Un Luca Ravenna mannaro milanese a Londra (con l’aplomb romano) si racconta

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Luca Ravenna (credits Chiara Mirelli)
Luca Ravenna (credits Chiara Mirelli)

Io non mi ricordo quando ho visto per la prima volta una performance di Luca Ravenna in TV. D’altro canto, mi ricordo bene quando abbiamo scientemente deciso di guardare il primo episodio della serie Baby (ispirata ai fatti raccapriccianti delle baby escort dei Parioli scoppiato come una bomba di merda nel 2013) assieme ai miei sei coinquilini più il cane Gonzo, quando vivevamo in una casa da massimo quattro persone, in via Mowatt Close.

Una serie che più cringe non si può ma tant’è che il gusto dell’orrido ha avuto la meglio anche sulla classica lotta sociale del ”toccava a te comprare la carta igienica”, e grazie ad essa ci siamo trasformati, per ben 18 episodi, in una happy family. L’unico disagio-momentocringe che ho provato guardando Luca Ravenna è stato postumo alla visione della performance, e inspiegabilmente provocato da un campanilismo mai accusato in precedenza.  È successo infatti quando ho scoperto che era di Milano.

Uno di Milano, anche se vive a Roma da mille-milioni di anni e ha la sua storia scritta sul Lapis Niger, non può imitare così bene uno spaccino qualunque di San Lorenzo. A meno che ha un fottutissimo e innegabile talento. Mr Ravenna (junior ma sappiamo che anche il senior ha della stoffa) ce ne ha assai di talento e anche meticolosa preparazione.

Tij Events allora, con la collaborazione di Marco Di Pinto (BeComedyuk), ce lo porta a Londra con lo spettacolo Red Sox il 1 novembre alla O2 Shepherds Bush Empire, cosí da poterne ascoltarne gli sproloqui irriverenti, esilaranti e mai banali, senza neanche dover prendere l’aereo. Nel frattempo, lo abbiamo intervistato.

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Luca Ravenna (credits Chiara Mirelli)
Luca Ravenna (credits Chiara Mirelli)

Ho imparato più con Mattia Torre in due settimane che nel primo anno di studi al CSC

Ciao Luca, partiamo in quarta parlando della tua formazione. Come il Centro Sperimentale ha influenzato la tua carriera? Ci sono stati insegnanti o esperienze lì che ti hanno segnato?

”Sicuramente il CSC è stato molto utile, soprattutto perché non era minimamente favorita la scrittura comica e questa cosa ha generato un effetto fionda molto forte in me. Ogni volta che vedevo la possibilità di proporre qualcosa di divertente, mi ci tuffavo a pesce. Ma è stato molto utile anche per imparare a capire come muoversi rispetto alle regole della drammaturgia.
Mattia Torre mi ha permesso di fargli da assistente per il suo leggendario spettacolo teatrale 456, nel 2011, ho imparato più con lui in due settimane, che nel primo anno di studi al Centro. Nicola Lusuardi è invece la persona che cambiato il mio modo di concepire le storie, di portarle avanti e di credere nella possibilità di raccontare qualsiasi cosa-o quasi.”

La stand-up cambia molto da paese a paese. Secondo te, quali sono le differenze tra la stand-up italiana e quella anglosassone? Ci sono temi che funzionano meglio per il pubblico italiano?

”La differenza è linguistica- l’inglese è una lingua per natura molto più sintetica dell’italiano. La comicità anglosassone si aggancia molto al concetto di “slide”, sembra sempre che il comico sul palco stia facendo una presentazione per immagini. In 4 parole si riesce a disegnare un mondo che in italiano ha per forza di cose bisogno di molte più premesse, perifrasi, figure retoriche. Questo non significa che sia meglio, significa solo che bisogna rendersene conto. Ci sono ovviamente temi che funzionano meglio in Italia, ci sono cose che da noi si possono e si devono affrontare in un modo in cui in America o in Inghilterra sarebbe sicuramente più difficile fare. Questa cosa ovviamente vale anche al contrario.”

Luca Ravenna (credits Chiara Mirelli)
Luca Ravenna (credits Chiara Mirelli)

L’Italia è un paese medievale

Noti differenze nei gusti comici del pubblico a seconda della regione?

”Non a seconda della regione, posto il fatto che l’Italia è un paese medievale e ci si odia paesino per paesino, ma a seconda della grandezza della città in cui ci si trova. La differenza non è tanto nord o sud, ma grande centro o piccolo centro.”

Come vedi la transizione generazionale degli attori e delle attrici in Italia rispetto a quella, ad esempio, francese? Parlo soprattutto al livello di formazione attoriale ed esigenze di pubblico.

”Non saprei proprio. Il mestiere dell’attore è così complesso e così semplice allo stesso tempo. Diciamo che non sono un grande amante della recitazione da film italiano, ma non penso che la colpa sia mai degli attori, ma di chi ha scritto le battute che devono recitare e di chi li dirige.”

C’è un episodio di improvvisazione “awkward” che ti è rimasto impresso mentre performavi? Come l’hai gestito?

”Mi dispiace quando si pensa che io voglia prendere in giro la persona con cui sto improvvisando, io mi diverto molto-e il pubblico anche- se giochiamo insieme. Improvvisare poi è molto più facile che portare un proprio pezzo scritto, dove provi veramente a dire qualcosa.”

Raccontare il verosimile

Come riesci a rendere coinvolgenti episodi della tua vita di cui, potenzialmente, potrebbe non fregare un cazzo a nessuno?

”È una bellissima domanda questa. Non lo so, non ne ho idea davvero, però mi butto, come fa chiunque salga sul palco e provando e riprovando ci si rende conto della direzione da dare alla storia- vera o meno- che si sta raccontando. Magari all’inizio penso: questa storia è troppo divertente, poi provandola capisco che non interessa nemmeno a me, perchè non sono riuscito a sviscerarne il senso e la lascio stare, poi la riprendo mesi dopo e finalmente riesco a capire il motivo per cui mi aveva divertito quell’episodio. Il bello è che non ci sono mai regole precise. Non serve che l’episodio che si sta raccontando sia vero, ma dev’essere verosimile, credibile, come la scena di un film. Il senso che si nasconde sotto alle parole di solito è il piano su cui finisci per muoverti con lo spettatore, per cui alla fine, anche a lui interessa il tuo racconto, senza saperti dire il perché.”

Chi è il tuo scrittore/la tua scrittrice del cuore?

Philip Roth e Bret Easton Ellis sono i miei scrittori del cuore.”

…Ciò che manca in moltissimi film italiani: il divertimento

Qual è l’ultimo film visto che ti ha colpito particolarmente e perché?

”L’ultimo film che ho visto che mi ha colpito particolarmente è stato L’alba dei morti dementi di Edgar Wright. Avevo visto The world’s end anni fa- entrambi sono parte della celebre trilogia del cornetto, insieme a Hot Fuzz– perché è un film così compatto, così preciso, così affilato, comico ed elegante, girato in maniera sublime, ma chiaramente figlio del cazzeggio fra due amici, il regista e il protagonista Simon Pegg. Descrive esattamente quella che dovrebbe essere l’avventura di due scrittori che partono insieme per un viaggio bellissimo, che finisce per essere un film stupendo. Vedi che si sono divertiti un sacco a scriverlo e a girarlo, che è esattamente ciò che manca in moltissimi film italiani: il divertimento.”

Ci sono attori o comici, italiani o internazionali, con cui ti piacerebbe collaborare?

”Mi piacerebbe fare anche solo il figurante in un film di Aldo Giovanni e Giacomo, lo devo al me stesso di 25 anni fa. Sarebbe un bel regalo. Poi non saprei ora come ora con chi mi piacerebbe collaborare, sono molto insicuro e non so se sarei capace di stare al passo con i miei idoli. Ho la fortuna di esibirmi spesso con colleghi che stimo molto e invidio tantissimo, è faticoso e bello allo stesso tempo.”

Luca Ravenna (credits Chiara Mirelli)
Luca Ravenna (credits Chiara Mirelli)

La paura dei piccioni ma anche quella di non stare al passo

Qual è la tua paura più grande sul palco e fuori dal palco?

”I piccioni, fuori dal palco, anche se sto imparando a convivere con la cosa. Sul palco la mia paura più grande non è quella di non far ridere, ma di perdere la curiosità, di sedermi, di “andare solo di mestiere”, ma nel momento in cui ne parlo di solito la supero. In realtà la mia grande paura, con cui mi incasino la vita di tutti i giorni, è quella di non stare dietro al lavoro degli altri. Fatico a fidarmi, sono sempre nervoso. Come ha detto il mio agente: “Sei una persona che preferisce stare con le cuffie e ascoltare Lana Del Rey piuttosto che parlare con gli altri”- ho riso molto perché è molto vero e molto falso allo stesso tempo. Cerco di migliorare, come tutti.”

Grazie Luca, io vorrei fare stand-up, o tornare indietro nel tempo e provare almeno ad iscrivermi al teatro parrocchiale nel quartiere superpop di Roma sud chiamato Decima, ma sono finita ad ascoltare Lana Del Rey nelle cuffiette, Born to die in loop per la precisione. Lasciati dire però che con le persone finiamo per parlarci comunque, appunto per non ”perdere la curiosità”.

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