Venti anni esatti dopo aver aperto la prima Gelateria a Kensington, Christian Oddono racconta la storia della catena Oddono’s Gelati Italiani.
Oddono’s gelati italiani, a Londra da venti anni
Oddono’s Gelati Italiani nasce a Londra nel Luglio 2004. Primo negozio a South Kensington e una ventata di freschezza (in tutti i sensi) nelle abitudini alimentari del popolo britannico, anzitutto londinese. Con una vera e propria missione, quella di offrire solo gelato italiano fresco e naturale. Cioè prodotto tutti i giorni, con ingredienti naturali, senza additivi chimici.
Da Oddono’s la qualità degli ingredienti è un must, ed è il motivo per cui si sceglie di selezionare i migliori ingredienti naturali provenienti da ogni parte del mondo: la vaniglia dal Madagascar, i pistacchi dalla Sicilia, le nocciole dal Piemonte, senza l’uso di coloranti, conservanti o prodotti geneticamente modificati. Per arrivare oggi ad oltre 130 gusti, dai classici ai più originali, inclusi i sorbetti e i gelati rivolti a chi soffre di intolleranze alimentari.
Dal primo negozio in South Kensington ad oggi ne sono stati aperti sette (gli altri sono a Battersea, Hampstead, East Dulwich, Chiswick, Stoke Newington, Wimbledon: indirizzi e orari di apertura sono su www.oddonos.com ). L’ottavo negozio è in arrivo. Insieme a una novità interessante, destinata a rendere il brand Oddono’s ancora più forte e competitivo sul mercato.
Ne abbiamo parlato con Christian Oddono, creatore del progetto.
La tua attività a Londra quest’anno compie 20 anni. Com’è iniziata questa avventura?
“Sono venuto a Londra quasi trent’anni fa e facevo un lavoro completamente diverso, lavoravo nel campo della finanza. Facevo consulenza agli investitori sui mercati finanziari. Poi un giorno, come tanti italiani, mi sono chiesto “Ma perché qui non c’è il gelato buono? Probabilmente perché il tempo è brutto, o forse perché gli inglesi mangiano male”. Un po’ tutti gli stereotipi soliti che si hanno. In realtà, quando ho deciso un po’ più seriamente di provare a realizzare questo progetto, ho redatto un business plan. L’idea del business plan era quella di convincermi a non fare questa cosa. Alla fine non sono riuscito a trovare delle buone motivazioni. Più facevo ricerche più capivo che era un problema di mancanza di offerta più che di mancanza di domanda. Tanti bravi gelatieri italiani sono andati in Germania, in Austria, in Brasile, in Sudamerica, ma pochi in Gran Bretagna. Quindi ho iniziato a preparare questo progetto e la cosa abbastanza sorprendente è stata la facilità con cui ho creato l’azienda. Tutto su Internet, in tre giorni, spendendo 50 sterline dell’epoca. Mi è arrivato tutto a casa, per posta. Una Limited Company che è l’equivalente di una S.R.L. italiana, con una sterlina di capitale, e la società era fatta. Quindi anche dal punto di vista burocratico, molto molto diverso rispetto all’Italia. Poi una volta che uno ha una società, questa è una scatola vuota, che poi bisogna iniziare a riempire”.
Qual è stato il primo step?
“Sono riuscito a trovare un manager che poi è diventato il mio socio, Marco, col quale abbiamo aperto l’attività. Siamo andati insieme ad imparare a fare il gelato, perché io non avevo nessuna esperienza di gelato a livello professionale. Siamo andati in una scuola professionale molto buona, che è la Cast Alimenti, vicino a Brescia, dove vent’anni fa c’era un certo Iginio Massari, che adesso è una celebrità a livello internazionale. All’epoca era già famoso come pasticcere, ma non era la personalità che è adesso. E’ stato bello conoscerlo prima della grande notorietà.
“>Siamo stati dunque in quella scuola due settimane, la prima settimana era solo chimica e fisica, non abbiamo neanche toccato gli ingredienti. Sembrava di essere tornato all’università perché abbiamo dovuto studiare di nuovo i pesi molecolari degli ingredienti, dello zucchero, del destrosio, del glucosio. Alla fine il gelato è ingegneria, se vogliamo, se uno non ha esperienza e fa il gelato, appena lo fa è buono, poi dopo quando lo mette in freezer quel gelato si rovina, o si scioglie o diventa un blocco di ghiaccio ed è immangiabile. Bisogna avere le basi ingegneristiche, è come costruire una casa.”
Quale idea di gelato avevi in mente?
“La mia idea di fondo era quella di tornare a fare un gelato naturale, senza coloranti, senza troppe cose chimiche, ma piuttosto andando a prendere le bacche di vaniglia e mettendole nel gelato. Abbiamo aperto il primo negozio con laboratorio a vista, che anche in Italia è abbastanza raro, non sono molte le gelaterie dove è possibile vedere come fanno il gelato. Questo è stato uno dei motivi del successo iniziale, oltre al fatto che comunque il gelato è buono, anche per gli standard italiani.
L’altro fattore di successo è stata anche la location. Noi abbiamo aperto il primo negozio a South Kensington, che è una delle zone più internazionali a Londra, ci sono tanti italiani, francesi, tedeschi, e anche ovviamente inglesi. Diciamo che è una zona poco turistica ma molto internazionale per il livello delle persone che ci vivono. Sono persone a cui non abbiamo neanche dovuto spiegare che cos’è il gelato perché già lo conoscevano o perché viaggiavano in Italia, per svago o perché italiani essi stessi.”
Tu avevi la nonna che faceva il gelato in casa, in Italia. Da quale zona del nostro Paese provieni?
“Io sono cresciuto a Verona, ma in realtà la mia famiglia non è veneta. Mia nonna (quella che faceva il gelato) era napoletana, ma cresciuta a Roma. Mio nonno (Oddono cognome piemontese) era di Torino, mia mamma era del Lago di Como, quindi ho delle origini un po’ un miste. Quando i miei genitori si sono separati io andavo a trovare i miei nonni a Roma. Mia nonna, napoletana, andava tutti i giorni al mercato a prendere le bacche di vaniglia, le uova fresche, il latte fresco. Io sono cresciuto andandoli a trovare d’estate e sentendo questo profumo di vaniglia e di uova. Lei faceva il gelato con una macchina di quelle “antiche”, che si mettevano dentro il freezer, poi una volta tirata fuori si collegava alla presa elettrica. Prima faceva bollire tutto, quindi pastorizzava sul fornello, poi metteva tutto dentro questabmacchina che piano piano girava, girava, girava e faceva quindi questo gelato alla crema che era il gelato più buono che io potessi aver mai mangiato.”
Quindi, nonostante tu a Londra abbia iniziato facendo un altro mestiere, si può dire che il gelato fa parte del tuo Dna.
“Sono cresciuto con questo odore di vaniglia, quando mi svegliavo tardi alla mattina, d’estate, lei era già in piedi dalle 5 del mattino, era già andata al mercato, aveva già comprato gli ingredienti, aveva già iniziato a preparare il gelato che noi poi mangiavamo. Sì, era nel mio destino.”
In questi vent’anni immagino che di difficoltà ne abbiate avute diverse. Qual è stata la sfida più difficile?
“Forse, credo, quando il business è cresciuto (adesso abbiamo sette punti vendita con quasi settanta collaboratori), quella di dover lavorare con persone che non hanno la stessa passione, per il prodotto, per il business, di quella che abbiamo noi, soci o comunque elementi coinvolti. Quella è stata la cosa più difficile, cercare di bilanciare gli interessi delle persone. Tra quelle che sono lì per lavorare, guadagnare soldi e poi pagarsi le loro spese mensili, e quelle che invece sono più motivate, che hanno più passione. All’inizio soprattutto. Abbiamo sempre avuto bravissimi collaboratori, ma si trovano sempre delle persone che mettono meno interesse in quello che fanno. Non è facile trovare persone eccezionali che lavorano bene, sempre, di cui ti puoi fidare. Quella è sempre stata una cosa su cui noi abbiamo lavorato tanto. Il gelato è un prodotto ma noi in realtà vendiamo un’esperienza. Se uno viene in gelateria vuole anche avere un’esperienza, un momento di piacere, un momento di gioia, di socialità, viene lì con la famiglia, coi figli, coi genitori. Non è solo il prodotto in sé, tu puoi avere un gelato fantastico, un prodotto fantastico, ma se il servizio è scadente, i clienti vanno da un’altra parte. Bisogna offrire un’esperienza complessivamente buona, e lo fai solo nella misura in cui hai dei collaboratori che sorridono sempre, trattano sempre bene i clienti, soprattutto in un Paese in cui le aspettative del servizio sono molto elevate, rispetto per esempio all’Italia dove, quando ci vado in vacanza o per lavoro, vedo un livello di aspettativa più bassa, e anche gli esercenti spesso sono, non dico annoiati, ma quasi irritati dal fatto che ci siano clienti in coda, cosa che mi lascia sempre un po’ sorpreso.”
Magari lo danno un po’ più per scontato, in Italia… è così?
“Esatto, lo danno per scontato poi magari hai un esercizio commerciale in cui c’è solo una persona ( servire, n.d.r.) e venti persone in fila. Secondo me lo fanno per risparmiare soldi. Se dovessero assumere due persone costerebbe il doppio, si avrebbe meno fila, però io vedo proprio che in alcuni punti commerciali non c’è nessun interesse a migliorare il servizio, perché probabilmente economicamente non sarebbe conveniente. Qui a Londra non puoi fare così perché sennò perderesti subito una buona parte dei clienti.”
Ciascun punto vendita Oddono’s presente a Londra produce e vende il suo gelato?
“Fin dall’inizio la nostra strategia è stata quella di aprire una cucina in ogni negozio, quindi noi adesso abbiamo sette punti vendita e in ogni negozio c’è la cucina, il gelato viene fatto fresco in ogni negozio. E’ anche un po’ un punto distintivo rispetto ad altre catene, che ci sono ancora. Poi lo sai anche tu, non è che una strategia sia migliore dell’altra. Ci sono quelle che hanno una grossa cucina centralizzata e fanno il gelato solo lì per tutti i negozi. Gromm aveva iniziato a fare una cosa un po’ “in mezzo” cioè loro avevano una cucina centralizzata dove facevano solo le basi, poi le spedivano e i punti vendita le mantecavano, per cui facevano solo l’ultimo processo produttivo. Noi invece preferiamo fare tutto da zero in ciascun punto commerciale, ogni cucina è indipendente, compra gli stessi ingredienti, noi dal magazzino ne portiamo alcuni, altri vengono comprati freschi e poi si fa il gelato in ogni punto vendita. E’ un sistema più complicato e più costoso, ci vuole più personale specializzato però noi pensiamo che la qualità sia migliore perché soprattutto adesso, in estate, vieni da noi e mangi un gelato che è stato fatto quella stessa mattina, al limite il giorno prima, ma non certo settimane o mesi prima.”
Avete organizzato qualcosa di particolare per festeggiare un compleanno così importante?
“No, abbiamo fatto giusto una cosa abbastanza low key, perché luglio è il mese più busy. Già adesso appena c’è un po’ di sole ci sono le file fuori, quindi fare una festa un po’ più grande sarebbe stata difficile da gestire, nel mese di luglio. Poi avrebbe messo molto sotto pressione lo staff. Abbiamo solo fatto una festicciola intima, tra noi, le nostre famiglie, i collaboratori.”
A quando l’ottavo negozio?
“Abbastanza presto, perché tra l’altro adesso noi stiamo per partire con il franchising, l’idea è quella di crescere tramite questa formula che secondo me si adatta molto bene alla nostra attività. Vediamo un grossissimo potenziale proprio perché non sono molti i brand come il nostro che hanno un prodotto di elevata qualità e che viene prodotto fresco in ogni punto vendita. Anche a livello internazionale, tra l’altro, sono pochissime le catene di gelaterie come la nostra, in cui c’è produzione in ogni punto vendita. L’anno prossimo quindi dovremmo partire con il franchising in UK e poi anche all’estero. Questo, oltre ovviamente ad aprire altri punti vendita che siano direttamente nostri. Ma la spinta verrà fatta soprattutto col franchising.”
Le zone in cui aprire i nuovi negozi le scegliete volta per volta o avete una “programmazione di scelta” ben precisa?
“Le zone finora le abbiamo scelte noi, e sono sempre state zone molto residenziali, non abbiamo mai voluto andare in centro a Londra, perché la nostra idea è quella di avere una gelateria di quartiere. Quindi vogliamo essere vicini a scuole o ristoranti. Mentre invece le zone più centrali sono un po’ più turistiche e alla fine, se ci pensi, il turista lo vedi una volta poi non lo vedi più, non c’è quell’importanza nel dargli un prodotto di qualità. Proprio perché poi non lo vedi più. Questo tra l’altro ha fatto sì che durante il Covid abbiamo lavorato tanto, perché le persone erano bloccate in casa, o comunque lavoravano per l’ufficio da casa, quando hanno potuto ricominciare ad uscire venivano da noi. Quindi le prossime zone saranno sicuramente simili, zone residenziali, in cui ci sono ristoranti, dove la gente passeggia o fa shopping, non tanto le zone centrali.”
“>Anche a Londra, quindi, non è difficile trovare la qualità. Basta saperla cercare.