Durante una chiamata con un caro amico dall’Italia, storico d’arte laureato cum laude e dunque impiegato sottopagato in tutt’altro settore, gli raccontavo della processione della Madonna del Carmelo che si è tenuta domenica 21 luglio nel quartiere di Clerkenwell. Ad un tratto, tra il serio e il faceto, mi ha domandato: ”ma gli anglicani come la prendono la processione?”
Una tradizione lunga 143 anni
La risposta, molto candidamente, è stata che da 143 anni a questa parte la prendono molto bene. Oltre al fatto che, come ci ha ricordato in questo articolo Annalisa Valente, la tradizione trova le sue radici anche nella storia religiosa britannica, la processione è, dal punto di vista sia storico che antropologico, un evento estremamente interessante.
Icone dei santi in Live Action
Partiamo appunto dal quartiere stesso che, grazie alla processione, alle bancarelle e alla sfilata dei santi e delle vergini in Live Action, ha richiamato a sé molti fedeli retrò: vecchi signori con la scoppola e signore imbellettate, fresche di parrucchiere.
Solidarietà e cibo su Market Street
Se non fosse per ”Ballo Ballo”di Raffaella Carrà sparata a tutto volume da una delle casse piazzata su Market Street, sembrava veramente di rivedere la Little Italy dei tempi andati. Invece, è bastato voltare l’angolo. Straordinariamente, insieme alle generazioni di migranti agée, a seguire i carri annunciati uno ad uno dagli altoparlanti, c’erano darkettoni, giovani studenti in pausa dagli esami, ragazze color oro-arancio vittime dello spray self-tanning, svariate mamme/nonne/zie, e curiosi da tutte le parti del mondo.
Invocare la protezione divina
D’altronde è bene ricordare che il potere temporale e quello spirituale, la politica e la religione, segnano il confine tra l’uomo e l’animale. E le processioni con le statue dei santi hanno una lunga tradizione che risale al Medioevo. Originariamente, erano un mezzo per esprimere la devozione religiosa pubblicamente e per invocare la protezione divina.
Unità sociale e identità collettiva
L’uso di statue o icone nelle processioni è radicato nella pratica cristiana (al contrario di religioni aniconiche come Islam ed Ebraismo) di venerare figure sacre, un modo per rendere tangibile il sacro e il divino. Durante il periodo medievale, le processioni erano anche momenti di unità sociale e identità collettiva. Probabilmente è proprio quest’ultimo aspetto a rendere l’evento ancor più sentito e atteso da un pubblico altresì eterogeneo, ma felice di poter contribuire alla beneficenza, con gli incassi devoluti alla St. Peter’s Church per sostenere le sue attività sociali e comunitarie.
Dopo 35 anni torna la statua di San Gennaro a Londra
Oltre al ricco programma tra carri, santi, preghiere, e fiumi di Aperol Spritz, che pare essere l’unica bevanda alcolica vendibile al di fuori degli italici confini, c’è stato un avvenimento eccezionale: il ritorno a Londra della statuetta di San Gennaro dopo ben 35 anni. Un’occasione che non solo riporta alla memoria tradizioni passate, ma illumina il volto di una Londra che evolve e si trasforma, mantenendo vivi legami storici e culturali. Fuori dalla chiesa, ad aspettare l’arrivo di Padre Andrea Fulci per celebrare messa, ho visto sei ragazzi vestiti con la stessa maglietta bianca indossata con orgoglio: stampata sopra di esse c’era proprio la sagoma di S. Gennaro che quei ragazzi, immortalati in un momento di relax, nicotina e riposo, avevano trasportato per le vie del quartiere.
Napoli e San Gennaro
Mi sono istintivamente avvicinata a loro per chiedergli di condividere con me l’avventura del ritorno di San Gennaro a Londra e il loro calore l’ho percepito come quando vai a Napoli e trovi un caffè pagato. Francesco, un ragazzo con la faccia pulita e i baffi da uomo, si è fatto da portavoce per gli altri ragazzi, anche per l’esuberante Nunzio: ”È un sogno che si avvera per tutti noi. La nostra comunità è più affiatata che mai, e questo ritorno rafforza i legami con le nostre radici. È come avere un pezzo di Napoli qui con noi.’‘ Le sue parole fanno da eco a quelle di chi in prima battuta si e’ preso carico e responsabilità della ”missione San Gennaro”: Mariagrazia e Davide.
Ci ha raccontato Mariagrazia: ”Ci tenevamo tantissimo a portare finalmente dopo 35 anni San Gennaro qui a Londra, è stata dura ma ce l’abbiamo fatta, e l’apporto di Davide è stato fondamentale.
Siamo entrambi napoletani, lui è del Vomero, io sono di Fuorigrotta, ovviamente tanto devoti a San Gennaro. Sappiamo che la nostra comunità qui a Londra è veramente vasta, se non sbaglio è la terza più grande, e quindi perché non portare di nuovo San Gennaro qui, a casa sua?”
La storia del Barone La Spina
Quando ho salutato i ragazzi, dopo aver assistito all’attesa apparizione delle colombe with confetti, ho sentito in lontananza un suono antico, familiare, dalle ancestrali radici. Seguendolo sono arrivata ad una corte e massiccia gradinata dove seduti c’erano tre signori, ma senza scoppola. Quel suono così riconoscibile nella memoria erano loro intenti a giocare a morra e avendo passato tutta la mia infanzia tra le colline laziali, di vecchi accaniti che giocavano a morra ne ho nella memoria una collezione più ampia di quella dei miei cucchiaini da tè.
Vengo per vedere le facce di cera
Mi sono poi fermata a chiacchierare con il signor Michele, anche detto Barone La Spina, arrivato a Londra tantissimi anni fa. Mi ha raccontato che prima trasferirsi in questa città aveva un senso ”Almeno quando sono arrivato io c’erano i punk. Ora arriva solo la feccia, ecco perché questi hanno votato Brexit”. È una frase fatta ma con il cuore di Michele che sembra essersi indurito. ”Ogni anno vengo qui solo per vedere alcune facce, le solite facce di cera. Sempre più di cera”.
Michele è sarcastico, sicuro di sé. Mi racconta che lui a Londra ha fatto di tutto, anche un film. Il film si chiama ”I pazzi della fermata numero 9” che trovate su YouTube. Con un po’ di budget sarebbe stata una vera gemma. Una di quella che tiri fuori dal cilindro al primo date cerebrale per impressionarl*. Michele si è sentito sopraffatto dalla bellezza degli anni ’70 e ’80 che una triste notte tra i mondiali e il Millennium bug ha attraversato i campi Elisi.
Costruire casa altrove
In questo caleidoscopio di colori, dove abbiamo sorriso, camminato, ascoltato, conosciuto, mangiato, bevuto e recuperato un piccolo pezzetto di pace, forse proprio il signor Michele, disincantato ma desideroso di scoprire ancora, rappresenta l’alfa e l’omega delle nuove e delle vecchie generazioni. Bestiari di migranti diversi, che non scappano da casa ma tentano di costruirla altrove.