in cui la critica italo-americana, italo-canadese e italo-australiana vorrà interessarsi anche a queste opere. Il mio intento era anche quello di riempire un vuoto importante negli studi della diaspora italiana nei paesi di area anglofona. Spero di essere stata il più possibile convincente”.

Le recensioni del suo libro sono tendenzialmente entusiastiche, a detta di editori, ricercatori e professori universitari. La sensazione era che finora sinceramente mancasse un lavoro come questo suo. Secondo lei, l’argomento è tanto avvincente quanto complesso da affrontare, che nessuno ci si è mai cimentato prima? Il suo è stato un atto di coraggio? Una sfida?

“Il mio è stato sia un atto di coraggio che una sfida. Soprattutto con me stessa. Chi mi conosce come studiosa sa che mi sono sempre confrontata con autori e opere inglesi in particolare del Settecento e dell’Ottocento vittoriano. A parte le perplessità iniziali legate alla scelta di indagare per la prima volta la contemporaneità, i lunghi anni in cui ho portato avanti la mia ricerca sono stati segnati davvero da molti dubbi e ripensamenti. Mancavano gli studi sistematici su questo filone della diaspora italiana, ma quello che è più importante, l’individuazione degli autori e delle autrici era quasi sempre casuale. Qualcuno era stato menzionato nei più importanti studi storici sulle comunità italiane in Gran Bretagna, e le poche bibliografie disponibili non distinguevano neanche tra scritti letterari e contributi di carattere storico-sociologico. In più occasioni ho riflettuto sul perché nessuno avesse voluto investire tempo ed energie in un progetto tanto difficile e mi sono chiesta se fosse realmente possibile proseguire il lavoro. La motivazione ad andare avanti, però, diventava via via più forte. Quegli scritti erano straordinari, potenti sia sul piano interculturale che su quello sociale, e dopo anni, decenni di oblio, chiedevano di essere riportati alla luce. E a quel punto mi sono detta che poco importava che il lavoro non fosse esaustivo: bastava che aprisse un varco e suscitasse curiosità, interesse. Sebbene abbia scoperto altre 4 voci a pochi mesi dalla prima consegna a Palgrave del manoscritto, e abbia lavorato duramente per farle rientrare nella stesura, non mi sono mai pentita della mia scelta”.

Portare avanti in parallelo l’impegno universitario e quello critico-letterario sarà per sempre la sua dimensione oppure crede che potrebbe arrivare per lei il momento di scegliere tra l’uno o l’altro?

“Non credo proprio. Literary Voices of the Italian Diaspora in Britain mi ha insegnato che anche la didattica può dare origine a importanti progetti di ricerca. Mai come adesso, infatti, sono grata ai miei studenti e alle mie studentesse per avermi dato modo di portare a termine un lavoro di ricostruzione che aiuterà un’intera comunità di italiani a conoscere una parte per troppo tempo dimenticata del loro straordinario patrimonio culturale”.

Transizione verde: Trasporti sostenibili per un futuro migliore, il 15 novembre la conferenza della Icciuk

Si tiene il 15 novembre al Lady Hale Theatre, University of Salford la conferenza organizzata dalla icciuk e dedicata a Transizione verde: Trasporti sostenibili per un futuro migliore.

Transizione verde: Trasporti sostenibili per un futuro migliore, il 15 novembre la conferenza della Icciuk

Appuntamento da non perdere per tutti coloro che gestiscono attività economiche legate ai trasporti: il 15 novembre al Lady Hale Theatre, University of Salford (43 Crescent, Salford M5 4WT Manchester M5 4WT United Kingdom), si tiene la conferenza dedicata a “Transizione verde: Trasporti sostenibili per un futuro migliore”.

L’evento è organizzato da Italian Chamber of Commerce and Industry for the UK in collaborazione con varie istituzioni italiane e britanniche, ed offre alle aziende l’opportunità di discutere il futuro della transizione verde nel settore dei trasporti, partecipando a un panel esclusivo e sviluppando collaborazioni tra Italia e Regno Unito.

La conferenza fa parte di una serata dedicata alla Transizione Verde, ai trasporti sostenibili e al processo di decarbonizzazione in questo settore industriale.

Il pubblico avrà l’opportunità di scoprire nuove opportunità e buone pratiche promosse nel Nord dell’Inghilterra, come l’obiettivo “Carbon Neutral 2038” stabilito dalla Greater Manchester Combined Authority.

La conferenza vedrà il contributo della Camera di Commercio Italiana e del Consolato d’Italia a Manchester, dell’Universitá di Salford, del Centre for Sustainable Innovation, e di Energy Innovation Agency, nonché il sostegnodi importanti realtá di settore quali GTS Logistics, IVECO Ltd, Pirelli e TECNO International.

Questa conferenza sulla transizione verde nei trasporti offre un’opportunità unica per le aziende italiane e britanniche di collaborare e discutere l’importante tema della sostenibilità nel settore dei trasporti. La partecipazione di istituzioni italiane e locali del Regno Unito sottolinea l’importanza di questa iniziativa e il desiderio di promuovere una visione condivisa di un futuro più sostenibile.

Il fatto che la Greater Manchester Combined Authority abbia stabilito l’obiettivo “Carbon Neutral 2038” dimostra l’impegno delle autorità locali verso la riduzione delle emissioni e la promozione di pratiche più ecologiche. Questa conferenza offre un’opportunità preziosa per imparare da tali iniziative e contribuire a una visione condivisa di un futuro verde.

L’evento si svolgerà il 15 novembre 2023 presso il Lady Hale Theatre, University of Salford.

Per registrarti all’evento, si può visitare questo sito web.