Ha conquistato l’esigente pubblico londinese Utoya, lo spettacolo teatrale di Edoardo Erba che ha debutatto all’Arcola Theatre e in scena fino al 31 agosto.
Utoya: la drammaturgia di Edoardo Erba conquista l’esigente pubblico londinese
Ottimo debutto lo scorso 13 agosto per la drammaturgia di Edoardo Erba basata sulla strage di Utøya, per la prima volta portata in scena in un teatro di Londra.
Si tratta dell’originale produzione della Riva Theatre e Zava Productions, che ha esordito all’Arcola Theatre di Londra, un progetto teatrale che, come ci racconta un entusiasta Edoardo Erba a conclusione della serata della stampa, si discosta da altre produzioni straniere:
“Ho assistito alla produzione tedesca dove c’erano sei attori in scena, questa produzione ha richiesto un lavoro importante sulla caratterizzazione dei personaggi”.
Come vi avevamo preannunciato in precedenza (Utoya: la tragedia unisce o separa?, Marco Young e Kate Reid sono gli attori che interpretano le tre coppie protagoniste della drammaturgia sotto la guida della regista Sarah Stacey, molto apprezzata dall’autore italiano:
“Mi è piaciuto molto il taglio della regista, ne parlerò con Serena.’’
La Serena a cui si riferisce Erba è la regista Serena Sinigaglia, la prima a dirigere Utoya in Italia, la stessa che gli chiese di scrivere sulla tragedia di Utøya, nella quale 69 giovani laburisti vennero uccisi per mano di una cellula di estrema destra, non un colpo di testa di un pazzo, ma un piano ben congeniato come emerso dal reportage del giornalista Luca Mariani.
L’autore della strage per rifarci ad una battuta della piece “è uno di noi”, ma il mostro rimane sempre senza un nome, anche quando a parlarne sulla scena è la coppia di vicini di casa, i fratelli Petter e Inga.
Petter nutre sospetti, mentre la sorella che gli fa quasi da mamma, lo reguardisce ogni volta che parla di quel tipo strano. “Poi che e cosa se ne farà di tutto quel diserbante?”.
Lei lo ammonisce dicendo di lasciare in pace il loro vicino che ha diritto alla privacy ricordandogli come un mantra la regola della loro famiglia: ”Buongiorno, buonasera, rispetto”.
Il Rispetto di un principio è di fatto il cardine su cui ruotano le reazioni delle coppie della storia, un elemento che le destabilizza irrimediabilmente quando scoppia l’emergenza.
La manifestazione dell’impotenza imposta o subita finisce per diventare l’elemento tragico nella tragedia che si sta consumando, sempre presente seppure non davanti ai loro occhi, ma nel notiziario in sottofondo o nel ritmo della musica che alimenta la tensione nel pubblico.
Saltano tutti gli equilibri fragili, come quello dei due genitori, una coppia benestante insieme per apparenza (Gunnar e Malin) che ha mandato la figlia al summer camp in nome della fede politica del padre e ora temono il peggio.
E’ un continuo braccio di ferro tra regole ed empatia come lo scontro continuo tra i colleghi Alf e Unni delle forze di polizia di Oslo. Vicini fisicamente alla strage, ma non ufficialmente autorizzati ad intervenire.
Sulla scena i personaggi si alternano con una rotazione scandita da attimi di buio attorno al set costituito da un tavolo e due sedie, un ambiente che dà un senso di normalità, una sala da pranzo di una casa o il posto di lavoro (interno di una stazione di polizia).
Gli attori sembrano come chiusi in una bolla, ci rivelano qualcosa del carattere di ogni personaggio quando si interfaccia con l’esterno per gestire la tragedia (parlando al telefono o guardando la televisione), cadono le maschere, qualcosa dentro di loro sembra prendere il sopravvento.
Come per le persone anche gli oggetti cambiano, a partire dallo stesso tavolo che dopo lo scoppio della bomba ad Oslo, presenta una frattura che attraversa da parte a parte la parte estendibile progettata per accogliere più persone.
Questo accorgimento (set design di Caitlin Mawhinney) è ripreso anche sul pavimento sotto al tavolo, forse a simboleggiare una rottura impossibile da sanare.
La coppia Marco Young e Kate Reid è riuscita a ben diversificare i sei personaggi dando loro piccoli dettagli per contraddistinguerli, come la postura, una flessione nel linguaggio e il body language.
Inoltre a rendere la versione inglese ancora più realistica il prezioso contributo della consulente di cultura norvegese, Runa Røstad Augdal, che tramite alcuni accorgimenti è riuscita a rispecchiare la società e cultura norvegese del 2011, senza marcare troppo i contorni sociali e cadere in facili stereotipi.
A tal riguardo vi segnaliamo l’incontro Q&A in programma il 26 agosto dopo la rappresentazione in cui si discuterà proprio di questo con un panel illustre composto oltre che dalla Augdal, dal Dr. Will Coles, trustee della Anglo-Norse Society e la regista di Utoya, Sarah Stacey.
Il 22 agosto è in calendario Translations Shaping Theatre Across Borders, l’interessante evento Q&A che si terrà dopo lo spettacolo in cui si parlerà del ruolo sociale della traduzione per il teatro, insieme a Marco Young (attore e traduttore di Utoya) interverranno Margherita Laera (docente in Drama and Theatre alla University of Kent) il compositore e consigliere Com.It.Es Dimitri Scarlato. A moderare la discussione Sophie Stevens (University of London e Out of the Wings).
Utoya è una drammaturgia che ha la capacità di scuotere gli animi e far riflettere sull’importanza di essere prima di tutto umani.
Trovate maggiori informazioni nella sezione dedicata a Utoya sul sito dell’Arcola Theatre.