Note di eccellenza, Federica Nardacci, la Bibliotecaria del Royal College of Music di Londra

0
343
Federica Nardacci, bibliotecaria del Royal College of Music di Londra
Federica Nardacci, bibliotecaria del Royal College of Music di Londra (ph. Federica Nardacci)

Il Royal College of Music di Londra ha una Bibliotecaria italianissima, con un curriculum da fare invidia a molti e di cui gli italiani possono davvero andare orgogliosi.
E’ Federica Nardacci, originaria della provincia di Latina, già giornalista e autrice teatrale, che prima di approdare in UK è stata per oltre un decennio responsabile dell’Istituto di Bibliografia musicale di Roma.
E, proprio in qualità di Bibliotecaria del Royal College of Music, lo scorso 22 Maggio ha introdotto il concerto solista di Antonio Morabito all’Istituto Italiano di Cultura a Londra.

Ripercorriamo insieme a lei la sua invidiabile carriera.

Da quanto tempo sei a Londra?
Da circa dieci anni, il mio è stato un po’ il percorso di tutti: si arriva e si cerca di adattarsi a un nuovo Paese, a una nuova cultura, a diverse dinamiche sociali.
La mia è stata una decisione che ha una motivazione personale più che professionale. All’epoca io lavoravo a Roma come manager dell’Istituto di Bibliografia Musicale, che si occupa di catalogazione di fondi musicali antichi, tra i più prestigiosi in Italia, da Montecassino a Santa Maria Maggiore, a San Giovanni in Laterano. Io gestivo tutto questo e mi occupavo anche di organizzare eventi tipo book-launch (presentazione di libri), concerti e mostre. E poi svolgevo la mia attività di ricerca e di pubblicazione.
Quindi poi per ragioni personali mi sono trasferita a Londra con il mio compagno dell’epoca, che aveva trovato un lavoro qui nel settore musicale e poi è diventato direttore d’orchestra.

Federica Nardacci, bibliotecaria del Royal College of Music di Londra
Federica Nardacci, bibliotecaria del Royal College of Music di Londra (ph. Federica Nardacci)

Appena arrivata a Londra mi sono data da fare, perché noi italiani abbiamo mille risorse e le mettiamo tutte in campo

La prima cosa che hai fatto a Londra?
Il mio primo passo qui è stato un po’ un salto nel vuoto perché arrivavo senza un impiego. Perciò ho messo in campo tutte le mie risorse, anche con un inglese piuttosto rudimentale all’epoca, quindi diciamo che mi sono dovuta ‘attrezzare’.
La prima cosa che ho fatto è stata insegnare pianoforte, quella era la cosa che potevo sfruttare meglio, non avendo ancora le competenze linguistiche appropriate per fare il lavoro che facevo in Italia, cioè la ricercatrice. Questo mi ha dato la possibilità di maturare sotto il profilo della lingua, che ho imparato dai miei allievi, anche piccoli, che poi sono diventati numerosi nel giro di poco tempo. Questi sono stati i miei inizi a Londra.

Direi che poi sei riuscita a recuperare alla grande questo esordio un po’ difficile.
Mi sono data da fare, perché noi italiani abbiamo mille risorse e le mettiamo tutte in campo.

Quanto ti manca quello che facevi a Roma, quello che hai lasciato?
Non molto, ma mi spiego meglio (perché non sono una che rinnega il passato o il proprio Paese, che invece amo): c’erano delle situazioni a livello lavorativo sempre un po’ in bilico, senza molta certezza. Si lavorava tantissimo, con un riscontro, sia remunerativo che personale, inferiore a quello che si dava. All’epoca era ciò che avvertivo, poi magari può essere cambiato, o potrebbe anche essere una situazione soggettiva, chissà.

Al Royal College of Music ho conosciuto persone che mi hanno permesso di muovere passi anche in altre direzioni, a livello professionale

Da quanto tempo sei al Royal College of Music?
Da circa otto anni. Ho insegnato privatamente pianoforte per un anno, poi ho iniziato a lavorare in una scuola come insegnante di musica. E’ stata un’esperienza assolutamente interessante. Si trattava di una scuola Steiner, con un programma molto dedicato all’arte e alla musica nello specifico. In questa scuola ci sono stata quasi un anno, poi è capitata questa opportunità al Royal College, dove ho avuto la fortuna nonché il privilegio di essere accettata nel settore della Biblioteconomia Musicale e Archivistica. Una cosa che facevo parzialmente anche in Italia, più a livello manageriale in realtà. Qui invece l’ho realizzata anche praticamente. E’ un’istituzione prestigiosa, il secondo Conservatorio più importante al mondo, c’è un environment fantastico a livello di network. Passano da qui eminenti musicisti, direttori d’orchestra, compositori, quindi si conosce veramente il mondo. Un’esperienza very inspiring.
Qui ho conosciuto persone che mi hanno permesso di muovere passi anche in altre direzioni, a livello professionale. Diciamo che la Biblioteca per me è una piccola base intorno alla quale faccio molte altre cose che mi piacciono, a livello professionale.

Federica Nardacci e Antonio Morabito
Federica Nardacci e Antonio Morabito (ph. Federica Nardacci)

Per esempio?
La Ricerca. Ho appena terminato un PHD, un Dottorato di Ricerca, proprio all’interno del Royal College. Ho studiato in particolare l’emancipazione della musica strumentale in Italia nella seconda metà dell’Ottocento, facendo quindi luce su tutto quello che c’era al di là dell’Opera in Italia in quel periodo, quando appunto l’Opera dominava e nessuno sa cosa accadesse al di là di questo genere musicale.
Poi ho all’attivo pubblicazioni, articoli. E mi è sempre piaciuta molto la scrittura creativa, quindi mi sono anche dedicata al teatro, in un certo senso. Ho scritto un monologo dedicato a Maria Callas, che è andato molto bene in questi anni. E che ha debuttato nel 2015 a Singapore. Mi era stato commissionato dall’Ambasciata a Singapore per i quarantanni dalla morte della Callas.

Quanto è stato difficile, se lo è stato, riuscire a canalizzare la tua passione per la musica nell’ambiente di cui fai parte adesso?
Da quando sono arrivata ho coltivato amicizie nel settore, molti dei miei amici che ho conosciuto qui, e che lo sono ancora, sono musicisti che magari fanno altri lavori ma sono coinvolti nel settore musicale, ad esempio nelle orchestre amatoriali. E’ stato quindi tutto abbastanza naturale.

Ho conosciuto personaggi di grandissimo spessore. Uno è Ennio Morricone, è stata una di quelle cose che si conservano nella vita come un gioiello

Tu sei anche giornalista.
Sì, ho fatto delle cose a livello giornalistico, sempre musicale. Molte interviste a musicisti contemporanei. E’ stato un periodo della mia vita che ho amato moltissimo, tornerei a viverlo in ogni momento perché è stata un’esperienza veramente emozionante. Ho conosciuto personaggi di grandissimo spessore, con una carriera incredibile. Uno è Ennio Morricone, è stata una di quelle cose che si conservano nella vita come un gioiello. Andare a casa sua, essere accolti nel suo salotto… talmente entusiasta della conversazione da portarmi nel suo studio, un posto che nessuno vede mai, e dove lui aveva tutte le sue cose… Un’esperienza meravigliosa. Ci ero poi tornata una seconda volta, per fargli leggere l’intervista prima di pubblicarla. Lui aveva accettato di vedermi di nuovo, per me fu una cosa davvero enorme.

Come era avvenuto questo contatto?
All’epoca, era circa vent’anni fa, non c’erano tutti i mezzi tecnologici che ci sono adesso, quindi io gli avevo scritto una vera e propria lettera, con le mie credenziali. Si trattava di un’intervista per una rivista della Rai. Una volta inviata la lettera non potevo che aspettare. Sulla lettera c’era il mio numero di telefono, ero rimasta quindi in sospeso. Ricordo un giorno, ero per strada, mi arriva una telefonata e dall’altra parte “Pronto, sono Ennio Morricone”. Non mi aveva nemmeno fatta contattare dalla sua segretaria, mi aveva chiamata direttamente lui. Io ero tremante, emozionatissima. Questa è la cosa che mi aveva lasciata più astonished.

Federica Nardacci, bibliotecaria del Royal College of Music di Londra
Federica Nardacci, bibliotecaria del Royal College of Music di Londra (ph. Federica Nardacci)

L’incontro con Giorgio Gaslini, un pomeriggio senza tempo

Qualche altro grosso nome che ti ha particolarmente colpita?
Giorgio Gaslini, un altro meraviglioso personaggio, milanese, una pietra miliare del jazz. Un’altra esperienza fantastica, la stella del jazz italiano, è stato lui a istituire il jazz nei Conservatori. Già ero emozionata all’idea di andare da lui. Ricordo che presi il treno e gli dissi “Maestro io arrivo alle 12 in stazione, credo che sia un po’ tardi per iniziare un’intervista, sarà ora di pranzo. Mi dica lei, vengo nel pomeriggio?”. E lui mi rispose “Ma vuole scherzare? Io vengo ad aspettarla in stazione e la porto a pranzo fuori”. Un vero signore. Non lo dimenticherò mai, venne ad aspettarmi fuori dalla metropolitana con il suo paltò color cammello e una sciarpa di seta bianca. Ho questa immagine di Milano grigia, con la nebbia (era inverno) e ricordo che camminavo sottobraccio a lui per le strade della città a guardare le vetrine. Sono quelle cose che non dimentichi. Un pomeriggio senza tempo.

Se qualcuno ti facesse un’ottima proposta di tornare in Italia per mettere a frutto il nome e l’esperienza che hai acquisito a Londra, la accetteresti?
Se fosse un’ottima proposta direi di sì. Non ho una meta preferita, ma andrei volentieri in una città del Nord Italia.

E ovunque fosse, ne siamo certi, per la talentuosa e brillante Federica Nardacci sarebbe un successo assicurato.

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.