Cosa ci fa la fusion tra Rita Hayworth e Posion Ivy (di Uma Thurman in Batman & Robin) sul palco del Lordship Park di Haringey? (Esteticamente) ovvio: Elisa Cipro.
Come abbiamo raccontato la scorsa settimana, il 2 giugno siamo andati a celebrare la Festa della Repubblica all’evento Italian Made, organizzato da Italy nel Cuore, in perfetto stile italiano. Tutti invitai, nessuno escluso, anzi, come siamo abituati a dire noi cittadini d’adozione in UK: the more, the merrier.
Come ricordiamo sempre: supportiamo l’arte e la cultura attraverso l’informazione libera e indipendente
In quell’occasione gioiosa e spontanea, abbiamo visto (e ascoltato) da vicino artiste ed artisti italiani trapiantati a Londra, tra cui appunto la cantante dei talentuosi Italian Radio Society, Elisa Cipro. Dopo averla conosciuta meglio, ci tenevamo a presentarvela condividendo con voi le sue parole. E come ricordiamo sempre: supportiamo l’arte e la cultura attraverso l’informazione libera e indipendente. Without further ado, Elisa Cipro:
Ciao Elisa, grazie davvero per la tua disponibilità. Cominciamo col capire brevemente chi e’ Elisa Cipro. Ti va di condividere con noi un po’ della tua storia personale e come sei arrivata a Londra?
Sono nata a Bologna da genitori campani e mi sono trasferita a Roma nel 2013 per frequentare un’accademia di musical theatre. Dopo alcune esperienze nel teatro musicale, dove non ho raggiunto particolari traguardi, ero sinceramente un po’ demoralizzata. Fortunatamente, una mia amica mi chiese di farle visita a Londra. Arrivai per la prima volta nella città nel 2015, un po’ per caso, e dopo due settimane iniziai a lavorare come cantante. Da allora mi trovo qui.
Quali sono state le tue principali influenze musicali fin dall’infanzia e come hanno plasmato il tuo stile musicale?
La prima musica che ha impattato la mia formazione è stata quella che ascoltavo da bambina nella mia cerchia familiare: mio padre amava la PFM, il Banco del Mutuo Soccorso, Ivan Graziani e De André; mia madre prediligeva Michele Zarrillo, Roberto Murolo, Mango e Debussy, mentre mia sorella maggiore era fan degli INXS e dei Queen. Quindi sono il prodotto di un mix eclettico di influenze musicali. In età adulta, sono stata plasmata da artisti come Luigi Tenco, Nina Simone, Joni Mitchell, Etta James e Cesare Cremonini. Nessuno di loro è un virtuoso vocale, a me piacciono le voci che raccontano un’epoca.
Per me, la band è quasi parte della mia terapia personale
Come nascono gli Italian Radio Society e come descriveresti lo stile musicale che rende unica la vostra band?
Italian Radio Society nasce dalla mia esigenza personale di riconnettermi con le mie origini. Per me, la band è quasi parte della mia terapia personale. Avevo bisogno di ricreare intorno a me un ambiente italiano. Abbiamo affrontato molte sfide, compresa la Brexit, e sentivo il bisogno di riconciliarmi con quella parte della mia identità che avevo messo da parte per abbracciare la cultura musicale anglosassone che mi aveva inizialmente affascinata, quando arrivai a Londra. Alla fine, tutti noi expat cerchiamo quel luogo nel cuore che chiamiamo casa, spesso difficile da identificare perché il nostro è diviso in due. Ognuno di noi ha un passato e un gusto musicale diverso, ma ciò che ci unisce all’interno della band è il vintage italiano dagli anni ’20 agli anni ’60, che racchiude la poesia, la spensieratezza e l’estetica italiana per eccellenza. A volte inseriamo richiami latini, gipsy, reggae e tendiamo a proporre social dance perché ci interessa il divertimento e la creazione di una comunità. Noi facciamo un sacco di feste… [ride]
Descrivi ogni componente della band, inclusa te stessa, usando un solo aggettivo.
Paolo Maurelli (batteria) logistico, Stefano Marzanni (piano) gluten free, Jorma Gasperi (chitarre, basso) piccante, Jack Hakim (chitarre, sound engineering) impalpabile, Costa Tancredi (basso, contrabbasso) apulian chic, Elisa Cipro (voce) dirompente.
La vita del musicista in generale è diventata più sofferente dal punto di vista economico
Dal momento del tuo arrivo a Londra fino ad oggi, come descriveresti l’evoluzione del panorama musicale nella città?
Il panorama musicale londinese è in continua evoluzione e non penso avrà mai un momento di stallo. Tuttavia, a seguito della Brexit, come tutti i settori, si è stabilizzato molto di più: non ci sono più musicisti europei che possono venire qui, stare un po’, contaminare la scena e poi andarsene. Ora occorre il visto artistico, che ha i suoi costi iniziali e quindi non attira tutti. Ho notato che gli americani adorano la scena musicale londinese; sia i famosissimi che gli esordienti trovano a Londra il pubblico ‘perfetto’. Il punto di vista è sempre soggettivo, il mio panorama musicale si è italianizzato molto. La vita del musicista in generale è diventata più sofferente dal punto di vista economico. Mentre i costi della città sono arrivati alle stelle, i club e i locali propongono le stesse paghe agli artisti, il che sta portando molti a diversificare o a spostarsi da Londra.
Quali erano le tue aspettative per l’evento “Italian Made” e cosa pensi che il pubblico abbia portato a casa da quella giornata?
Mi auguro che le persone venute a Italy nel cuore Italian Made abbiano davvero passato una giornata come se si fossero trovati in Italia. Anche solo sentire parlare o cantare gli artisti sul palco in italiano è qualcosa di diverso, che riporta col cuore e con la mente al tempo in cui eravamo in Italia. Volevo vedere gente ballare con una pizza in mano e magari aiutare a creare quella comunità di supporto che probabilmente c’era a Little Italy negli anni ’30, mantenendo sempre la nostra mentalità aperta e multiculturale, senza chiuderci ovviamente. Abbiamo ricevuto messaggi di approvazione continua dal 2 giugno e siamo molto contenti di come sia andata.
Una tappa di notevole importanza per noi è stata la decisione di suonare in Giordania
Cosa pensi che il futuro riservi alla tua musica e a Italian Radio Society nel contesto musicale di Londra e oltre?
Siamo relativamente nuovi, avendo debuttato ad aprile 2023, ma l’idea è nella mia testa da oltre 7 anni, quindi è molto consolidata dentro di me. Il futuro ci riserva collaborazioni meravigliose a cui già stiamo lavorando e sicuramente scriveremo qualche brano inedito per offrire qualcosa di nuovo al nostro pubblico. Una tappa di notevole importanza per noi è stata la decisione di suonare in Giordania, una scelta che potrebbe essere considerata controcorrente, dato il delicato momento storico e geopolitico e la connessione diretta con la popolazione palestinese. Speriamo di portare un po’ di leggerezza e di contribuire a creare un ponte per connettere ancora di più l’Europa al Medio Oriente. È importante sottolineare che noi facciamo musica, non politica, e ci auguriamo che la nostra presenza in Giordania non venga strumentalizzata da nessuno.