Elezioni 2022, Andrea Crisanti: Più risorse per le Istituzioni

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Andrea Crisanti
Andrea Crisanti.

L’intervista ad Andrea Crisanti, candidato al Senato, in vista delle elezioni politiche 2022: “Servono più risorse per le istituzioni”.

Andrea Crisanti, candidato al Senato per le elezioni 2022

Il nome di Andrea Crisanti, dallo scoppio della pandemia ad oggi, è stato più o meno sulla bocca di tutti gli italiani almeno una volta. Con la caduta del governo Draghi, il “padre dei tamponi” (così lo ha definito la rivista Science) ha intrapreso una nuova sfida, ovvero quella politica. Crisanti è infatti candidato con il Partito Democratico alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre, nella ripartizione europea della Circoscrizione Estero.

Una candidatura che ha fatto molto parlare, soprattutto nel centrodestra, e che ha visto il microbiologo, che per anni ha vissuto in Germania ed a Londra prima come ricercatore e poi come professore presso l’Imperial College, finire nel mirino di leader politici quali Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Intervistato da Londra Notizie 24, Crisanti evidenzia il suo programma e quello del PD, focalizzandosi sul potenziamento delle istituzioni e sul rafforzamento della cultura italiana all’estero.

Andrea Crisanti: Risolvere definitivamente I problemi strutturali e legislativi delle Istituzioni

Inizierei chiedendole quali sono i punti chiave del programma suo e del PD per quanto riguarda l’estero.

“Innanzitutto il programma del PD all’estero ha l’obbiettivo di risolvere definitivamente i problemi che affliggono la comunità italiana in varie regioni del mondo, che sono principalmente dovuti a carenze strutturali e difetti legislativi. Partendo dalle carenze strutturali, che forse sarebbero quelle più semplici da risolvere, queste sono dovute al fatto che gli italiani non usufruiscono, o non possono usufruire, di servizi consolari adeguati e tempestivi. L’ottenimento di certificati, dell’equipollenza degli studi oppure il rilascio di passaporti sono tutti procedimenti che richiedono mesi: questi fenomeni sono chiaramente incompatibili con un paese moderno. Noi chiediamo più fondi per i servizi consolari, ma anche la loro digitalizzazione per rendere alcuni di questi processi pressoché istantanei. Forse queste possono sembrare richieste da sindacalista degli italiani, ma chiaramente il nostro ruolo non è questo.

Noi vogliamo portare un progetto politico, anche attraverso la modifica di alcune leggi come quella dell’IMU: non ha senso che gli italiani all’estero paghino l’IMU e paghino anche la tassa per lo smaltimento dei rifiuti. Poi c’è anche il grande problema dell’assenza di copertura sanitaria in Italia. Questo forse aveva un senso quando, un tempo, gli Italiani andavano all’estero e ci rimanevano per anni, ma ora succede che gli italiani vadano all’estero e ci stiano anche solo sei mesi prima di cambiare di nuovo residenza, a volte passando anche per l’Italia stessa. Ci troviamo di fronte ad un’immigrazione completamente diversa, e bisogna tener conto di questi cambiamenti.

Poi c’è anche il problema della connessione culturale con l’Italia, che è un problema sentito soprattutto da chi ha figli che hanno frequentato le scuole all’estero. Molto spesso questi ragazzi non parlano l’italiano, e si trovano in una situazione paradossale, ovvero quella di essere italiani ma non avere una conoscenza della cultura italiana. A mio avviso si pone la necessità di affrontare questo problema finanziando borse di studio per questi ragazzi e, laddove la comunità lo consenta, finanziando anche delle scuole italiane.

Infine c’è il problema del ritorno degli italiani in Italia, specialmente per tutti i professionisti che devono ricollocarsi sul mercato italiano dopo aver passato un periodo all’estero. Ci sono degli incentivi fiscali, ma se non si risolvono i problemi fondamentali per i quali sono andati via dal Paese in primo luogo non si risolve nulla. La nostra proposta politica è quella di creare le condizioni per fargli trovare un’Italia migliore di quella che hanno lasciato, ovvero un’Italia che investe nell’innovazione, che crei posti di lavoro, che favorisca la parità di genere”.

Lei ha menzionato il rapporto fra gli italiani all’estero e le istituzioni: a tal proposito, che proposte avete per quanto riguarda i Comitati degli italiani all’estero?

“Qui entriamo in un altro aspetto importante del programma. Chiaramente, alcune delle proposte e delle funzioni che ho menzionato prima dovrebbero essere prese in carico proprio dai Comites o dal CGIE.

I Comites sono circa cento in tutto il mondo, sono regolati dalla legge ed a tutti gli effetti degli organi istituzionali. Se andiamo a vedere però i finanziamenti che ricevono, questi sono assolutamente ridicoli e lasciano l’attività degli stessi a dipendere esclusivamente dal volontariato. Pensi, i Comites dovrebbero favorire l’integrazione degli italiani, diffondere la cultura italiana e raccordarsi con i consolati e con le autorità amministrative locali per evidenziare e contribuire a risolvere le problematiche degli italiani residenti all’estero. Per tutto questo, il Comites di Londra ha a disposizione cinquantamila Euro l’anno per servire oltre duecentocinquantamila italiani. Come si può pensare che queste funzioni possano essere adeguatamente risolte con questo tipo di finanziamenti? Non è giusto né corretto che tutto ciò venga affidato solamente su base volontaria. Bisogna rifinanziare il Comites in maniera adeguata, non con finanziamenti a pioggia ma con finanziamenti che tengano conto dei criteri di qualità, premiando i Comites che lavorano meglio.

Poi per quanto riguarda il CGIE, questo dovrebbe essere un organo di consulenza del Parlamento, ovvero l’organo attraverso il quale gli italiani all’estero dovrebbero essere in grado di interagire con il sistema legislativo italiano. Io invito i lettori a dare un’occhiata ai verbali del CGIE per vedere se mai è stata fatta una proposta di legge per risolvere i problemi degli italiani all’estero. È chiaro che questi organi, che sulla carta dovrebbero essere la spina dorsale della comunità italiana all’estero, hanno bisogno urgente di un potenziamento e di un ripensamento”.

Lei è una figura molto prominente in Italia, soprattutto da quando è scoppiata la pandemia, e la sua candidatura ha fatto storcere qualche naso soprattutto nel Centrodestra. Prendendo però la prospettiva di chi la vota dall’estero, che cosa si possono aspettare gli elettori dal lavoro di Andrea Crisanti in Parlamento?

“Si possono aspettare quello che ho dimostrato di saper fare: non anteporrò mai gli interessi di parte a quelli che penso siano gli interessi delle persone e del Paese. Credo di averlo dimostrato in diverse occasioni, soprattutto quando nel mezzo della pandemia ci si è trovati a un crocevia fra gli interessi dei malati e gli orientamenti politici, io sono sempre rimasto dalla parte dei malati. Personalmente, cerco sempre di usare come bussola l’integrità ed agire secondo coscienza”.

Le chiedo, infine, se ha un messaggio per i nostri lettori.

“Chiaramente voglio dare un consiglio sul voto, ovvero quello di mettere una croce sul simbolo del PD sulla scheda elettorale e scrivere, sulla scheda del Senato, il mio nome. Dopodiché, in linea generale, cambiare l’Italia e migliorarla è uno sforzo che dobbiamo fare tutti insieme, e penso che gli italiani all’estero possano portare un patrimonio di conoscenza veramente indispensabile.

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