36 anni, incensurata, in balia di sé stessa, aborra le torte pannolino ma soprattutto i pianisti improvvisati all’aeroporto, quegli ”schifosi epigoni” a cui nessuno ha chiesto di suonare (male) Chopin.
Chi mi conosce bene potrebbe pensare che sto parlando di me stessa. O meglio, della me stessa di tre anni fa, e invece no.
La donna a cui mi riferisco, ”spirituale” anima gemella di ogni persona (ed eravamo tantissimi) presente al Camden Club di Londra lunedì 27 maggio, è Michela Giraud.
Abbiamo scritto di lei poco prima che presentasse lo spettacolo in questione, dal titolo ”Mi hanno gettata in mezzo ai lupi, e non ne sono uscita capobranco” rinforzando il concetto che chi fa satira non può essere politicamente corretto. Sarebbe una contraddizione in termini.
Lasciando il podio allo ”storico” editto bulgaro berlusconiano, ci sono diversi modi di censurare, denigrare, mettere la mordacchia a chi fa satira
Daniele Luttazzi (quanto manca dalla scena pubblica) una volta disse ”Chi censura un autore satirico, censura le sue opinioni. Un tempo si chiamava fascismo.”
Come dargli torto?
Lasciando il podio allo ”storico” editto bulgaro berlusconiano, ci sono diversi modi di censurare, denigrare, mettere la mordacchia a chi fa satira. Uno di questi è quello che Michela Giraud ha spiegato benissimo a Luca Casadei nella puntata ”Michela Giraud, avere la rabbia dentro’’ per il podcast One More Time:
”Era come se avessi fatto qualcosa a ‘ste persone e non so perché scatta sempre con le ragazze che fanno le comiche. Per esempio quando mi dicono ‘sei volgare. Hai presente quella cosa sboccata, volgare che hai detto?’ mi fanno pensare alla moglie del reverendo Lovejoy dei Simpson quando dice ‘nessuno pensa ai bambini, nessuno pensa ai bambini! È come se dicessero ‘sentiti in colpa perché tu sei volgare. Le donne queste cose non le dicono’’.
Vi ricordate quale attrice del passato veniva costantemente tacciata di essere troppo volgare?
Breaking news: le donne queste cose le dicono. Le donne addirittura bestemmiano. E la Giraud è talmente tanto avanti che durante lo spettacolo ha chiesto al pubblico se fossero tutti bestemmia friendly, e al risentimento di qualcuno, passata una buona mezz’ora dalla domanda, di tutta risposta Michela Giraud ha bestemmiato (troncando l’ultima vocale) per poi lasciar cadere il microfono 8 mile style. Applausi.
Io sono una di quelle persone che considerano le parolacce insostituibili perché oltre a dare colore, hanno il loro imprescindibile significato e spesso sono manchevoli di sinonimi altrettanto efficaci. Giocando la carta Gianfranco Funari ”Se uno è stronzo non je posso dire stupidino”, o no?
Vi ricordate quale attrice del passato veniva costantemente tacciata di essere troppo volgare? Vi rinfresco la memoria io: Anna Magnani. Non a caso la Magnani evitava di finire sotto le grinfie di giornalisti (uomini) pronti a soppesare ogni sua parola, e a giudicare il suo indiscutibile talento filtrandolo attraverso le maglie di insensati beauty standards.
Anna Magnani era ben consapevole di non doversi giustificare di nulla, e il non doversi giustificare non vale solo per lei o per Michela Giraud, ma anche per mia madre che scomoda i morti degli automobilisti incivili quando non si fermano per lasciarle attraversare la strada.
In fondo il perbenismo dei baciapile nostrano è un vestito cucito talmente tanto stretto che non riusciamo a togliercelo di dosso
Trovo invece osceno quanto esilarante il papa che dice che c’è troppa ”frociaggine” nei seminari, ma gli va comunque riconosciuto di essere un migrante ben inserito nel tessuto socioculturale romano.
In fondo il perbenismo dei baciapile nostrano è un vestito cucito talmente tanto stretto che non riusciamo a togliercelo di dosso. Il bel paese delle eterne contraddizioni egregiamente evidenziate da Michela Giraud quando, a inizio spettacolo, ci ha tenuto ad informare noi expats con gli ultimi accadimenti:
”Avete sentito che il Codacons esige trasparenza per il tele-voto di Sanremo. Giusto no? Invece per il diritto di aborto ti offrono 100 euro ed è tutto apposto”.
Michela Giraud è intelligente, brillante, una professionista della satira e della comicità che ha fatto una lunga gavetta e che ora si gode il suo successo a bordo di una semplice e onesta seicento ”che mai ti giudica”. Non come quelle ”fregnette delle Mercedes”.
Michela Giraud è dotata di quella straordinaria capacità che ci fa dire ”ma sta parlando di me?”
Nello spettacolo che sta presentando in giro per l’Europa, racconta la vita di una donna che, superati i trentacinque anni, viene lasciata dal suo grande amore, e lo fa con un’onestà e irriverenza disarmanti. Michela Giraud infatti è dotata di quella straordinaria capacità che ci fa dire ”ma sta parlando di me?”, mantenendo una connessione quasi viscerale. Diversa da quella che per esempio molte hanno provato con la Fleabag di Phoebe Waller-Bridge, perché ovviamente Michela è a noi più vicina e le sue storie sono assai meno romanzate.
In un altro paese delle contraddizioni come l’Inghilterra, una favola amara, personale e imperfetta come Flaminia a noi italiani servirebbe
Michela però si è spinta ben al di là dei confini della stand-up Comedy, e da attrice e presentatrice è diventata regista con il suo film d’esordio Flaminia. Chi è in grado di andare al di là della critica spuria giocata sul noiosissimo stigma ”EhmaglistereotipiRomanordRomasud” percepisce la profondità e la delicatezza con la quale Michela Giraud affronta la tematica dell’inclusività, del sapersi interfacciare nel mondo reale con persone neurodivergenti, di come un rapporto complicato tra sorelle viene rivisto, percepito e metabolizzato come il più formativo e importante della vita.
In un altro paese delle contraddizioni come l’Inghilterra, dove nelle grandi corporate la famosa inclusivity viene articolata in mini training a puntate, in cui la morale si riduce nel ”bisogna essere tutti bravi e tolleranti” senza fornire adeguati strumenti di comunicazione bivalente, forse una favola amara, personale e imperfetta come Flaminia a noi italiani servirebbe.
Al di là del sostenere giovani registe, al di là di mantenere vivo il nostro rapporto con l’Italia attraverso la cultura, il cinema, e l’arte in generale, al di là del disperato bisogno di ”leggerezza”, una comica che è riuscita a farmi visualizzare Paolo Poli che butta l’immondizia sulla Palmiro Togliatti merita il trono più di Queen Camilla Rosemary Shand.