Simone Giampaolo, da Chiasso a Bournemouth per sfondare nei cartoon

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Simone Giampaolo al lavoro (photo credits S. Giampaolo).

Italians in London: intervista a tutto tondo a Simone Giampaolo, il cartoonist di successo che ci porta nel mondo delle serie animate più famose.

Nato nel 1989, laureato nel 2013 in Computer Animation Art & Design presso il National Centre for Computer Animation di Bournemouth, dal 2014 lavora a Londra nel settore dell’animazione. Nel suo portfolio i nomi che tutti coloro che fanno questo mestiere sognano: Sky, Netflix, Google, Cartoon Network, Disney, Lego, Nickelodeon, Marvel, BBC solo per citarne alcuni.

Simone Giampaolo, regista italiano based in London, è l’esempio di quanto si possa restare semplici pur avendo contatto quotidiano con case di produzione e clienti tra i più importanti al mondo. Anche al Bafta se ne sono accorti, e pochi mesi fa l’hanno accolto tra i componenti della prestigiosa Academy.

Simone Giampaolo, da Chiasso a Bournemouth per sfondare nei cartoon

Simone Giampaolo (photo credits S. Giampaolo).
Simone Giampaolo (photo credits S. Giampaolo).

Chi è Simone Giampaolo? Come ti descriveresti a chi ancora non ti conosce?

“Sono un regista di cartoni animati, che è un po’ atipica come posizione. Di solito quando si dice regista si pensa ai film di live action o di serie tv, eppure anche i cartoni animati hanno bisogno di questa figura del regista che amministra e decide gli shot, dice agli animatori cosa fare, dice ai concept artist cosa fare, decide il design dei personaggi.

Io faccio questo, a Londra, a livello professionale, ormai da dieci anni. Sono di famiglia italiana, però sono nato e cresciuto proprio al confine tra l’Italia e la Svizzera, a Chiasso, nel Canton Ticino.

Mia mamma è siciliana, mio papà molisano, entrambi figli di emigrati, si sono incontrati in Svizzera e io sono nato e cresciuto proprio sul confine tra i due Paesi.

La Svizzera è molto bella però io sono sempre stato influenzato più dalla cultura italiana essendo così vicino: noi guardavamo sempre la televisione italiana, passavamo spesso del tempo a Como o a Milano.

Sono cresciuto un po’ a cavallo tra queste due culture. Poi verso i 22-23 anni, nel 2010, ho deciso di venire in Inghilterra, ho studiato tre anni presso la Bournemouth University.

Bournemouth è una cittadina del sud dell’Inghilterra, sulla costa, e lì mi sono specializzato in animazione digitale. Da lì è cominciato il mio percorso a Londra, come animatore junior poi pian piano sono diventato regista e adesso mi occupo soprattutto di serie tv per bambini.

Ne ho fatta una per Sky Kids, una per Netflix e adesso ne sto preparando una per Nickelodeon.”

Parlami un po’ di queste produzioni.

Un fotogramma di Bad Dinosaurs (photo credits Netflix).

“Quella per Netflix è stata la più popolare: è una serie incentrata su una famiglia di tirannosauri che si chiama Bad Dinosaurs ed è uscita sei mesi fa. E’ stata molto apprezzata da famiglie e bambini.

Ho anche fatto una serie per Sky Kids, Obki, che però è stata mandata in onda solo in Inghilterra e in America. E adesso ne sto preparando una che si chiama Stan & Gran che uscirà l’anno prossimo e, se tutto va bene, dovrebbe essere tradotta in spagnolo, francese e italiano, quindi dovrebbe arrivare a un certo punto anche sulla Rai, con la versione italiana, anche se inizialmente dovrebbe andare in onda in Inghilterra.”

Simone Giampaolo, un regista italiano nella Bafta Academy

Only a child, il cartoon che ha ottenuto una Bafta Nomination (photo credits S. Giampaolo).

Dal Maggio 2024 sei diventato membro del Bafta. Com’è andata?

“Il Bafta è come l’Academy degli Oscar. Bisogna fare qualcosa od ottenere un certo riconoscimento perché tu possa essere ammesso a far parte di questa giuria, che poi ti permette di accedere a determinati eventi o anche di votare per i Bafta inglesi.

Io ho avuto questa opportunità per due ragioni: la prima è perché il mio cortometraggio indipendente Only a Child ha vinto alcuni festival riconosciuti dal Bafta.

La seconda ragione è che lo stesso cortometraggio ha ottenuto una Bafta nomination nel 2022. Anche se io non sono britannico, non ho ancora la Citizenship, loro hanno valutato il mio lavoro, hanno riconosciuto il mio contributo degli ultimi anni all’industria londinese e mi hanno conferito questo riconoscimento.

La maggior parte dei riconoscimenti che ho avuto sono dovuti a questo mio cortometraggio, entrato anche nella Oscar Shortlist, i dieci cortometraggi di animazione in lista per gli Oscar, sempre nel 2022.

Questo ha dato tanta visibilità al prodotto, che è stato molto apprezzato.”

Lavorare con e lavorare per, a Londra si può

Sul tuo web profile hai fatto una suddivisione: Clients I worked for e Studios I worked with. Che differenza c’è per SImone Giampaolo tra lavorare per qualcuno e lavorare con qualcuno, nel tuo caso?

“Questa è una bella domanda, perché spesso non si fa distinzione oppure si sorvola su questa differenza. Però io nel mio portfolio ho lavori per un sacco di clienti, che siano Google, Disney, Cartoon Network, Warner Bros. Ma questo non vuol dire che io mi sia spostato per andare a lavorare in prima persona con ciascuno di loro.

E’ questa la differenza. Io lavoro spesso con studi di Londra o studi inglesi, come il famoso Aardman (che ha prodotto Wallace & Gromit o Galline in Fuga), Jellyfish Pictures o Blue Zoo.

Questi studi di base a Londra o comunque in Inghilterra lavorano per grandi clienti internazionali. Loro quindi prendono le commissioni, i lavori, e io vengo chiamato come regista o come creativo per lavorare a questi progetti.

Sta lì la differenza, io lavoro con studi di base a Londra per clienti che possono essere magari in Cina, a Los Angeles, in Canada. In questo modo posso accedere a progetti molto interessanti, senza che io mi debba spostare fisicamente.”

Il lavoro che stai preparando adesso, Stan & Gran, di cosa parla? Che tipo di storia è?

“E’ una serie che parla di Stanley (Stan) e di sua nonna (Gran), che esplorano la costa della Cornovaglia, scoprendo gli animali, le creature che ci vivono.

E’ una serie molto ambientalista, ecologista, per insegnare ai bambini ad apprezzare di più i boschi, le coste, le spiagge. La serie è una produzione di Jellyfish Pictures, qui a Londra.”

Giampaolo: Il cartoon è cambiato, e ci sono i pro e i contro

Secondo te come è cambiato il modo di fare cartoni animati da quando eravamo bambini noi ad oggi? Cosa c’è di diverso per i bambini di oggi, che noi non avevamo, ad esempio la coscienza ambientalista di cui abbiamo appena parlato?

“Alcuni cartoni ambientalisti c’erano già, quando eravamo piccoli, però ovviamente erano molti di meno. Io ricordo Capitan Planet o la foca Sibert, soprattutto il primo che era un supereroe che salva il pianeta dai cattivi che vogliono portare pollution, inquinamento.

Adesso invece i canali tv sono molto impegnati e molto aperti ad avere contenuto ecologista, educativo, spingendo i bambini ad apprezzare di più la natura.

Questa è una cosa assolutamente positiva. E’ positivo che i canali tv o gli streamers come Netflix o Disney+ puntino a queste cose, però ci sono i pro e ci sono i contro.

I contro sono invece piuttosto legati allo humor, con il politicamente corretto e un po’ di perbenismo che c’è oggigiorno, l’attenzione dei canali televisivi a non offendere nessuno. Secondo me questa cosa ha avuto un effetto negativo un po’ sul tipo di humor che si può fare in televisione.

Ti faccio un esempio: i bellissimi cartoni che si guardavano venti-trent’anni fa, per esempio Tom e Jerry. Io sono cresciuto guardando Tom e Jerry dove c’era “violenza cartoon” che faceva ridere un sacco, si tiravano le martellate, si prendevano a padellate, Tom veniva chiuso nel frigorifero. Sono cose che oggi non si possono fare su tanti canali, come la BBC o Nickelodeon o Disney+ perché i canali sono ossessionati dalla paura che i bambini possano imitare e possano creare incidenti, che i genitori si possano ribellare contro i canali stessi.

Sono terribilmente spaventati dalla possibilità di ricevere critiche negative, quindi tutto il senso di humor deve essere molto ovattato, gentile, non troppo violento, esuberante o con gag che possano offendere una fetta della popolazione.

Da questo punto di vista io preferivo com’erano i cartoni di un tempo, la “violenza cartoon” era molto divertente, invece oggigiorno è veramente raro poter produrre questo tipo di contenuti per i bambini. E questo mi dispiace un po’.”

Ma anche perché se si cresce un bambino in maniera intelligente e il bambino vede il gatto Tom nel frigorifero ovviamente capisce da solo che è una cosa che normalmente non si fa, bensì appartiene alla storia di quel cartone animato. O no?

“Secondo me è puramente un lavarsi la coscienza da parte dei canali cosicché loro non possano essere additati in qualche modo.

Se ci pensi, questo perbenismo non ha alcun senso, perché gli stessi bambini a cui fai vedere il contenuto gentile, ovattato, poi sono gli stessi bambini che giocano con la Playstation 5 a Call of Duty e uccidono migliaia di soldati.

Quindi è molto ipocrita, perché comunque i bambini su You Tube o su altri canali o sui videogames trovano la violenza, quindi secondo me è solo un modo per pulirsi la coscienza.”

Il politically correct rischia di schiacciare la creatività

E’ come quando all’interno di gruppi (soprattutto di ragazzi) protagonisti delle serie tv, animate e non, si vedono sempre più spesso uno o più protagonisti appartenenti alle cosiddette minoranze sociali.

“Hai perfettamente ragione, c’è questo tentativo di dare spazio alla diversity, però facendo così si finisce per fare tutti la stessa cosa. C’è sempre il bambino di colore, o il bambino in carrozzella, e questo succede in molte serie tv.

Un fotogramma di Stan & Gran (photo credits Jellyfish Pictures).

Anche in Stan & Gran, malgrado l’ambientazione di questa serie sia in Cornovaglia, abbiamo dovuto aggiungere personaggi di determinate etnie, proprio per far contento il canale tv.

E questa è la cosa che da un lato capisco, ma che dall’altro lato penso sia un po’ ipocrita, che serve solamente ad apparire in un certo modo.

Da una parte secondo me c’è molta più presa di coscienza sull’importanza di accentuare l’ecologia, dall’altra c’è questo politically correct che secondo me sta un po’ danneggiando il contenuto per bambini. I creatori finiscono per fare delle cose che magari non sono necessarie per la storia ma che vengono imposte.”

Ancora oggi ce l’hai un cartone animato preferito, che ti piace guardare? Qual è il cartone animato della tua vita?

“Un cartone che continuo a guardare o a cui continuo a ripensare è Spirit Cavallo Selvaggio della Dreamworks. Più ci penso e più credo che quel tipo di film non venga più prodotto. Era un film molto romantico, in cui il personaggio non parlava, pensava soltanto, e che trattava dello sterminio degli indiani in Nord America in maniera molto accessibile, senza mostrare violenza spietata, parlava di temi molto forti e la colonna sonora era fantastica, composta da Hans Zimmer e Bryan Adams.

Ogni volta che penso a quel film mi viene quasi da piangere. Uno di quei film che non dice in maniera esplicita alle persone “ehi, dobbiamo essere ecologisti e dobbiamo riciclare, dobbiamo impegnarci a rispettare la natura” però te lo insegna.

Io ho imparato tantissimo guardando quel tipo di film. Mi piacerebbe un giorno fare la regia di un lungometraggio del genere, che possa veramente far commuovere sia le famiglie che i bambini.”

Perché parlare ai bambini è una delle cose più difficili al mondo. E per riuscirci, bisogna essere onesti e coerenti. Ma soprattutto puri.

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