Come percepiamo il gusto? Il nostro gatto riesce a sentire il dolce? Cosa accomuna un panda a una mucca? Ok, forse pensando al panda la prima cosa che mi viene in mente è che rischia l’estinzione perché le foreste in cui vive vengono continuamente depredate dalle attività di deforestazione, ma mi sono spesso chiesta come il gusto funzioni davvero, tenendo conto che gli studi e le scoperte sono in continuo sviluppo.
Per rispondere a queste e altre domande, fidate esperte mi hanno consigliato il libro edito da Topic Edizioni, la nuova casa editrice del gruppo Giunti ”De Gustibus. Sul gusto negli esseri umani e negli altri animali’’.
Tra le tante cose che un essere umano può avere in comune con le scimmie, la mia è certamente la curiosità che mi ha spinta ad andare direttamente alla fonte, intervistando uno degli autori del libro, nonché Head of Nutrition alla Tate & Lyle di Londra, Davide Risso.
Davide grazie per questa intervista. Ho appreso che sei un appassionato dell’arrampicata, ma facciamo un passo indietro e partiamo dalla carriera universitaria.
Mi sono formato a Pisa, Bologna, e Potsdam (Germania), oltre che a Bethesda e Seattle (USA). Ho conseguito la laurea in scienze naturali e biologiche, specializzandomi successivamente in scienze molecolari del gusto. Poi, ho proseguito con un dottorato in genetica del gusto e un post-dottorato in genetica clinica in ambito nutrizionale.
La passione è arrivata da un’opportunità, non viceversa
Sei nato ad Alba, nel cuore delle Langhe, uno dei paradisi enogastronomici dell’Italia. Pensi che le tue origini abbiano influenzato la tua ricerca scientifica?
Beh, mi piacerebbe fosse stato così romantico ma sarò onesto nel dire che inizialmente io volevo fare altro. Sarei voluto diventare genetista forense. Ho anche fatto un po’ d’esperienza nel campo ma poi una mia Prof. dell’università di Bologna (Donata Luiselli) mi ha indicato una borsa di studio inerente alla genetica del gusto. Ho dunque colto l’occasione, e mi è piaciuto molto. Fino al punto di farmi appassionare e studiare approfonditamente la percezione del gusto. So che spesso avviene il contrario ma per me la passione è arrivata da un’opportunità, non viceversa.
C’è stato un momento in cui la ricerca scientifica ti ha fatto cambiare in qualche modo la tua visione personale del cibo e del gusto?
Certamente. Dopo aver iniziato a studiare l’argomento, ho prestato sempre più attenzione alla nutrizione, all’alimentazione, al cibo, alla scelta gastronomica dei posti dove vado a mangiare. Quindi ha impattato fortemente la mia vita. Come dicevo, di solito una persona segue la propria passione e cerca di costruirne una professione. A me è accaduto il contrario. Il cibo è entrato nella mia vita, ed è una cosa che mi piace tantissimo. A cucinare ho iniziato dopo. Certo, non sono uno chef ma mi arrangio.
Hai lavorato e lavori esclusivamente per grandi aziende come la Ferrero?
A seguito della mia esperienza accademica sì, ma nel mio tempo libero tengo anche dei corsi con alcuni chef, organizzando corsi di ”scienza in cucina” e ”palestre del gusto” in collaborazione con Eataly.
Puoi raccontarmi meglio in cosa consistono questi corsi?
Praticamente spieghiamo come funziona il gusto dal punto di vista molecolare e quali sono le differenze tra gusto, olfatto, sapore; termini che spesso vengono usati come sinonimi (anche se non è proprio così). E poi si sperimentano delle vere e proprie ricette. Da un lato abbiamo lo chef che insegna come si cucina e dall’altro lo scienziato (sarei io) che spiega cosa succede al cibo da quando si cucina a quando lo si mette in bocca.
Hai mai pensato di farlo anche nelle scuole?
Mi piacerebbe molto, sì. Non ho esperienza però con fasce d’età più giovani. Devo studiare, rivedere il mio linguaggio. Proverò ad impegnarmi anche in questo!
Qui a Londra hai altri progetti collaterali?
Fare questi corsi qui a Londra sarebbe estremamente interessante. Le classi sono indirizzate a gruppi di massimo 15 persone, di modo da costruire un’interazione, uno scambio più intimo, attivo. Una vera e propria conversazione che con una platea più ampia verrebbe inevitabilmente diluita.
La passione per la scrittura ce l’ho da una vita, leggo da quando sono bambino
E la passione per la scrittura quando e come nasce?
La passione per la scrittura ce l’ho da una vita. Leggo da quando sono bambino. Poi, ad un certo punto, dall’amore per la lettura è nata la voglia di scrivere qualcosa. Scrivo racconti da tantissimo, credo da 15 anni. Ne ho pubblicati diversi su riviste americane e italiane. Poi mi sono dato alla flash fiction, e ora sto sperimentando la micro fiction. Una bella sfida quest’ultima, considerando che si racchiude tutto in sole cento parole!
Veniamo al libro che hai scritto con Gabriella Morini, ricercatrice all’Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Com’è nato il progetto?
Io e Gabriella ci conosciamo da più di dieci anni. Ricordi quando ti raccontavo della borsa di studio che mi indicò la mia Prof. di Bologna? Bene, io e lei eravamo genetisti e non ne sapevamo moltissimo sul gusto. Mi sono allora rivolto all’Università di Scienze Gastronomiche, al tempo si conosceva come l’Università del Gusto, e ho avuto la fortuna di trovare Gabriella, che è sia ricercatrice che insegnate. Inoltre, è stata la correlatrice della mia tesi, e mi ha insegnato molto sul tema. Poi ho preso la mia strada. Abbiamo pubblicato insieme molti articoli, scritto il capitolo “Il gusto degli Italiani” nell’enciclopedia Cultura del Cibo di UTET e poi un paio di anni fa, mi è venuta l’idea di scrivere questo libro.
Avete in programma nuovi eventi per far conoscere il libro?
Si, ne parleremo al Salone del Libro di Torino il 12 Maggio, e poi il 19 Maggio a Mantova per il Food&Science Festival.
Per quanto riguarda gli animali, non tutti hanno i nostri cinque gusti
Se dovessi spiegare o riassumere la differenza fra il gusto negli esseri umani e negli altri animali ad una persona, ad un bambino che non sa nulla, da dove partiresti?
La differenza è proprio che noi abbiamo cinque gusti, compreso l’umami di cui le persone conoscono ancora poco. Per quanto riguarda gli animali, non tutti hanno i nostri cinque gusti, e questa è una cosa interessantissima. Prendiamo i gatti per esempio: loro non riescono a percepire il dolce. Se diamo loro acqua e zucchero, lo zucchero non lo percepiscono. Lo stesso vale per i leoni e altri felini. Questo è dipeso dall’adattamento alla loro dieta, cioè i felini sono carnivori e gli zuccheri sono principalmente presenti nelle piante, quindi nel tempo l’evoluzione ha reso ridondanti i recettori del dolce.
In realtà il gusto è molto più dinamico di quanto si possa pensare
Potrei portare tantissimi esempi ma riassumendo la differenza è che in realtà noi pensiamo al gusto come un ”sistema’’ fisso, fermo. Addirittura si è ancorati alla mappa del gusto, cioè che per esempio si percepisca l’amaro solo dietro la bocca, il dolce sulla punta della lingua, ecc. Questa è una fake news. In realtà il gusto è molto più dinamico di quanto si possa pensare!
Ora sto scrivendo un secondo libro sull’umami, di cui non si sa molto, ed è decisamente più complicato
Quanto ci hai messo per scrivere il libro e da dove sei partito?
Ho impiegato circa un anno, ma è stato un percorso diciamo lineare, siccome è sostanzialmente una raccolta di storie e peculiarità sul mondo del gusto, che ho collezionato durante i miei studi. Ora sto scrivendo un secondo libro sull’umami, che ancora non si conosce molto in Occidente, e lo sto trovando decisamente più complicato, perché è vero che sono esperto del gusto ma non dell’umami in particolare, quindi è necessario che io raccolga quante più informazioni possibili.
Come organizzi il tuo lavoro di raccolta dati e il processo creativo?
Per questo nuovo libro, ho iniziato leggendo diversi libri e centinaia di articolo scientifici sull’argomento. Poi ho iniziato scrivendo parole chiave inerenti alle tematiche che volevo esplorare nel libro. Successivamente ho formato dei gruppi che avessero un senso, ho raccolto la letteratura, l’ho messa in cartelle divise per argomento, e poi ho cercato di unirle in maniera un po’ più creativa. Di raccontare delle piccole storie che racchiudessero tutti questi argomenti. Per adesso sono arrivato a nove capitoli.
La grande sfida di questo secondo libro è anche quella di renderlo fruibile per un pubblico più generalista, immagino.
Esattamente. In De Gustibus c’è la storia del gatto, del panda, l’evoluzione, ecc. quindi è stato molto spontaneo elaborare un capitolo per ogni storia. Ma la sfida, che a volte sembra insormontabile, di coniugare divulgazione scientifica e storytelling in questo caso mi stimola ancora di più perché sull’umami esistono pochissimi testi realmente fruibili, quanto piuttosto delle bibbie scientifiche che possono intimidire un potenziale lettore. Dal canto mio, ce la sto mettendo tutta!