Andrà in onda il 23 luglio su Raidue “Generazione di fenomeni – La migliore squadra di Pallavolo del XX secolo “, il documentario Sulla Italvolley degli anni 90 con la colonna sonora di Dirmitri Scarlato.
L’opera prima di Luisella Mazza si aggiudica il Premio Troisi 2024
A meno di un anno dalla presentazione londinese del libro d’esordio Bum Bum Bum, Luisella Mazza si racconta tra premi prestigiosi e l’arte di scrivere.
Luisella Mazza è una scrittrice genovese con base a Londra, ma con la valigia sempre pronta; ci concede infatti l’intervista nel bel mezzo del suo ultimo viaggio. Le sono personalmente grata perché intuisco la sua agenda tiranna non le lascia molto spazio.
Riprendiamo la nostra conversazione iniziata ante tempore del lancio londinese di Bum Bum Bum alla Estorick Collection of Modern Italian e scopriamo insieme cosa è cambiato da quando il battito di Oscar, protagonista del suo libro, l’ha portata lontano.
Luisella Mazza vince il Premio Troisi 2024
Cominciamo dall’oggi,ovvero dall’ultimo riconoscimento: vincitrice della XXIV Edizione Del Premio Massimo Troisi 2024 per Migliore Scrittura Comica organizzata dal comune di San Giorgio a Cremano. Puoi dirci qualcosa in merito alla tua partecipazione?
Grazie dell’entusiasmo! Vincere il Premio Troisi 2024 per la migliore scrittura comica è un grande onore ed una grande soddisfazione. La partecipazione al Premio Troisi è stata un’evoluzione naturale del percorso del mio esordio editoriale con il romanzo “Bum Bum Bum”. A partire dalla pubblicazione per Fazi editore a luglio dello scorso anno, il romanzo è stato accolto positivamente, con vari momenti particolarmente significativi che mi hanno portato da Londra a diverse città italiane.
Tra tutte ricordo con particolare soddisfazione la presentazioni in libreria a Firenze, Milano, Santa Margherita e Genova, la presentazione al Circolo dei Lettori a Torino, e le giornate del Book Pride Festival, con le conversazioni curate dalla scrittrice Ester Armanino e dalla giornalista Marzia Fontana. E poco dopo, ad ottobre dell’anno scorso, la nomina ad Ambasciatrice di Genova nel Mondo. Insomma, il battito di Bum Bum Bum si e’ sentito forte in tante occasioni.
Tra non molto scopriremo Luisella Mazza anche nella veste di giurato: fa parte infatti del panel giudicante del concorso letterario Match Point 2024, indetto come ogni anno dal Circolo (Chi siamo – Il Circolo) sotto il patronato del Consolato Italiano e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Chiediamo del concorso e in particolare del suo approccio come giurata, dei criteri di valutazione che intenderà’ adottare. Ci confida la scrittrice:
Proprio così, si tratta della mia prima esperienza da giurata nell’ambito della letteratura.
La giuria per il concorso MatchPoint
Questo concorso è una fantastica opportunità per chi ama scrivere in italiano e vive nel Regno Unito. L’organizzazione è guidata dall’Associazione il Circolo, in collaborazione con la scuola di scrittura Londra Scrive e con il patrocinio del Consolato Italiano a Londra. Il tema di quest’anno – “Futuro o no?” è quanto mai attuale, e ci invita a riflettere sul futuro nella più ampia accezione del termine. Si tratta della terza edizione del Concorso, che è cresciuto di anno in anno per partecipazione e prestigio. Uno degli aspetti che trovo particolarmente significativi nel bando di partecipazione è l’attenzione editoriale riservata ai partecipanti. Infatti, oltre ai quelli in denaro, tra i premi c’è anche la pubblicazione dei racconti finalisti su una delle più influenti riviste di letteratura contemporanea, La Cattedrale. Inoltre, ai tre finalisti verrà anche offerto un editing professionale del loro lavoro. Queste opportunità sono uniche nel panorama dei concorsi letterari, e testimoniano l’impegno degli organizzatori di MatchPoint a supportare l’entusiasmo ed il talento nello scrivere, anche attraverso riconoscimenti davvero d’eccezione.
Brevemente su come valuto uno scritto, credo che in primis per me sia fondamentale “sentire” la voce dell’autore. Se l’autore ha trovato un suo modo di esprimersi che sento originale e di carattere, penso sia un ottimo segnale di aver trovato uno scritto promettente.
L’esperienza con Londra Scrive
In passato hai parlato dell’utilità dei corsi di scrittura, nel tuo caso è stato Londra Scrive curato da Marco Mancassola. Puoi parlarci dei “tools” che questa esperienza ha aggiunto al tuo talento?
La scuola di scrittura Londra Scrive ed il percorso di editing svolto con Marco Mancassola sono stati per me fondamentali e hanno aggiunto molti strumenti cruciali per il mio esordio editoriale. Tra i più importanti per me c’è stato l’ascolto: ho potuto sperimentare il significato del trovare la propria voce narrativa. Infatti, spesso durante le lezioni ognuno di noi partecipanti condivideva i propri esercizi di scrittura settimanali leggendo a voce alta. Poter leggere e ascoltare diverse voci narranti è stato fondamentale per costruirne una originale. Un secondo strumento per me importante è stato avere orizzonti temporali regolari: scrivere con scadenze precise – ad esempio, settimanali – mi ha aiutata a trovare il ritmo per proseguire autonomamente anche successivamente ai corsi, durante il percorso di editing con Marco Mancassola.
Qualche consiglio che avresti voluto ricevere quando hai cominciato a scrivere?
Ricordarsi che scrivere è soprattutto riscrivere: ci si accorge dell’importanza dell’editing solo dopo averlo fatto. Con questo consiglio forse non mi sarei arrovellata troppo a cercare il giro della frase perfetto alla prima stesura, ed avrei aspettato con più pazienza di arrivare a una seconda (o terza, o quarta!) riscrittura per decidere che cosa funzionasse, e cosa no. Inoltre, ci sono alcune cose molto semplici che trovo utili ogni giorno e che chiunque può mettere in pratica per “incastrare” tutto. Scrivere secondo un piano: non funziona per tutti, ma avere già in mente la direzione in cui si procede semplifica molto il processo di scrittura.
Traduciamo Bum Bum Bum in inglese
La tua base è a Londra, Bum Bum Bum è pubblicato dalla Fazi Editore. A quando la pubblicazione in inglese?
La traduzione di Bum Bum Bum è un processo su cui sto ancora lavorando. Si riuscirà a tradurre il romanzo mantenendo la voce personale e originale di Oscar? Una delle cose che più mi incuriosisce e spaventa al tempo stesso sarà l’effetto sui lettori: riuscirà Oscar a conquistare lettori stranieri con un cuore che si esprime in modo tanto incomprensibile? Spero di sì, e spero di scoprirlo il prima possibile.
Editoria in Italia VS Editoria in UK
La risposta di Luisella Mazza apre un altro quesito sulla differenze tra l’editoria italiana ed estera. La Mazza puntualizza:
Una delle differenze fondamentali secondo me è la diversità culturale e linguistica a cui gli editori stranieri sono abituati. Sebbene la storia sia piena di scrittori che non scrivono nella propria lingua d’origine – pensiamo a Joseph Conrad, Muriel Spark, Samuel Beckett tra gli altri – questo accade poco spesso tra gli scrittori pubblicati in Italia. Invece all’estero è un fenomeno non solo normalizzato, ma anche strumento d’innovazione. Pensiamo ad esempio alla “Chutnification” coniata da Salman Rushdie in “Figli della mezzanotte“: un termine che celebra il suo plurilinguismo, legato alla sua eredità indiana e britannica, e all’importanza di mantenere le radici culturali e linguistiche che insieme definiscono la sua personalità di scrittore. In Italia alcune felici espressioni in questo senso sono quelle di Jhumpa Lahiri, scrittrice bengalese-americana e Premio Pulitzer, che ha scelto di adottare l’italiano per la sua scrittura con grande successo di pubblico e critica, e di Adrian Bravi, scrittore argentino di lingua italiana, candidato al Premio Strega di quest’anno.
Fondamentale è trovare la propria voce
Per ovviare ai rifiuti o ai silenzi delle case editrici italiane, molti autori si affidano al self publishing o nei peggiori dei casi, si lasciano abbindolare e pagare per essere pubblicati, chiaramente a discapito della qualità (libro senza revisioni, editing). Secondo te quali sono gli steps necessari per arrivare alla pubblicazione?
Credo che lo step fondamentale sia uno in particolare: trovare la propria voce narrativa. Una voce unica, originale e irripetibile si fa strada, secondo me, sia che lo scrittore decida di affidarsi al self publishing, sia ad una casa editrice. Quindi ancora più importante trovare un bravo editor che sappia ascoltare e far emergere questa voce: anche questo è un ottimo passo per approcciarsi al mondo editoriale e decidere quelli successivi alla stesura del romanzo. Infatti il giudizio dell’editor professionista non è sempre facile da ascoltare e fare proprio, e questo è un buon allenamento per decidere se si preferisce procedere in modo indipendente oppure affidarsi ad una casa editrice, con tutti i processi che comporta.
Potresti parlarci del prossimo progetto a cui stai lavorando, sappiamo che hai l’abitudine di leggere a voce alta quello che scrivi… O meglio chiedere ai tuoi vicini?
Sto lavorando a vari progetti, tutti a discapito del buon vicinato! Scherzi a parte, oltre a lavorare al mio secondo romanzo, mi piace scrivere anche in formati brevi. Uno dei privilegi di vivere a Londra è poter sperimentare la sua offerta culturale e artistica, e vorrei continuare a condividere queste esperienze. Ad esempio di recente ho scritto una riflessione sull’opera di Marina Abramović, ispirata dalla retrospettiva della Royal Academy of Arts, pubblicato da Nova Express Magazine. Mi affascina l’opera di Judy Chicago, in mostra al momento alla Serpentine Gallery, e spero di poter vedere presto pubblicata una riflessione ispirata dal suo lavoro.
Restando in tema di cuore, hai qualche libro a cui sei particolarmente affezionata e perché?
Difficilissimo scegliere. Ho riscoperto l’affetto per i libri letti all’Università, dove ho studiato lingue straniere. Tra tutti in particolare “Platero y yo”, di Juan Ramón Jiménez, autore spagnolo premio Nobel per la letteratura nel ’56. Ho amato questo piccolo capolavoro dolce e gentile come il suo protagonista, l’asinello Platero, durante gli studi di letteratura spagnola. Sono stata felice di ritrovarlo e amarlo come allora, dopo tutti questi anni.
Che libro stai leggendo ora che vorresti consigliare, audiolibro o cartaceo?
Ultimamente ho riscoperto il valore degli e-book e ho ripreso in mano il mio vecchio lettore e-book con grande soddisfazione. Detto questo, il libro che sto leggendo al momento è su carta: “Hunger makes me a modern girl”, di Carrie Brownstein. Lei è la cantante e chitarrista della band Sleater-Kinney, e il prologo inizia con l’ammissione di Carrie di essere arrivata al punto di desiderare solo di distruggere la band. Se pensiamo che il loro nuovo album è uscito quest’anno, dopo trent’anni di carriera (e vari anni di pausa), evidentemente qualcosa deve averle fatto cambiare idea…Come e perché lo scoprirò tra poco nella lettura, credo, e non vedo l’ora: lo stile asciutto, autobiografico e assolutamente non celebrativo di Brownstein ti cattura dalla prima pagina.
Il battito di Bum Bum Bum ti sta portando molte soddisfazioni, se potessi seguire il tuo battito (senza pensare), dove ti porterebbe?
Uno dei riconoscimenti ottenuti dopo la pubblicazione del romanzo è stato quello di Ambasciatrice di Genova nel mondo, lo scorso anno. Se potessi, vorrei conoscere meglio i luoghi in cui la cultura genovese ha giocato un ruolo importante nella storia locale. Un esempio su tutti Istanbul, ed in particolare il quartiere di Galata, con l’omonima Torre costruita dai genovesi nel quattordicesimo secolo. La mia ultima visita ad Istanbul è stata troppo breve per approfondire i legami tra la mia città d’origine e questa città piena di storia, e mi piacerebbe tornare per un periodo più lungo.
La domanda che nessuno ha osato fare
Qual è la domanda che avresti voluto ti facessero ma nessuno l’ha ancora fatta?
“Ma cosa succederà a Maria?” Maria è l’ex-compagna di Oscar, in Bum Bum Bum, che alla fine del romanzo scompare in un modo un po’ sibillino. Per diverse ragioni in tanti riescono ad immedesimarsi con Oscar, ma solo in pochi con Maria. Ancora meno sono quelli interessati a sapere cosa le succederà alla fine della storia. Chissà che Maria un giorno non torni a riprendersi la scena!
Per concludere, potresti descrivere la scrittura associandola a un quadro (so che sei appassionata d’arte) o a un libro?
Non è un vero e proprio quadro, ma se potessi scegliere una sola grande, continua fonte di ispirazione per la scrittura, sceglierei il lavoro di Richard Long, artista britannico contemporaneo ed esponente fondamentale della Land Art, ed in particolare l’opera “A line made by walking”. Long ha realizzato l’opera semplicemente camminando avanti e indietro in un campo per creare una linea d’erba appiattita, visibile solo da certe angolazioni. Che cosa c’è di più semplice di una linea tracciata camminando? Eppure, nella sua semplicità, questa linea è la testimonianza di un viaggio, seppur breve, ed è espressione dell’energia impiegata per compierlo. Credo che sia una metafora perfetta, secondo me, del viaggio e dell’avventura dello scrivere.
“Bum bum bum”di Luisella Mazza lo trovate nella Collana Le Meraviglie della Fazi Editore al link Bum bum bum – Luisella Mazza | Fazi Editore
3,2,1 Action! Final cut (per ora?) – Di eventi così ne abbiamo bisogno!
Madonna del Carmelo, il 21 luglio a Clerkenwell la tradizionale processione
Domenica 21 Luglio la parrocchia londinese di St Peter’s Church a Clerkenwell festeggia la Madonna del Carmelo, in una giornata che coniuga valori religiosi, folcloristici, culturali, storici e sociali.
Cosa siamo nel buio, un successo le presentazioni di Tobia Rossi in tutta Italia
Tobia Rossi ha trasposto nel racconto Cosa siamo nel buio la sceneggiarura di Hide and Seek, che ha debuttato a marzo al Park Theatre di Londra.
Cosa siamo nel buio, un successo le presentazioni di Tobia Rossi in tutta Italia
Continua il successo di Cosa Siamo Nel Buio (Mondadori Editore). L’opera letteraria di Tobia Rossi, drammaturgo, sceneggiatore e story editor, segue la messa in opera della piece teatrale Hide and Seek (sempre a firma di Rossi), che nello scorso mese di Marzo è stata rappresentata al Park Theatre di Londra per la Zava Productions, riscuotendo un buon successo di pubblico.
Questa stessa piece ha preso vita dalla drammaturgia, sempre di Rossi, Nascondino, che a sua volta ha ispirato questo romanzo, dopo aver vinto il Mario Fratti Award 2019 ed essere andato in scena in Italia, a Londra e New York.
Cosa Siamo Nel Buio narra di Gio, che va in seconda liceo, ed è convinto che nessuno lo ami, sia in famiglia che tra i compagni di scuola. E ne è talmente convinto che decide di sparire lasciando come unico indizio una serie di video sul suo profilo TikTok. Va a nascondersi in una remota grotta nel bosco, forse per non essere trovato o forse perché qualcuno finalmente si accorga di lui.
Così quando Mirko – il compagno di scuola che Gio osserva da mesi – scopre per caso il suo nascondiglio, le cose cambiano. Mirko diventa un complice, torna a trovarlo nella grotta per raccontargli cosa sta succedendo fuori: le ricerche della polizia, i servizi in TV, le visualizzazioni del suo profilo TikTok che crescono ogni giorno. Finché il legame tra i due si stringe, rivelando davvero ciò che Gio e Mirko sono nel buio: due anime spezzate in cerca di uno spiraglio di luce.
Adesso quindi tocca al libro continuare a far parlare di sé e in Italia, già da fine Maggio, sta riscuotendo un buon successo di pubblico anche grazie al programma di presentazioni dal vivo in località e situazioni interessanti.
Prima a Milano, presso la Libreria Noi (https://www.noilibreria.it) un luogo creato con l’obiettivo di costruire una comunità di lettori non solo attraverso la vendita di libri ma con eventi, incontri, laboratori. “Il luogo perfetto per presentare questa storia” lo ha definito lo stesso Tobia.
Alla presentazione milanese ha partecipato Gianluca Nativo, giovane autore con già due romanzi all’attivo, entrambi editi da Mondadori. “Ci siamo conosciuti a scuola (è anche un insegnante) – ci ha detto Tobia – abbiamo scoperto un interesse in comune per una certa letteratura per ragazzi, oltre che per la scrittura, e lui con grande generosità mi ha accompagnato in alcuni eventi di presentazione del mio romanzo, facendomi da relatore.”
Altri appuntamenti hanno fornito l’occasione per incontrare dal vivo Tobia Rossi e il suo libro: la Pride Week di Alessandria a fine Maggio e la kermesse Mare di Libri a Rimini a metà Giugno.
E altri ancora ce ne saranno: di nuovo a Milano (al teatro Franco Parenti il 4 ottobre), in Valtellina, nel Monferrato e in Sardegna.
“Io spero tanto che il libro possa anche approdare all’estero – ci confida Tobia – credo che le tematiche che tratta siano universali e quello che accade nel piccolo paese di Mirko e Gio, un paese identificato nel nord dell’Italia, possa accadere tranquillamente ‘alla periferia di qualsiasi impero’. E poi il pubblico britannico, ad esempio, ha già conosciuto e apprezzato la storia attraverso lo spettacolo Hidend Seek, che è stato da poco in scena al Park Theatre, ottenendo un buon consenso di pubblico e critica”.
Nel frattempo, chi ha visto a Londra Hide and Seek (o se l’è persa e vuole recuperare) quindi vuole leggere il libro, può acquistarlo on line, o sul sito di Mondadori https://www.ragazzimondadori.it/libri/cosa-siamo-nel-buio-tobia-rossi-9788804781783/ o alla pagina Cosa siamo nel uno su Amazon.
Anche perché, come ha spiegato l’autore “questo romanzo amplia il racconto del testo teatrale, crea tutta una serie di percorsi, di personaggi secondari. Dice tutto quello che nel testo teatrale non viene detto, per una questione di sintesi. E’ come se fosse una versione ampliata di quella storia e del suo mondo”. Se avete amato Hide and Seek, non potrete non amare anche Cosa Siamo Nel Buio.
Il talento ribelle di Dee DeLuca – dallo stage (italiano) non retribuito a Anthony Hopkins
Daria Dee DeLuca, cantante e attrice italiana pluripremiata, è una dei numerosi cervelli in fuga, o come preferisco definirli io, talenti ribelli che l’Italia non ha accolto come avrebbe dovuto. L’abbiamo vista performare dal vivo nello spettacolo The White Rose. The Musical, e ci ha piacevolmente colpito la sua determinazione nel perseguire il mestiere dell’attrice, che, a pensarci bene, definirlo mestiere è riduttivo. Fare l’attrice è una scelta di vita. E a volte questa è una vita di merda.
Per vivere con dignità, molti artisti (pre Brexit) hanno scelto di lasciare l’Italia per l’Inghilterra, dove, come molto chiaramente ci ha spiegato in questa intervista la giornalista Sabrina Provenzani, non esiste una ”gerarchia degli interessi”. Certo non è facile inserirsi e distinguersi in un contesto così competitivo, soprattutto per la barriera che la lingua spesso può rappresentare, ma neanche impossibile.
Dee dunque, dopo aver studiato presso il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma, vola in Svizzera e continua la sua formazione con la soprano Leontina Vaduva, per poi completare gli studi presso la Royal Central School of Speech and Drama in Inghilterra. Come cantante lirica si è esibita a livello internazionale, e come attrice ha recitato in produzioni teatrali tra cui W.A.M Irony of Death, Il Processo di Kafka, Macbeth e Look at Your Palm, oltre che in film e nel videogioco Dead Man’s Phone. Abbiamo avuto il piacere di conoscerla meglio, e dunque ve la presentiamo.
Ciao Dee, grazie per essere qui con noi. Comincio col chiederti quando hai capito che volevi fare l’attrice?
Più o meno quando avevo sei anni, tutte le volte che eravamo a pranzo da mio nonno finivo sempre col fare le imitazioni di ogni membro della famiglia. Mi piaceva rappresentare ciò che vedevo dal mio punto di vista.
La vecchia e triste storia dello stage non retribuito
Cosa ti ha spinto ad andare via dall’Italia?
Dopo sette lunghi anni passati a studiare e due lauree, una in diritto internazionale e l’altra in canto lirico, purtroppo il mio amato Paese all’epoca poteva offrirmi solo stage non retribuiti e senza rimborso spese.
In più ogni casting call che trovavo su internet richiedeva per le attrici: “Bellissima presenza, altezza minima 173 cm, preferibilmente bionde”; a mio parere una rappresentazione un po’ limitata delle donne italiane; in fin dei conti non abbiamo avuto solo dominazioni austro-ungariche! -APPLAUSE-
Una situazione che mi ha altrettanto rattristata è stato vedere che un paese ricco di cultura come il nostro, non stesse (e non stia) investendo tanto sulla cultura. Quando me ne sono andata l’Eliseo e il teatro dell’Angelo avevano chiuso, e a seguito di una lunghissima occupazione il teatro Valle, in cui incontrai anche Elio Germano, venne privatizzato.
Il teatro e il suo forte valore sociologico
Perché proprio il teatro?
Ho imparato ad apprezzarlo sin da piccola, sia per i saggi di danza che facevamo con la scuola, sia per le opere e la stagione sinfonica che andavo a sentire con mia mamma. Il teatro è una cucina di emozioni, storie, sentimenti, ideologie, praticamente uno spaccato di ciò che è l’essere umano; dove per un paio d’ore puoi assaporare un’altra versione della realtà, a cui forse non avevi nemmeno pensato. La catarsi di cui parlavano i greci avviene tutt’oggi, quindi ha anche un forte valore sociologico.
Quella volta con Anthony Hopkins
L’esperienza più significativa della tua carriera fino ad ora?
In realtà sono state due, aver avuto come “insegnante” Ferdinando Ceriani, il figlio di Martine Brochard; ed essere stata sul set con Anthony Hopkins nel 2018 in King Lear diretto da Richard Eyre.
E’ stata un’esperienza mistica e quasi surreale poter vedere un attore di 86 anni recitare sotto la pioggia Shakespeare in modo così brillante, senza esitazioni, e mantenersi umile per tutto il processo; ha anche chiesto a noi altri attori se avevamo freddo e se stavamo bene.
Non di solo talento è fatta un’artista
Che vuol dire essere una brava attrice?
La stessa cosa che vuol dire essere un bravo musicista o un bravo avvocato. Bisogna essere preparati, professionali, umili e fare il proprio mestiere con passione.
In Italia c’è un po’ la credenza mistica che essere un attore, cantante, musicista, pittore o qualunque cosa legata alle arti sia una dote innata. Uno dei miei ex colleghi di conservatorio, Alessandro Mazzamuto, vincitore del premio Marta Argerich al Busoni era sempre a studiare. Suonava già il terzo concerto di Rachmaninoff a 15 anni, ma studiava otto ore al giorno. Senza quel lavoro la sua attitudine e passione non sarebbero bastate per avere successo.
Appello all’Istituto Italiano di Cultura a Londra: date più spazio agli artisti emergenti
Che rapporto hai con la cultura e gli eventi legati alla comunità Italiana di Londra?
Cerco sempre di partecipare ad eventi come concerti, book clubs e serate organizzate dalla comunità italiana a Londra.
Mi piacerebbe che L’istituto Italiano di Cultura a Londra desse più spazio agli artisti emergenti, sia in campo teatrale che musicale, organizzando più eventi. Quello di Lisbona per esempio ha messo su già tre spettacoli in italiano nell’ultimo anno.
Torneresti a recitare in Italia?
Certamente, purché prendano la mia professione seriamente, senza ma e forse per quanto riguarda le retribuzioni, e mantenendo il rispetto verso l’attore come con ogni altro professionista.
Nessuno ferma Dee DeLuca
Progetti futuri?
In questo mese ho uno shoot per una serie ed un altro per un film di Bollywood, e sono stata invitata a tenere una masterclass di canto lirico al Orbifold Global Music Festival che si terra in Sicilia.
Io e la mia collega vorremmo inoltre portare “2 Ordinary”, tradotto da “Due Qualunque” di Carlo Picchiotti al Soho theatre di Walthamstow, e nel frattempo con l’autore stiamo buttando giù una prima bozza per un film basato su “Il Metodo Taddeo”, dello stesso autore, ambientato a Roma.
Vi presento Roberto Costa (come non lo avete mai visto)
Recentemente ho avuto il piacere d’intervistare Giorgio Poggio, Managing Director di BRIT CUSTOMS e Director di ICCIUK, concentrandoci sulle sfide che le imprese italiane in UK hanno affrontato e stanno affrontando nell’ottica del post-Brexit/post-Pandemia. Per offrire un quadro ancora più approfondito sul futuro della Camera di Commercio e Industria Italiana nel Regno Unito e le azioni che si vogliono portare avanti nell’imminente futuro, abbiamo rintracciato il neo eletto Presidente, Roberto Costa. Ad accompagnarlo per un anno sarà proprio il Presidente Alessandro Belluzzo che agevolerà il passaggio di consegna grazie alla sua pluriennale esperienza e longeva carriera in seno alla Camera di Commercio.
Nella fase conoscitiva, quella del contatto umano tra due individui, è assai difficile bypassare tutti quei filtri che generano o sono diretto risultato dei cosiddetti bias sociali e culturali che ci trasciniamo dietro. Volente o nolente, la comunicazione gioca su una serie di livelli che rendono difficile estrapolare dagli interlocutori l’autentica storia della donna o dell’uomo dietro il loro lavoro. In questo caso, dell’uomo Roberto Costa dietro l’imprenditore Roberto Costa.
La forza di cambiare
Ci sono volte però in cui, per un caso fortuito o meno, si riesce a stabilire un ”contatto” appunto, che supera le etichette e le formalità, arrivando ad uno stato, mi viene forse impropriamente da definire ”naturale” di scambio reciproco. Per introdurre questa intervista parto dunque da un punto preciso della mia conversazione con Roberto, in cui ha affermato:
”Sono moltissimi anni ormai che faccio questo mestiere -l’imprenditore- e credimi, devo ancora imparare tantissimo perché continuo a commettere un sacco di errori. Hai presente la frase ‘’errare è umano, perseverare è diabolico?’’ ecco io sono diabolico. Faccio errori su errori però poi la maturità di un uomo sta proprio nel rendersi conto che, nonostante tu abbia creduto in un’idea per tutta la vita, se alla fine ti rendi conto che questa è sbagliata, ritorni sui tuoi passi. Bisogna cambiare e avere la forza di cambiare, perché gli uomini meno interessanti che conosco sono quelli che dicono ”Ormai ho 40 anni, così sono e così rimango’’.
La storia di Roberto Costa, che apre l’intervista mettendosi immediatamente in discussione, all’alba della sua elezione, è stata snocciolata raccontando più o meno dettagliatamente la sua scalata verso il successo. Il successo però, mi ha detto Roberto, non può essere misurato solo sul singolo. Come disse il rivoluzionario e pensatore russo Michail Alexandrovič Bakunin ”Nessun uomo può emanciparsi altrimenti che emancipando con lui tutti gli uomini che lo circondano’’. Roberto, che inizia il suo percorso nell’amata Genova, precisamente nella trattoria in via Francesco Rolla, acquistata da suo padre nel 1990, ha ricordato i tempi in cui, facendo il cameriere, era essenziale non farsi trovare mai impreparato, capire le necessità della persona che ci si trovava davanti, e lavorare in sinergia con l’ambiente e con il team.
Il resto del racconto, tanto dell’uomo quanto dell’imprenditore, prosegue nelle sue parole.
Roberto, innanzitutto congratulazioni per la tua elezione come Presidente della Camera di Commercio Italiana nel Regno Unito. Puoi raccontarci qualcosa sulla tua visione e sui tuoi obiettivi principali?
Grazie! Dunque la mia campagna è stata focalizzata su diversi punti chiave, uno dei quali è e rimane l’incremento della presenza femminile nel board della Camera. Mi fa piacere condividere che, proprio pochi giorni fa, siamo passati da una sola donna a tre nel nostro board. Abbiamo accolto Luisa Bossi, avvocato dello studio Grimaldi, e Francesca Griffiths, fondatrice e Managing Director di Casa Londra. Questo è solo l’inizio.
Sostenere l’imprenditoria femminile
È un obiettivo molto importante, se non imprescindibile. Ci sono programmi o incentivi specifici dunque per sostenere l’imprenditoria femminile all’interno della Camera?
Sì, stiamo lavorando su vari progetti. La nostra visione è creare un ambiente che supporti e promuova le capacità imprenditoriali delle donne. Crediamo fermamente che molte donne possano portare un grande valore aggiunto alla Camera di Commercio. Stiamo creando dei desk specializzati per sviluppare progetti e incentivi rivolti alle imprenditrici.
In recenti interventi si è dato conferma che la Camera di Commercio sta affrontando diverse sfide. Puoi parlarci di questo e delle priorità attuali?
La Camera di Commercio, che ricordo essere un ente privato e senza scopo di lucro, sta vivendo un periodo particolare tra sterzate e accelerate, dovute a eventi straordinari come per esempio i problemi logistici che abbiamo avuto con la sede della Camera stessa. La nostra priorità ora è riprendere possesso dell’ufficio e creare un sistema nuovo per la Camera di Commercio. L’idea che ho in mente (che dovrà eventualmente essere approvata dalla Camera stessa) è quella di trasformarla in un members club per agevolarne la crescita, favorendo connessioni direttamente dalla sede. Gli associati potranno utilizzare gli uffici nel pieno centro di Londra, a Oxford Circus, come fossero i loro, aumentando così l’attrattività della Camera e di conseguenza amplificare anche i servizi offerti.
Quali sono le tue visioni a lungo termine per la Camera di Commercio?
La mia visione è che le Camere di Commercio devono essere indipendenti e autosufficienti. Devono operare come imprese, erogando servizi di qualità e creando reti virtuose. Sono stato recentemente selezionato per far parte del comitato esecutivo creato da AssocamereEstero per la riforma della stessa AssocamereEstero, un riconoscimento che ci aiuterà a influenzare la riforma del sistema camerale mondiale. Vogliamo dimostrare che una Camera di Commercio può portare un valore aggiunto significativo, e l’incentivo del governo, in tal senso, rappresenterebbe un plus.
Come possono gli imprenditori italiani in UK diventare membri della Camera di Commercio?
Associarsi è semplice e i costi variano a seconda del tipo di associazione, partendo da un minimo di £360 all’anno per l’associazione base fino a £2400 per quella premium. Offriamo vari servizi, incluse consulenze mirate, che avvicinano i professionisti ai potenziali clienti.
La formazione come chiave del successo
Nei tuoi interventi, hai ribadito più volte l’importanza della formazione. Cosa prevedi in seno alla tua visione per quanto riguarda l’educazione dei giovani imprenditori?
Stiamo creando l’accademia Matooro in collaborazione con la European School of Economics di Marylebone. Questa accademia fornirà una formazione teorica e pratica per gli iscritti, inclusa la possibilità di ottenere la visa. Crediamo fortemente nella formazione come chiave del successo, soprattutto dopo il COVID-19 e le dinamiche educative che ha creato e che hanno ridotto la soglia di concentrazione dei giovani, e non solo. Vogliamo mantenerli interessati e impegnati.
Ovviamente bisogna investire sui giovani, sul futuro, presumibilmente con la volontà di migliorarlo e di migliorare i servizi, ma che mi dici di tutte le persone, tutte le imprenditrici, gli imprenditori italiani qua in UK che hanno subito un colpo durissimo post pandemia e con l’entrata in vigore di Brexit? Trovano posto nell’ottica della formazione e dei servizi offerti?
Io sono entrato per un motivo ben chiaro, per cercare nel mio piccolo di poter dare un contributo e cambiare la Camera di Commercio. È sempre stata gestita molto bene dal Presidente Simonelli per ben 40 anni, senza contare l’imprescindibile lavoro del Presidente Belluzzo nel gestire la camera durante il dificilissimo periodo tra Covid e Brexit. Inevitabilmente però in 40 anni molte cose cambiano.
Bisogna implementare, essere dinamici e camaleontici e io voglio dare un contributo. Noi siamo italiani, nel nostro DNA c’è la capacità di trovare sempre una soluzione e non lo dico tanto per dire. In un’accezione positiva, possiamo affermare che troviamo una soluzione ad ogni problema. La Camera di Commercio italiana in UK deve esprimere il meglio dell’italiano e il meglio della politica anglosassone: velocità, meno burocrazia, essere più smart e dinamici. Altrimenti, che senso ha vivere in un altro paese senza assimilarne il meglio?
La Camera di Commercio va vissuta
Molti hanno tentato di reinventarsi in vari modi. C’è molta ignoranza, e la paura è alimentata dall’ignoranza. Che messaggio vuoi mandare a chi ci legge per definire i piani della Camera di Commercio?
Come dicevo, dobbiamo cambiare l’idea della Camera di Commercio percepita come un’entità irrigidita dalla burocrazia. Deve essere un filtro tra l’imprenditore e il paese in cui si trova, con tutte le regolamentazioni e le regole da seguire. In questo senso, l’idea del members club non è affatto banale. La Camera di Commercio deve essere vissuta, offrendo servizi che agevolano il lavoro.
Assolutamente. Ho visto che state organizzando degli incontri di networking, e lavorando su nuovi progetti.
La Camera di Commercio deve avere una struttura e un metodo ben preciso. Stiamo tentando di riformarla dalle fondamenta. Ad esempio, stiamo lavorando su un progetto chiamato “Savor Piemonte” con la Camera di Commercio di Torino e Slow Food, per supportare le aziende agroalimentari piemontesi nell’espansione sui mercati internazionali attraverso formazione, visibilità online e assistenza individuale. Vorrei però creare un circuito di ristoranti, non solo a Londra, ma in tutta UK. La Camera di Commercio deve essere attiva in tutta UK, non solo a Londra. I progetti devono coinvolgere tutto il Regno Unito.
La storia di Camillo Bistrò – la leggi e ti arriva un regalo
Raccontavo giorni fa in questo articolo di quanto gli eventi come l’Italian Christmas Market siano preziosi per aggregare la comunità italiana (e non), dando vita a dei progetti collaterali inaspettati. È il caso di Camillo Bistrò, nato dall’incontro di giovani imprenditori, gli chef e CEO di Ravioli & Friends Marco Raimondi e Luigi Brontesi, e la business woman Angelica Sykes che ha aperto The Italian Wine Shop. Uniti dall’intento di proporre prodotti di eccellente qualità, tra materie prime scelte con cura e lavorate minuziosamente, e vini italiani di produzione limitata, la componente umana e artigianale che ha plasmato Camillo a sua immagine e somiglianza lo ha fatto perché aveva qualcosa da dire.
Che storia raccontano dunque Marco, Luigi e Angelica? Risponderò a questo domanda tra poco, perché prima di passare al contenuto vorrei condividere con voi la ”cornice”, o se si vuole, ”il contenitore” dove Camillo Bistrò ha trovato casa: il 21 Sid Coffee.
Il 21 Sid Coffee è intriso di realismo magico
A raccontarci di questa caffetteria, deli, magico limbo dove arcani maggiori e minori si manifestano in affascinanti letture di tarocchi è la proprietaria Laura Lo Faro:
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Cosa hanno in comune Downton Abbey e I Pirati dei Caraibi? Lo abbiamo scoperto alla Shorts Night, l’anteprima del West London Film Festival del 4 luglio al Chiswick Cinema di Londra.
Con la musica nel sangue – Le musiciste Asia Bonuccelli e Beatrice Limonti si raccontano
Con la musica nel sangue. Così vivono, lavorano ed esprimono il loro valore artistico due musiciste estremamente talentuose che, nonostante la giovane età, si stanno imponendo nel panorama musicale londinese, tenendo alto l’orgoglio nazionale italiano. Una toscana, l’altra calabrese, hanno lasciato la terra d’origine pochi anni fa e in un lasso di tempo non così lungo sono riuscite a far parlare di sé. Rigorosamente in ordine alfabetico, Asia Bonuccelli (pianista e direttrice d’orchestra) e Beatrice Limonti (violinista). E’ così che vogliamo presentarvele nella doppia intervista che segue.
Solo poche sere fa la loro giovanissima creatura, la BriosOrchestra, composta da oltre cinquanta elementi, che le due musiciste hanno messo su insieme ad Antonio Morabito, pianista d’eccellenza che non ha bisogno di presentazioni, ha debuttato nel suo primo concerto in assoluto col patrocinio de Il Circolo Italian Cultural Association a Chiswick, St Peter’s Church, Londra.
Una serata dedicata alla musica di classe (Beethoven, Chopin più una piccola sorpresa che ci facciamo raccontare da loro), che ha registrato un grande successo di pubblico.
Nelle risposte di Asia e Beatrice c’è tutto quello che occorre sapere, per conoscere il loro talento, i sacrifici compiuti lungo la strada, la professionalità, la spontaneità e l’entusiasmo che le caratterizza. E anche il racconto di come il progetto BriosOrchestra è riuscito a farle incontrare.
Da quanto tempo suoni?
Asia: Sono originaria di Lido di Camaiore, ho iniziato a studiare pianoforte quando ero piccola, intorno agli 8-9 anni. Mia nonna era insegnante di pianoforte quindi ho iniziato con lei, successivamente ho iniziato a prendere lezioni con Riccardo Peruzzi al Conservatorio Boccherini di Lucca. Quattro anni fa, all’età di ventidue anni, mi sono trasferita a Londra, mi sono laureata qui al Royal Holloway, mi sono diplomata in pianoforte.
Dirigo da quando sono a Londra, ho iniziato all’Università, ho diretto vari ensemble, o anche l’Orchestra. Ho sempre desiderato avere la mia Orchestra, con Antonio (Morabito, n.d.r.) ci siamo incontrati, lui voleva creare una comunità, io volevo creare un’orchestra, quindi insieme abbiamo deciso di realizzare questo progetto. Successivamente si è aggiunta anche Beatrice.
Beatrice: Da che ho memoria nella mia vita ho sempre suonato. Ricordo quando avevo tre anni e vedevo mia cugina più grande suonare il pianoforte: quando era in pausa, mi avvicinavo al piano e riproducevo ad orecchio quello che lei aveva appena eseguito.
Fu già in tenera età che scoprii dunque di avere l’orecchio assoluto, oltre che una profonda passione per la musica.
Ma la passione, senza una buona educazione rimane spesso una passione e basta: io desideravo che la musica potesse diventare la mia vita. Avevo le idee chiare fin da ragazzina, e fu in quegli anni che decisi di iscrivermi al conservatorio.
Avevo 11 anni quando mi sono iscritta al Conservatorio “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza.
Nei dieci anni di studi ho conseguito tre lauree: il vecchio ordinamento di violino, il diploma di pianoforte e la laurea triennale di Jazz. Sono stati necessari tanti sacrifici per arrivare a quel punto, ma al contempo è sempre un piacere dedicare il proprio tempo a qualcosa che amiamo. Insomma, non è stato affatto facile, ma è stato bello. Non a caso, già mentre studiavo avevo iniziato a lavorare nel territorio calabrese approfondendo la mia passione per il jazz e il pop. Fu così che iniziai a collaborare con grandi nomi come Manuel Agnelli, Pooh, Franco Battiato, Serena Brancale e molti altri.
Quella di Londra è stata una scelta studiata oppure no?
A: In Italia c’erano tante cose che non mi piacevano, nonostante l’ambiente culturale sia molto bello, sotto il profilo musicale. Vedevo più prospettive per me all’estero, anche per studiare l’inglese. Ero indecisa se entrare in Conservatorio a Lucca per la Laurea oppure andare a Londra e fare qualcosa di diverso. Tra le due possibilità alla fine ho scelto di trasferirmi a Londra e provare a vedere cosa sarebbe successo.
B: Nel 2021 mi spostai a Londra per imparare l’inglese. Mentre ero lì ho iniziato ad interfacciarmi con importanti orchestre ed artisti del territorio londinese: mi innamorai della città e delle sue opportunità, e da allora ho iniziato a costruire la mia vita qui a Londra. Iniziai a studiare il Master Degree in Violino Jazz presso RAM Royal Academy of Music sotto la guida del violinista cubano Omar Puente.
Dopo un 2023 all’insegna della burocrazia – sai, nel post-brexit non è immediato trasferirsi nel Regno Unito – sono stata riconosciuta come Global Talent dall’Arts Council of England e ho ricevuto finalmente il mio Visa, che mi permette di lavorare a tempo pieno in UK.
E’ stato proprio negli ultimi mesi di questa mia procedura che sono venuta in contatto con Antonio Morabito ed Asia Bonucelli.
Com’è nata la BriosOrchestra?
A: E’ nata perché io avevo sempre avuto il desiderio di avere una mia orchestra, avevo avuto sempre il sogno di fare le mie masterclass o di studiare un certo tipo di repertorio, provandolo e facendo dei video che per le competizioni sono sempre molto utili, oppure un piano-concerto dove sia suonare che dirigere. Tante idee che però per diversi motivi (come gli esami universitari a Londra) non ero mai riuscita a realizzare. Ho sempre dato la priorità ad altro. Poi a un certo punto qualcosa mi ha spinta a dedicarmi per davvero alle mie cose. In quel momento ho incontrato Antonio, abbiamo iniziato a parlare e abbiamo capito di avere tanto in comune, quindi ci siamo detti ‘ok, costruiamo un’orchestra’. Da lì abbiamo trovato la chiesa, a Chiswick con Padre Fabrizio che valorizza tantissimo la musica, gli artisti e dà la possibilità ai giovani musicisti di suonare, cantare, organizzare eventi.
Successivamente si è aggiunta Beatrice, lei è la manager dell’orchestra, è anche responsabile dei social media, bravissima. Praticamente l’orchestra l’abbiamo costruita io e lei.
B: Conoscevo i successi di Antonio sui social, le news sui concerti e in collaborazione con il Circolo.
Conosceva bene il mio legame con la mia terra, ma al contempo il mio entusiasmo nel volermi buttare a capofitto in nuovi progetti qui a Londra. E’ per questo motivo che mi parlò del suo progetto di BriosOrchestra. Ciò mi ha portato a conoscere Asia, una direttrice d’orchestra d’eccezione con la quale si è instaurata subito una profonda intesa.
Se volessimo riassumere la tua attività concertistica cosa potremmo dire?
A: In questo momento sto facendo concerti, recital, sia per pianoforte che anche come soprano. Io sono soprano, quindi canto. Suono e canto nelle chiese locali, faccio masterclass. La prossima masterclass è programmata a Vienna nel mese di Luglio. Sono anche nel coro della BBC a Londra, faccio un po’ tante cose.
B: Attualmente lavoro come concertista internazionale con orchestre come la Ernest Read Orchestra, la London Opera Company, la Lambeth Orchestra e la London Euphonia Orchestra, dove ho collaborato con diversi direttori d’orchestra. La mia poliedrica attività musicale mi permette di lavorare non solo nello scenario classico ma anche in quello pop e jazz e collaborando con vari artisti e progetti musicali.
Recentemente ho partecipato come violino solista della cantante e compositrice Margarita Rayska in arte “Ryta Ray”, per il suo ultimo lavoro discografico che uscirà a fine del 2024. Ho avuto l’onore e il piacere di effettuare la sessione di registrazione ad Abbey Road Studios a Londra nello studio 6, dove i Beatles hanno registrato dal 1962 al 1969 gran parte dei loro successi. Studio e rigore tecnico si uniscono alla libertà dell’improvvisazione. Ho acquisito in poco tempo un’evidente versatilità, che mi permette di passare dal grande repertorio sinfonico a quello jazzistico. Uno spirito musicale che esterna l’allegria e la felicità dell’improvvisazione, partendo da un forte bagaglio artistico e classico.
Asia, vista anche la tua giovane età, se fossi rimasta in Italia pensi che saresti riuscita a diventare direttrice d’orchestra in tempi così rapidi?
Non so se sarebbe stato possibile nel contesto in cui ero, che è una realtà molto piccola. Recentemente ci sono tornata e ho visto più iniziative in ambito culturale, una cosa molto bella e apprezzabile, però quando sono partita io, era il periodo Covid, onestamente non vedevo così tante opportunità. Magari in città come Milano o in zone un po’ più ricche forse sì. Ma esattamente non saprei dirtelo. Non ne sono sicura. So solo che ho fatto una scelta: anziché andare in Conservatorio a Lucca, nonostante sia stata tanto affiancata dal mio professore, ho deciso di cambiare. Posso dire che qui in Università a Londra ho avuto tante opportunità, ho diretto tutto quello che potevo dirigere, ho organizzato cose per conto mio, come appunto questa orchestra. Non penso che nella mia zona avrei potuto organizzare un’orchestra mia.
Asia, le direttrici di orchestra sono ancora poche, numericamente parlando. Forse dovrebbero essercene un po’ di più?
Purtroppo c’è sempre stata una maggioranza di uomini, però ora vedo che cominciano ad esserci tanti programmi didattici qui per woman conductor, direttrici d’orchestra, per dare questa possibilità anche alle ragazze.
Asia, avete messo insieme qualcosa come 50-55 musicisti. Come li avete trovati?
Sì più o meno una cinquantina. Sono un misto di tutte le culture, la nostra orchestra si basa anche sull’inclusione, vogliamo portare questo messaggio del voler creare una comunità composta da tante culture diverse, aperta, e dare la possibilità agli studenti di Conservatorio e ai professionisti di fare esperienza di repertorio, tramite la nostra orchestra. E’ importante che prima di andare nell’ambiente professionistico si faccia tanta esperienza di repertorio. Questa iniziativa nasce anche per dare questa opportunità ai giovani.
Per trovare gli altri elementi ho chiesto ai miei contatti, Royal Holloway, RCM, amici degli amici, altri direttori d’orchestra. Ci si aiuta, siamo molto solidali tra noi.
Beatrice ha fatto lo stesso, lei poi suona regolarmente nelle orchestre.
Quali sono state le tue sensazioni alla vigilia di questa nuova avventura professionale con la BriosOrchestra?
A: Tanto lavoro da fare, studio dei brani al pianoforte… Un po’ spaventata ma anche fiduciosa, emozionata, contenta… non pensavo che si sviluppasse in così poco tempo, perché Antonio e io ci siamo trovati a Gennaio e in più o meno sei mesi abbiamo messo su tutto, è stato un processo abbastanza veloce, direi. Abbiamo coinvolto anche Il Circolo.
B: BriosOrchestra è l’intenzione di portare un’orchestra di stampo fortemente italiano qui nel territorio inglese. Una novità assoluta, alla quale tengo molto. Il mio compito da Manager e da Leader è stato quello di raggruppare più di 55 colleghi del territorio londinese e ispirarli a questa nuova realtà che mira a far conoscere i talenti italiani come il Mº Stefano Caputo, che ha gentilmente composto la colonna sonora dell’orchestra “Sunshine”, eseguita il giorno 5 Luglio 2024 (data dal primo concerto di BriosOrchestra, n.d.r.) come World Premiere.