L’ High Potential Individual Visa da oggi accetta le domande, ma fa ancora discutere per l’esclusione degli atenei italiani (e non solo).
Da quando è stato annunciato i primi del mese, l’High Potential Individual Visa è stato oggetto di numerose critiche, sopratutto in Italia. Oggi, il visto che premia le eccellenze accademiche entra ufficialmente in vigore e apre alle applications. Ma di cosa si tratta esattamente?
A seguito della Brexit, l’iter burocratico per studiare e lavorare nel Regno Unito è diventato più complesso. Una conseguenza prevedibile dopo l’uscita dall’Unione Europea, ma ancora difficile da accettare a causa delle numerose possibilità accademiche e professionali che il Regno Unito ha da offrire agli internazionali.
L’High Potential Individual Visa è pensato per facilitare questo iter per le eccellenze, in modo da attrarre “individui ad alto potenziale” nel paese.
Infatti, per gli studenti laureati nelle migliori 50 università al mondo tra il 2016 e il 2021, l’HPI garantisce una corsia preferenziale per ottenere il permesso di lavorare e studiare in Regno Unito.
Per loro niente sponsor, ne il bisogno di aver già ottenuto un’offerta di lavoro, ma soltanto il costo del visto (circa 715 sterline) per ricevere il diritto a 2 anni di permanenza in Regno Unito (3 per i dottorati).
Le università top nella lista dell’High Potential Individual Visa
La lista delle università è il risultato dei punteggi incrociati delle tre principali classifiche mondiali: la Times Higher Education World University Rankings, il Quacquarelli Symonds World University Rankings e l’Academic Ranking of World Universities.
L’esclusione degli atenei italiani dal queste classifiche e di conseguenza dal visto ha fatto scalpore. In realtà si può inquadrare nella più grande e notevole assenza degli atenei europei. Solo cinque infatti si sono classificati: l’École Polytechnique Fédérale di Losanna, l’Istituto Federale di Tecnologia di Zurigo, l’università di Monaco di Baviera LMU, la Sciences et Lettres di Parigi e il Karolinska Institute della Svezia. Per il resto, ci sono venti atenei americani, due di Hong Kong, tre canadesi, due cinesi, due giapponesi, due di Singapore e uno australiano.
Gli studenti di tutte le altre università, in Europa e nel mondo, non sono tuttavia in alcun modo esclusi o penalizzati dal Regno Unito. Dovranno semplicemente seguire l’iter standard imposto dal regime post-Brexit, che prevede un sistema a punti simile a quello australiano ed uguale per tutti gli internationals.
Quello che suona come un campanello di allarme per la scarsa competitività a livello globale delle università europee in generale e italiane in particolare sembra un’esclusione forzata.
Niente di più lontano dalla realtà: il Regno Unito post Brexit sta facendo e continuerà a fare di tutto per restare attraente agli occhi dei migliori studenti e professionisti che il mondo ha da offrire.