Il talento ribelle di Dee DeLuca – dallo stage (italiano) non retribuito a Anthony Hopkins

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Daria Dee DeLuca (copyright Daria Dee DeLuca)

Daria Dee DeLuca, cantante e attrice italiana pluripremiata, è una dei numerosi cervelli in fuga, o come preferisco definirli io, talenti ribelli che l’Italia non ha accolto come avrebbe dovuto. L’abbiamo vista performare dal vivo nello spettacolo The White Rose. The Musical, e ci ha piacevolmente colpito la sua determinazione nel perseguire il mestiere dell’attrice, che, a pensarci bene, definirlo mestiere è riduttivo. Fare l’attrice è una scelta di vita. E a volte questa è una vita di merda.

Per vivere con dignità, molti artisti (pre Brexit) hanno scelto di lasciare l’Italia per l’Inghilterra, dove, come molto chiaramente ci ha spiegato in questa intervista la giornalista Sabrina Provenzani, non esiste una ”gerarchia degli interessi”. Certo non è facile inserirsi e distinguersi in un contesto così competitivo, soprattutto per la barriera che la lingua spesso può rappresentare, ma neanche impossibile.

The White Rose. The Musical. NC Productions (copyright Simona De Leo)
The White Rose. The Musical. NC Productions (copyright Simona De Leo)

Dee dunque, dopo aver studiato presso il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma, vola in Svizzera e continua la sua formazione con la soprano Leontina Vaduva, per poi completare gli studi presso la Royal Central School of Speech and Drama in Inghilterra. Come cantante lirica si è esibita a livello internazionale, e come attrice ha recitato in produzioni teatrali tra cui W.A.M Irony of Death, Il Processo di Kafka, Macbeth e Look at Your Palm, oltre che in film e nel videogioco Dead Man’s Phone. Abbiamo avuto il piacere di conoscerla meglio, e dunque ve la presentiamo.

Ciao Dee, grazie per essere qui con noi. Comincio col chiederti quando hai capito che volevi fare l’attrice?

Più o meno quando avevo sei anni, tutte le volte che eravamo a pranzo da mio nonno finivo sempre col fare le imitazioni di ogni membro della famiglia. Mi piaceva rappresentare ciò che vedevo dal mio punto di vista.

Daria Dee DeLuca (copyright Daria Dee DeLuca)

La vecchia e triste storia dello stage non retribuito

Cosa ti ha spinto ad andare via dall’Italia?

Dopo sette lunghi anni passati a studiare e due lauree, una in diritto internazionale e l’altra in canto lirico, purtroppo il mio amato Paese all’epoca poteva offrirmi solo stage non retribuiti e senza rimborso spese.

In più ogni casting call che trovavo su internet richiedeva per le attrici: “Bellissima presenza, altezza minima 173 cm, preferibilmente bionde”; a mio parere una rappresentazione un po’ limitata delle donne italiane; in fin dei conti non abbiamo avuto solo dominazioni austro-ungariche!      -APPLAUSE-
Una situazione che mi ha altrettanto rattristata è stato vedere che un paese ricco di cultura come il nostro, non stesse (e non stia) investendo tanto sulla cultura. Quando me ne sono andata l’Eliseo e il teatro dell’Angelo avevano chiuso, e a seguito di una lunghissima occupazione il teatro Valle, in cui incontrai anche Elio Germano, venne privatizzato.

Il teatro e il suo forte valore sociologico

Perché proprio il teatro?

Ho imparato ad apprezzarlo sin da piccola, sia per i saggi di danza che facevamo con la scuola, sia per le opere e la stagione sinfonica che andavo a sentire con mia mamma. Il teatro è una cucina di emozioni, storie, sentimenti, ideologie, praticamente uno spaccato di ciò che è l’essere umano; dove per un paio d’ore puoi assaporare un’altra versione della realtà, a cui forse non avevi nemmeno pensato. La catarsi di cui parlavano i greci avviene tutt’oggi, quindi ha anche un forte valore sociologico.

Quella volta con Anthony Hopkins

L’esperienza più significativa della tua carriera fino ad ora?

In realtà sono state due, aver avuto come “insegnante” Ferdinando Ceriani, il figlio di Martine Brochard; ed essere stata sul set con Anthony Hopkins nel 2018 in King Lear diretto da Richard Eyre.

E’ stata un’esperienza mistica e quasi surreale poter vedere un attore di 86 anni recitare sotto la pioggia Shakespeare in modo così brillante, senza esitazioni, e mantenersi umile per tutto il processo; ha anche chiesto a noi altri attori se avevamo freddo e se stavamo bene.

Daria Dee DeLuca e Antony Hopkins (copyright Daria Dee DeLuca)

Non di solo talento è fatta un’artista

Che vuol dire essere una brava attrice?

La stessa cosa che vuol dire essere un bravo musicista o un bravo avvocato. Bisogna essere preparati, professionali, umili e fare il proprio mestiere con passione.
In Italia c’è un po’ la credenza mistica che essere un attore, cantante, musicista, pittore o qualunque cosa legata alle arti sia una dote innata. Uno dei miei ex colleghi di conservatorio, Alessandro Mazzamuto, vincitore del premio Marta Argerich al Busoni era sempre a studiare. Suonava già il terzo concerto di Rachmaninoff a 15 anni, ma studiava otto ore al giorno. Senza quel lavoro la sua attitudine e passione non sarebbero bastate per avere successo.

Appello all’Istituto Italiano di Cultura a Londra: date più spazio agli artisti emergenti

Che rapporto hai con la cultura e gli eventi legati alla comunità Italiana di Londra?

Cerco sempre di partecipare ad eventi come concerti, book clubs e serate organizzate dalla comunità italiana a Londra.
Mi piacerebbe che L’istituto Italiano di Cultura a Londra desse più spazio agli artisti emergenti, sia in campo teatrale che musicale, organizzando più eventi. Quello di Lisbona per esempio ha messo su già tre spettacoli in italiano nell’ultimo anno.

Daria Dee DeLuca (copyright Daria Dee DeLuca)

Torneresti a recitare in Italia?

Certamente, purché prendano la mia professione seriamente, senza ma e forse per quanto riguarda le retribuzioni, e mantenendo il rispetto verso l’attore come con ogni altro professionista.

Nessuno ferma Dee DeLuca

Progetti futuri?

In questo mese ho uno shoot per una serie ed un altro per un film di Bollywood, e sono stata invitata a tenere una masterclass di canto lirico al Orbifold Global Music Festival che si terra in Sicilia.

Io e la mia collega vorremmo inoltre portare “2 Ordinary”, tradotto da “Due Qualunque” di Carlo Picchiotti al Soho theatre di Walthamstow, e nel frattempo con l’autore stiamo buttando giù una prima bozza per un film basato su “Il Metodo Taddeo”, dello stesso autore, ambientato a Roma.

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Silvia è una scrittrice italiana, nata e cresciuta a Roma, e attualmente residente a Londra. Si è appassionata alla scrittura fin da quando era bambina, e ha iniziato a comporre poesie all'età di dieci anni. Cresciuta in una famiglia matriarcale, ha sviluppato un interesse per l'universo femminile, che ha ispirato il suo libro di racconti 'The Spoons'Tales'. Quest'ultimo, ancora in lavorazione, racconta le donne, indagando diversi temi: dalla sessualità al rapporto con il proprio corpo; dall'amore alla morte. Appassionata sia di letteratura che di cinema, ha scritto la sceneggiatura del cortometraggio di video-poesia 'The Molluscs Revenge', diretto e prodotto dalla società di produzione video @studio_capta, nel 2020. Silvia ha individuato nella videoarte e nella videopoesia il perfetto contenitore di contenuti dove far incontrare linguaggi diversi, percepiti come strumento di analisi interpretativa in grado di reificare le diverse sensibilità artistiche, trasformandole in immagini poetiche. Ha collaborato inoltre con il quotidiano nazionale online @larepubblica e la rivista @sentieriselvaggi scrivendo diversi articoli e recensioni cinematografiche dal 2012 al 2016. Nel 2020 il suo racconto “Una lupa mannara italiana a Londra” è stato uno dei vincitori del concorso di scrittura @IRSE RaccontaEstero.

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